Ambiente e cose in comunità terapeutica
25 Maggio 2017
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Ambiente e cose in comunità terapeutica

La terapia di comunità si fonda – tra gli altri – su un assunto fondamentale, che riguarda l’ambiente e la possibilità di operare su di esso con l’obiettivo di definire spazi in cui il paziente si potrà inscrivere, favorendo il processo di cambiamento e la rottura della coazione a ripetere.

Cos’è l’ambiente? Come scrive E. Minkowski “l’ambiente è qualcosa di completamente diverso dal mondo esterno, dagli oggetti solidi e immutabili che fanno da supporto a questo mondo, dagli stimoli e dalle percezioni del mondo esterno al quale a torto si attribuisce spesso in esclusiva la qualifica di reale. La realtà vissuta è ben altra”. Questo passaggio suggerisce una ridefinizione del rapporto tra soggetto e oggetto: non già la staticità del secondo che si presenta al primo nella sua immutabilità, ma una dialettica, un divenire costante, in cui i fantasmi, le proiezioni, le categorie culturali influenzano finanche la percezione e l’elaborazione di tale rapporto.

Minkowski aggiunge: “L’oggettivo e il soggettivo non si separano più nettamente, e neppure l’interno e l’esterno”. Ciascuno, dunque, è in un proprio mondo, dentro una propria relazione specifica con le “cose”, in un più ampio sistema relazionale, in un essere-nel-mondo continuamente ricontrattato. La terapia di comunità è fatta di queste “cose” e della loro costante introduzione nel mondo soggettivo: un laboratorio non è solo una serie di attività che lo compongono o degli individui che vi prendono parte, ma uno spazio su cui proiettare capacità, relazionalità, aspettative; la tv, un orologio possono essere dispositivi da cui partire per definire operazioni terapeutiche complesse, nuovi posizionamenti del paziente e dell’operatore, e delle loro reciproche soggettività.

Il rischio è di cadere in un pragmatismo realistico che rappresenta le “cose” come oggetti empirici e solo in quanto tali le assume nell’azione quotidiana, espellendone gli attributi simbolici e le potenzialità terapeutiche. M. Vitta parla degli oggetti di design mostrandone insieme il valore d’uso e il livello simbolico, il valore di scambio e ponendo ciò in relazione ai livelli di interpretazione dei testi durante il Medioevo. Questa avveniva partendo dal senso letterale del testo, passando per quello allegorico e morale, per giungere a quello anagogico “destinato ad una superiore conoscenza”. Mutatis mutandis, potremmo dire che lo statuto dell’oggetto è lo stesso, specialmente in un quadro terapeutico istituzionale: l’oggetto è empirico, immediato, ma poi anche simbolico, superficie di proiezione e strumento attraverso il quale modulare il processo di identificazione e separazione, eventualmente evolutivo, ma mai neutro.

 

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