al servizio della collettività di Franco Novelli | La Fonte TV
È passato poco più di un mese dalle elezioni del 24-25 febbraio scorso e subito ci siamo chiesti quali siano potuti essere i motivi del terremoto elettorale – il primo partito in Italia è il M5S, quasi il 26% del consenso popolare – e quali le ragioni di quello regionale – la débacle di Iorio e la sostituzione del suo gruppo con quello della destra moderata di Frattura, con la presenza di una modesta espressione di sinistra con Sel e il Pdci -. Questa domanda ce la siamo posta anche in considerazione del fatto che la crisi economica e sociale, spaventosa e dirompente, la stiamo subendo tutti e l’evidente abbassamento della qualità della vita della stragrande maggioranza degli italiani faceva supporre che la sconfitta della destra berlusconiana e del centro bersaniano sarebbe potuta essere di più ampie proporzioni. Ma sia la destra che il centro-sinistra, grazie alla collusione dei mass-media, hanno negato la sconfitta (6 milioni e mezzo di voti in meno per Pdl e 3 milioni e mezzo di voti in meno per il Pd!), esprimendo un ottimismo, che si è manifestato in un atteggiamento di sufficienza e di fastidio nei confronti dei grillini, rei di essere o qualunquisti o sprovveduti politicamente. Tale declinazione dei fatti mette in evidenza soprattutto la sfrontatezza e l’arroganza di chi ha perso il potere o ad esso anelava con la bava in bocca.
In questo momento vorremmo tralasciare l’analisi del ruolo del M5S in Italia e nel Molise, studio al quale daremo consistenza in uno dei prossimi nostri interventi, e pur gradendo invece soffermarci sulla spiegazione dell’insufficiente credito attribuito alla sinistra radicale nella nostra realtà – Rivoluzione democratica che si è richiamata ad Antonio Ingoia -, tuttavia, vorremmo fare un passo oltre la “siepe” e tentare di comprendere le motivazioni sia dell’avversione che il cittadino comune prova nei confronti della politica sia quelle della consistente astensione rispetto al voto. L’astensione dal voto è stata pari al 28% circa (se non erriamo) e tale dato propaga ai quattro venti una estesa disaffezione di ciò che il voto rappresenta. Inoltre, la sconfitta della sinistra radicale presente nelle liste di Rivoluzione democratica nel Molise con il risultato dell’1,2% in Molise e dell’1,8% in Italia è un segno rilevante dell’abisso che separa dai cittadini la proposta, pur alternativa al modello culturale liberistico e alle sue proposte di sviluppo industriale ed economico, dei gruppi antiliberistici e anticapitalistici. Il voto ai grillini è l’espressione di un atteggiamento di protesta; il non voto alla sinistra radicale, invece, è interpretabile come penalizzazione o rifiuto di una proposta alternativa. Dunque, s’impone una diversa interpretazione del ruolo della politica e di quello dei partiti. I partiti, ormai esangui, sono soltanto la predella per una politica familistica e illiberale; sono il luogo della conservazione e della paura di perdere i privilegi. Di qui i salti della quaglia ai quali assistiamo giornalmente e che pongono oggi idee – quando ci sono – e personaggi al servizio di una strategia di destra, e dunque liberistica e padronale, domani alla mercé di una presunta politica di sinistra, che, mutatis mutandis, esprime una filosofia assolutamente contigua a quella delle destre, perché è egualmente vicina al ceto padronale, alle politiche economiche dei sacrifici, che espongono i ceti non abbienti alla povertà incalzante. Per quale motivo oggi un giovane, che si affaccia alle dinamiche tumultuose di una società ingiusta e classista (nel senso che questa protegge i ricchi e gli abbienti), o un adulto, scoraggiato dalle sconfitte civili di una vita o dalle politiche depressive che i ceti dominanti impongono con la motivazione del pareggio di bilancio, del recupero del debito sovrano, per quale ragione costoro dovrebbero guardare alle forze politiche in campo e ad esse dare consistenza con il voto? Ora tale ragionamento, proprio a causa della radicalità rovinosa della crisi attuale, implica la necessità di guardare in avanti con una differente capacità di lettura e con progettualità maggiormente propositive e più realistiche, perché la modificazione delle strategie complessive è possibile, se facciamo piazza pulita di un ceto dominante non solo incapace di farci uscire dalle sabbie mobili della crisi economica ma anche profondamente colluso con il malaffare, la illegalità fatta norma, con gli attacchi deleteri e rovinosi alla magistratura. Inoltre, lo stesso atteggiamento, scaltro e complice, delle forze politiche cosiddette progressiste (ci riferiamo, ad esempio, alle vicissitudini emerse dallo scandalo della banca del Monte dei Paschi di Siena, sopraffatta dalla corruzione e dalla disonestà, almeno fino a prova contraria) al fianco di settori della finanza, asserviti ai colossi bancari internazionali e alla politica depressiva che la Germania impone ingiuriosamente agli stati nazionali dell’area mediterranea, intima una virata radicale nella direzione di una differente coniugazione della politica, del suo ruolo e del suo uso.
