acqua e potere
26 Marzo 2010 Share

acqua e potere

 

La presentazione di una modifica alla legge finanziaria 2010 che abolisce le AATO (autorità di ambiti territoriali ottimali) ovvero le assemblee degli enti locali (Comuni) , che si occupano del servizio idrico integrato, apre uno scenario sconcertante perché attribuisce alle regioni le competenze in materia e consente alle multinazionali di ottenere lo stesso risultato, mettere le mani sull’acqua, con molti meno passaggi, quasi in un sol boccone. È un altro duro colpo che conferma il percorso di privatizzazione del servizio idrico integrato avviato dal governo, ma sognato dalla attuale opposizione, anche se quest’ultima sembra ravvedersi. Ma il Molise, sotto questo aspetto, è all’avanguardia. Nel marzo del 2009 viene pubblicata la legge regionale che liquida l’AATO Molise nel silenzio assordante di maggioranza e opposizione. Anzi nel corso di un convegno delle diocesi molisane del gennaio 2009, alla denuncia di una simile sciagura, abolizione AATO Molise ed esclusione dei Comuni dall’acqua, la risposta era: “Ma tanto resta un bene comune e pubblico”.

 Poveri noi! Ma allora sorge una domanda: “come poteva la regione Molise abolire l’AATO” se, come è dimostrato, occorre una legge nazionale per abolire un istituto sancito da un’altra legge statale? Questo si spiega con il dominio imperante in cui versa questa regione, ove ad una arroganza del potere si contrappone una sostanziale incapace opposizione politica ed una irrilevante posizione critica ed autonoma della società civile. Quando si sveglierà il popolo molisano? Quando la società civile imparerà a distinguere il potere dal dominio? Quando si adopererà per conoscere i fatti, attinti soprattutto da una informazione alternativa, quando si indignerà ed avrà il coraggio di cambiare le cose, ma anche quando le persone che possono far lievitare la massa distingueranno nettamente il ruolo civile da quello preminentemente politico. La società civile molisana è corrosa da una dipendenza dalla politica, attraverso una fitta rete di favori, di incarichi, di consulenze, di promesse, di piccoli contributi, di appalti, di lavori precari, di confini opachi tra civile e appartenenza politica. Occorre questo salto di qualità e passare ad una cultura dell’interdipendenza tra mondo politico e civile, in cui il primo eserciti il potere, che è accompagnare, educare  e non dominare ovvero “portare” addormentando le coscienze, ed il secondo svolga quella funzione di educazione delle coscienze al senso critico anteponendo il bene comune al bene personale.

Il problema non è solo molisano. Ma qui assume delle connotazioni sconvolgenti. Vi faccio un esempio. Andando in giro per il Molise a parlare di acqua e di privatizzazione, mi accorgo che i timidi tentativi di risveglio vengono soffocati da rappresentanti delle istituzioni che si antepongono quali strenui difensori dei diritti dei cittadini, ma che non informano, non educano il popolo a scegliere ed a decidere. Ho incontrato sindaci che parlano bene e con passione e mi chiedo: “ma quando avete assistito all’abolizione di una vostra prerogativa, ad esempio dell’assemblea degli enti locali (AATO) dove eravate? Perché non siete scesi in campo, perché non avete informato la popolazione di quello che stava accadendo? Poi vengo a sapere che alcune delle persone in questione sono consulenti della stessa regione. Forse piccole cose, ma tanto basta per comprare le coscienze che solo all’occorrenza si svegliano, ma per prendere la parola davanti ai propri cittadini e non fare brutte figure. Credo in una Vangelo che mi chiede scelte radicali. O con Cristo o contro. E se Cristo è con gli ultimi, gli indesiderabili, i senza diritti, con quelli che non riusciranno ad avere mai favori perché non hanno voce o perché hanno una dignità e credono che chiedere per se stessi significa togliere a tutti, i cristiani e la Chiesa cosa devono fare? Patire le beatitudini! Sapere che quelle parole di Gesù erano per noi che ci sentiamo lacerati dinanzi alle ingiustizie intollerabili, agli abusi nella gestione del potere, perplessi ed a volte disgustati davanti alla posizione di questo popolo silenzioso che non difende la propria dignità, ma che è dotato di una inespressa vitalità. “Le beatitudini sono l’attestazione che la realtà, così come essa è, può diventare un luogo e un modo di felicità. Sono la sfida in base alla quale si può credere che non c’è nient’altro che possa rendere felici se non quello che si è e ciò che la vita ti permette di essere. Le beatitudini sono la negazione assoluta di ogni spiritualità narcisistica, l’antidoto divino ad ogni spiritualità da superuomini o supersanti”.☺

adelellis@virgilio.it

 

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