Non siamo ospiti
26 Gennaio 2016
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Non siamo ospiti

Il concetto dell’accoglienza, ben sottolineato nel messaggio di indizione del Giubileo della Misericordia, sembra aver attecchito abbastanza bene in Molise. Dall’inizio del mese di dicembre sono state messe in piedi diverse iniziative che vanno in questa direzione: a Campobasso si è vista la mobilitazione di Comune, Croce Rossa, Caritas e associazione Dalla parte degli ultimi per dare un po’ di ristoro alle persone in attesa dei documenti che vivevano accampate fuori della mensa perché potessero almeno dormire sotto una tenda e usare i bagni; sempre nel capoluogo si sono registrate iniziative da parte delle associazioni a beneficio degli ospiti delle strutture SPRAR della Provincia; a Termoli il Comune non solo ha siglato un’intesa con la Prefettura perché i giovani ospiti stranieri dell’hotel Modena possano essere impegnati nelle attività di volontariato delle associazioni presenti sul territorio, ma grazie alla collaborazione con ASREM e Lions si è inteso dare la possibilità di garantire il diritto alla salute anche a coloro che non possono permettersi il pagamento del ticket. Medici volontari saranno a disposizione in un ambulatorio ubicato presso il vecchio ospedale, ma per accedere al servizio occorrerà rivolgersi preventivamente al Comune per la verifica del diritto a tale prestazione. Possibilità estesa anche agli immigrati che godono dell’esenzione del ticket solo per un periodo di tempo limitato. Resta il dubbio, però, che tutti quelli che non sono in regola con i documenti potrebbero avere più di una remora a lasciarsi “censire” da un ufficio pubblico, speriamo si tratti di un falso problema e che il diritto alla salute possa essere esteso veramente a tutti.

Il tema dell’accoglienza è stato anche il perno dell’omelia di apertura della Porta santa a Termoli; la Diocesi ha preso a cuore questo impegno e, infatti, sono diverse le parrocchie disponibili ad accogliere gli immigrati che hanno terminato il periodo di accoglienza nei centri SPRAR.

Nonostante il clima natalizio una piccola nota amara è d’obbligo. Il diritto al cibo, alla casa, alla salute sono fondamentali per il rispetto della dignità umana, riconosciuta fin da tempi antichissimi. Alcuni attribuiscono a Ciro il grande, re di Persia (attuale Iran), il primo riconoscimento dei diritti umani (IV sec a.C.). La loro proclamazione a livello mondiale avvenne il 10 dicembre 1948 da parte dell’ONU nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea individua diritti e principi che devono essere rispettati da tutti i Paesi membri: dignità, libertà, uguaglianza, solidarietà, cittadinanza, giustizia.

Ebbene se la dignità è un diritto che tutti siamo disposti a riconoscere ad ogni essere umano, che le Costituzioni degli stati pongono quasi sempre a fondamento del vivere civile perché diventa un fatto eccezionale quando ci tocca da vicino? Tant’è che si agisce più per osservanza delle opere di misericordia corporale che per applicazione di leggi universali. Necessità dettata dall’ incapacità dei governi a rispondere ai bisogni primari delle persone, dallo smantellamento del sistema sociale, dal piccolo recinto che abbiamo costruito in una forma quasi di delirio solipsistico e che quindi difenderemo con tutte le forze.

L’accoglienza è solo il primo passo, la risposta all’emergenza, il cammino successivo è molto lungo e anche difficile. Andare oltre l’accoglienza per permettere l’integrazione non è semplice perché cambia proprio il tipo di approccio sociale, economico e culturale.

Nel parlare di integrazione si dà per scontato che sia l’immigrato a doversi confrontare ed accettare le “regole” del Paese in cui si è trasferito. Del resto si tratta di un fio che aveva già in preventivo. Il senso più vero dell’integrazione sta nel melting pot, nella pasta che cresce solo se aggiungi il lievito, che prende sapore se mescoli il sale, che si addolcisce con lo zucchero. Tutti i componenti devono avere la possibilità di fare la loro parte, a tutte le persone devono essere riconosciutae la stessa dignità e le stesse opportunità. Parliamo di persone e non di cittadini perché già questo traguardo è alquanto difficile, a dire il vero già il semplice permesso di soggiorno è un’impresa. E quando le cose si fanno difficili c’è sempre chi riesce a sfruttare la situazione spillando soldi agli immigrati che necessitano di assistenza per sbrigare le pratiche più complesse, promettendo l’impossibile. Quanti carrelli della spesa occorre sistemare o quanti pomodori si devono raccogliere per pagare onorari e mazzette?

Contro questo muro si vanno ad infrangere spesso le speranze di chi è venuto in Italia sognando una vita migliore e si trova a dormire sotto i ponti, sottopagato, sfruttato a volte persino abusato, specialmente se donna.

Accogliere oggi chi fugge dalla guerra, dalla barbarie, da condizioni invivibili richiede la capacità di adoperarsi anche per il domani. Il lavoro, l’educazione sono necessari ai singoli immigrati e alle loro famiglie. I bambini e i ragazzi cresciuti o addirittura nati in Italia avranno diritto alle stesse opportunità dei figli degli italiani altrimenti si genera l’esclusione sociale e l’emarginazione. Le seconde generazioni non hanno lasciato alcuna casa, questa è la loro patria, non hanno scelto di partire, non hanno un fio da pagare. Eppure devono sopportare la discriminazione razziale e quella economica che non è da meno.☺

 

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