La politica che auspichiamo deve essere strumento di dignità civile, di servizio pressocchè gratuito per la società, di promozione della cultura dei “beni comuni” a partire dal lavoro, dall’ambiente e dalla difesa del territorio, dall’educazione e dal diritto allo studio garantiti universalmente, dalla ricerca scientifica, dall’università, dalla sanità, dall’inclusione dell’immigrato come valore aggiunto alla nostra comunità nazionale, secondo quel corollario caro a quanti hanno promosso la vittoria referendaria di due anni fa sull’acqua, sul nucleare, sulla legge eguale per tutti. Ebbene, è questa la strada da seguire e da approfondire anche concettualmente e questo percorso continueremo a disegnarlo, visto che tanti come noi di Libera contro le mafie lo fanno senza clamori o attestati. È proprio questo il confine fra la politica come servizio e la politica come mercimonio o come compromesso avvilente e offensivo della dignità dei cittadini. ☺
bar.novelli@micso.net
È passato poco più di un mese dalle elezioni del 24-25 febbraio scorso e subito ci siamo chiesti quali siano potuti essere i motivi del terremoto elettorale – il primo partito in Italia è il M5S, quasi il 26% del consenso popolare – e quali le ragioni di quello regionale – la débacle di Iorio e la sostituzione del suo gruppo con quello della destra moderata di Frattura, con la presenza di una modesta espressione di sinistra con Sel e il Pdci -. Questa domanda ce la siamo posta anche in considerazione del fatto che la crisi economica e sociale, spaventosa e dirompente, la stiamo subendo tutti e l’evidente abbassamento della qualità della vita della stragrande maggioranza degli italiani faceva supporre che la sconfitta della destra berlusconiana e del centro bersaniano sarebbe potuta essere di più ampie proporzioni. Ma sia la destra che il centro-sinistra, grazie alla collusione dei mass-media, hanno negato la sconfitta (6 milioni e mezzo di voti in meno per Pdl e 3 milioni e mezzo di voti in meno per il Pd!), esprimendo un ottimismo, che si è manifestato in un atteggiamento di sufficienza e di fastidio nei confronti dei grillini, rei di essere o qualunquisti o sprovveduti politicamente. Tale declinazione dei fatti mette in evidenza soprattutto la sfrontatezza e l’arroganza di chi ha perso il potere o ad esso anelava con la bava in bocca.
In questo momento vorremmo tralasciare l’analisi del ruolo del M5S in Italia e nel Molise, studio al quale daremo consistenza in uno dei prossimi nostri interventi, e pur gradendo invece soffermarci sulla spiegazione dell’insufficiente credito attribuito alla sinistra radicale nella nostra realtà – Rivoluzione democratica che si è richiamata ad Antonio Ingoia -, tuttavia, vorremmo fare un passo oltre la “siepe” e tentare di comprendere le motivazioni sia dell’avversione che il cittadino comune prova nei confronti della politica sia quelle della consistente astensione rispetto al voto. L’astensione dal voto è stata pari al 28% circa (se non erriamo) e tale dato propaga ai quattro venti una estesa disaffezione di ciò che il voto rappresenta. Inoltre, la sconfitta della sinistra radicale presente nelle liste di Rivoluzione democratica nel Molise con il risultato dell’1,2% in Molise e dell’1,8% in Italia è un segno rilevante dell’abisso che separa dai cittadini la proposta, pur alternativa al modello culturale liberistico e alle sue proposte di sviluppo industriale ed economico, dei gruppi antiliberistici e anticapitalistici. Il voto ai grillini è l’espressione di un atteggiamento di protesta; il non voto alla sinistra radicale, invece, è interpretabile come penalizzazione o rifiuto di una proposta alternativa. Dunque, s’impone una diversa interpretazione del ruolo della politica e di quello dei partiti. I partiti, ormai esangui, sono soltanto la predella per una politica familistica e illiberale; sono il luogo della conservazione e della paura di perdere i privilegi. Di qui i salti della quaglia ai quali assistiamo giornalmente e che pongono oggi idee – quando ci sono – e personaggi al servizio di una strategia di destra, e dunque liberistica e padronale, domani alla mercé di una presunta politica di sinistra, che, mutatis