Acqua e giustizia
30 Aprile 2017
La Fonte (351 articles)
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Acqua e giustizia

“non sottovalutare la mia voglia di lottare
perché è rimasta uguale
non sottovalutare di me niente…
È una regola che vale in tutto l’universo
chi non lotta per qualcosa
ha già comunque perso”
(Fiorella Mannoia, Combattente)
Un celebre aneddoto, conosciuto da tutti gli alunni delle scuole elementari tedesche, narra che non lontano dal celebre castello di Sanssouci, a Potsdam, il mugnaio Arnold rischiava di perdere il suo mulino perché un nobile aveva deviato per suo capriccio le acque del fiume, e il mulino non poteva più funzionare. Il conte al quale il mugnaio doveva pagare le tasse lo trascinò in tribunale, dove il giudice locale lo condannò a perdere il mulino. Ma Arnold non si rassegnò e portò la sua questione sino al tribunale di Berlino. Qui all’inizio alcuni giudici si pronunciarono ancora contro di lui, ma alla fine Federico il Grande, esaminando gli atti e vedendo che il poveretto era vittima di una palese ingiustizia, lo reintegrò nei suoi diritti.
La frase “Ci sarà pure un giudice a Berlino”, che il povero mugnaio ripeteva testardamente a quanti cercavano di fargli notare come fosse inutile opporsi ai potenti, che comunque riescono sempre ad avere ragione sui poveri, è rimasta famosa come espressione efficace della speranza che non si arrende in una giustizia uguale per tutti.
Ora anche noi possiamo dire orgogliosamente che c’è un giudice anche al TAR Molise: la sentenza che stabilisce l’illegittimità della costituzione dell’EGAM (ente unico per la gestione del servizio idrico integrato), perché non passata attraverso l’emanazione di una legge regionale, ma introdotta con atto di Giunta, è davvero una boccata d’acqua fresca per gli attivisti locali, tanto più gradita in quanto inattesa.
Certo, è difficile per noi italiani mantenere viva la fede incrollabile del mugnaio Arnold, noi che viviamo in uno stato che ignora spudoratamente la volontà popolare anche quando è espressa in modo eclatante: basti ricordare che a distanza di cinque anni dalla grandiosa vittoria referendaria continuiamo a vedere l’ acqua tranquillamente venduta ai privati e i profitti dei gestori tutelati e accresciuti. E indubbiamente un paese che ci ha costretti a votare due volte lo stesso quesito per dire no al nucleare non sembra il posto più idoneo per coltivare l’idea che la giustizia sia garantita.
Però la sentenza del TAR riconosce il diritto dei piccoli comuni ricorrenti contro la potente Regione Molise a mantenere il controllo sulle proprie fonti e a non vedersi costretti ad un accesso più costoso al bene comune acqua, e soprattutto stabilisce che le modalità di azione sul tema gestione servizio idrico sono state clamorosamente sbagliate: un autogoal da manuale per un’amministrazione, che prima non ottempera nei tempi previsti a quanto richiesto da una legge dello stato, e poi quando si decide lo fa in maniera prepotente e pasticciata.
Pochi piccoli Golia, sindaci di paesi che sì e no arrivano a mille abitanti, sono riusciti a far valere le proprie ragioni contro la macchina organizzativa della Regione: una regione molto piccola, è vero, ma comunque infinitamente più attrezzata per destreggiarsi tra le sottigliezze legali, e sicuramente più in sintonia con un tribunale che in fondo fa parte della stessa amministrazione che deve giudicare.
La notizia riapre ora uno spiraglio di azione per noi attivisti dell’acqua pubblica: non ci facciamo grandi illusioni, non crediamo proprio che l’Amministrazione regionale abbia cambiato idea solo per una sentenza; siamo al contrario certi che stiano già lavorando per far approvare dal Consiglio una legge che ripercorra la stessa strada. Ma siamo pronti a chiedere di essere immediatamente convocati perché sia ascoltata finalmente la voce dei cittadini molisani, che non vogliono vedere l’acqua ridotta a merce. In Europa e anche in Italia (basti pensare a Napoli!) si moltiplicano le esperienze di gestione pubblica e trasparente, sottoposta al controllo costante e condiviso della popolazione: non è difficile, in fondo, copiare le buone pratiche. Basta volerlo.
L’Egam, così come era stato concepito, costituiva un vero e proprio attentato alla democrazia nella gestione del servizio idrico: nessuna trasparenza, nessuna possibilità per i cittadini di partecipare al governo del bene comune acqua, ma soprattutto una concezione basata sfacciatamente su un’unica idea: privato è bello.
Ed è vergognoso che si continui a giocare sulle parole, sostenendo che non c’è nessuna intenzione di privatizzare: la Regione deve dire chiaramente una volta per tutte, e deve scriverlo nella legge che sarà discussa in Consiglio, che in Molise l’acqua è pubblica, gestita da un ente di diritto totalmente pubblico, sottoposto a controlli regolari, trasparenti e partecipati dai cittadini in forme rigorose e vincolanti. E che a nessuno può essere staccata l’acqua perché non è in grado di pagare una bolletta che va ad arricchire un privato.
Continueremo a lottare perché questo accada, e a chiedere conto delle loro scelte a coloro che ritengono di non essere tenuti a rispettare il voto dei cittadini molisani. E che continuano a prenderli in giro dicendo che l’acqua resta pubblica, è solo la gestione ad essere privata.

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