mutandis, esprime una filosofia assolutamente contigua a quella delle destre, perché è egualmente vicina al ceto padronale, alle politiche economiche dei sacrifici, che espongono i ceti non abbienti alla povertà incalzante. Per quale motivo oggi un giovane, che si affaccia alle dinamiche tumultuose di una società ingiusta e classista (nel senso che questa protegge i ricchi e gli abbienti), o un adulto, scoraggiato dalle sconfitte civili di una vita o dalle politiche depressive che i ceti dominanti impongono con la motivazione del pareggio di bilancio, del recupero del debito sovrano, per quale ragione costoro dovrebbero guardare alle forze politiche in campo e ad esse dare consistenza con il voto? Ora tale ragionamento, proprio a causa della radicalità rovinosa della crisi attuale, implica la necessità di guardare in avanti con una differente capacità di lettura e con progettualità maggiormente propositive e più realistiche, perché la modificazione delle strategie complessive è possibile, se facciamo piazza pulita di un ceto dominante non solo incapace di farci uscire dalle sabbie mobili della crisi economica ma anche profondamente colluso con il malaffare, la illegalità fatta norma, con gli attacchi deleteri e rovinosi alla magistratura. Inoltre, lo stesso atteggiamento, scaltro e complice, delle forze politiche cosiddette progressiste (ci riferiamo, ad esempio, alle vicissitudini emerse dallo scandalo della banca del Monte dei Paschi di Siena, sopraffatta dalla corruzione e dalla disonestà, almeno fino a prova contraria) al fianco di settori della finanza, asserviti ai colossi bancari internazionali e alla politica depressiva che la Germania impone ingiuriosamente agli stati nazionali dell’area mediterranea, intima una virata radicale nella direzione di una differente coniugazione della politica, del suo ruolo e del suo uso.
La politica che auspichiamo deve essere strumento di dignità civile, di servizio pressocchè gratuito per la società, di promozione della cultura dei “beni comuni” a partire dal lavoro, dall’ambiente e dalla difesa del territorio, dall’educazione e dal diritto allo studio garantiti universalmente, dalla ricerca scientifica, dall’università, dalla sanità, dall’inclusione dell’immigrato come valore aggiunto alla nostra comunità nazionale, secondo quel corollario caro a quanti hanno promosso la vittoria referendaria di due anni fa sull’acqua, sul nucleare, sulla legge eguale per tutti. Ebbene, è questa la strada da seguire e da approfondire anche concettualmente e questo percorso continueremo a disegnarlo, visto che tanti come noi di Libera contro le mafie lo fanno senza clamori o attestati. È proprio questo il confine fra la politica come servizio e la politica come mercimonio o come compromesso avvilente e offensivo della dignità dei cittadini. ☺
È passato poco più di un mese dalle elezioni del 24-25 febbraio scorso e subito ci siamo chiesti quali siano potuti essere i motivi del terremoto elettorale – il primo partito in Italia è il M5S, quasi il 26% del consenso popolare – e quali le ragioni di quello regionale – la débacle di Iorio e la sostituzione del suo gruppo con quello della destra moderata di Frattura, con la presenza di una modesta espressione di sinistra con Sel e il Pdci -. Questa domanda ce la siamo posta anche in considerazione del fatto che la crisi economica e sociale, spaventosa e dirompente, la stiamo subendo tutti e l’evidente abbassamento della qualità della vita della stragrande maggioranza degli italiani faceva supporre che la sconfitta della destra berlusconiana e del centro bersaniano sarebbe potuta essere di più ampie proporzioni. Ma sia la destra che il centro-sinistra, grazie alla collusione dei mass-media, hanno negato la sconfitta (6 milioni e mezzo di voti in meno per Pdl e 3 milioni e mezzo di voti in meno per il Pd!), esprimendo un ottimismo, che si è manifestato in un atteggiamento di sufficienza e di fastidio nei confronti dei grillini, rei di essere o qualunquisti o sprovveduti politicamente. Tale declinazione dei fatti mette in evidenza soprattutto la sfrontatezza e l’arroganza di chi ha perso il potere o ad esso anelava con la bava in bocca.
In questo momento vorremmo tralasciare l’analisi del ruolo del M5S in Italia e nel Molise, studio al quale daremo consistenza in uno dei prossimi nostri interventi, e pur gradendo invece soffermarci sulla spiegazione dell’insufficiente credito attribuito alla sinistra radicale nella nostra realtà – Rivoluzione democratica che si è richiamata ad Antonio Ingoia -, tuttavia, vorremmo fare un passo oltre la “siepe” e tentare di comprendere le motivazioni sia dell’avversione che il cittadino comune prova nei confronti della politica sia quelle della consistente astensione rispetto al voto. L’astensione dal voto è stata pari al 28% circa (se non erriamo) e tale dato propaga ai quattro venti una estesa disaffezione di ciò che il voto rappresenta. Inoltre, la sconfitta della sinistra radicale presente nelle liste di Rivoluzione democratica nel Molise con il risultato dell’1,2% in Molise e dell’1,8% in Italia è un segno rilevante dell’abisso che separa dai cittadini la proposta, pur alternativa al modello culturale liberistico e alle sue proposte di sviluppo industriale ed economico, dei gruppi antiliberistici e anticapitalistici. Il voto ai grillini è l’espressione di un atteggiamento di protesta; il non voto alla sinistra radicale, invece, è interpretabile come penalizzazione o rifiuto di una proposta alternativa. Dunque, s’impone una diversa interpretazione del ruolo della politica e di quello dei partiti. I partiti, ormai esangui, sono soltanto la predella per una politica familistica e illiberale; sono il luogo della conservazione e della paura di perdere i privilegi. Di qui i salti della quaglia ai quali assistiamo giornalmente e che pongono oggi idee – quando ci sono – e personaggi al servizio di una strategia di destra, e dunque liberistica e padronale, domani alla mercé di una presunta politica di sinistra, che, mutatis mutandis, esprime una filosofia assolutamente contigua a quella delle destre, perché è egualmente vicina al ceto padronale, alle politiche economiche dei sacrifici, che espongono i ceti non abbienti alla povertà incalzante. Per quale motivo oggi un giovane, che si affaccia alle dinamiche tumultuose di una società ingiusta e classista (nel senso che questa protegge i ricchi e gli abbienti), o un adulto, scoraggiato dalle sconfitte civili di una vita o dalle politiche depressive che i ceti dominanti impongono con la motivazione del pareggio di bilancio, del recupero del debito sovrano, per quale ragione costoro dovrebbero guardare alle forze politiche in campo e ad esse dare consistenza con il voto? Ora tale ragionamento, proprio a causa della radicalità rovinosa della crisi attuale, implica la necessità di guardare in avanti con una differente capacità di lettura e con progettualità maggiormente propositive e più realistiche, perché la modificazione delle strategie complessive è possibile, se facciamo piazza pulita di un ceto dominante non solo incapace di farci uscire dalle sabbie mobili della crisi economica ma anche profondamente colluso con il malaffare, la illegalità fatta norma, con gli attacchi deleteri e rovinosi alla magistratura. Inoltre, lo stesso atteggiamento, scaltro e complice, delle forze politiche cosiddette progressiste (ci riferiamo, ad esempio, alle vicissitudini emerse dallo scandalo della banca del Monte dei Paschi di Siena, sopraffatta dalla corruzione e dalla disonestà, almeno fino a prova contraria) al fianco di settori della finanza, asserviti ai colossi bancari internazionali e alla politica depressiva che la Germania impone ingiuriosamente agli stati nazionali dell’area mediterranea, intima una virata radicale nella direzione di una differente coniugazione della politica, del suo ruolo e del suo uso.
La politica che auspichiamo deve essere strumento di dignità civile, di servizio pressocchè gratuito per la società, di promozione della cultura dei “beni comuni” a partire dal lavoro, dall’ambiente e dalla difesa del territorio, dall’educazione e dal diritto allo studio garantiti universalmente, dalla ricerca scientifica, dall’università, dalla sanità, dall’inclusione dell’immigrato come valore aggiunto alla nostra comunità nazionale, secondo quel corollario caro a quanti hanno promosso la vittoria referendaria di due anni fa sull’acqua, sul nucleare, sulla legge eguale per tutti. Ebbene, è questa la strada da seguire e da approfondire anche concettualmente e questo percorso continueremo a disegnarlo, visto che tanti come noi di Libera contro le mafie lo fanno senza clamori o attestati. È proprio questo il confine fra la politica come servizio e la politica come mercimonio o come compromesso avvilente e offensivo della dignità dei cittadini. ☺
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