Angela davis
27 Dicembre 2020
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Angela davis

Le preziose: con questo titolo apro articoli che parlano di donne di ieri, l’altro ieri, oggi che, come le preziose del settecento hanno agito o vissuto per lasciare il testimone alle altre.

 

“La rivoluzione è una cosa seria, la più seria in assoluto nella vita di un  rivoluzionario. Quando si decide di dedicarsi alla lotta, lo si fa per tutta la vita”(Angela Davis).

Chi di noi, giovani ed anche meno giovani, negli anni ‘70 non ha indossato un maglietta con l’immagine di Che Guevara ed una con quella di Angela Davis? Il mio avvocato, anno 1973,la sera prima della separazione, mi pregò di non andare in tribunale con una di queste due magliette che quell’anno indossavo abitualmente! (oh tempora, oh mores!).

Angela, un mito, era vista come vas damnationis. Insieme alla campagna per la liberazione di Sacco e Vanzetti condotta dal Soccorso Rosso Internazionale tra le due guerre mondiali, e quella in favore dei coniugi Rosenberg – poi giustiziati nell’America “maccartista” – la campagna per l’attivista afro-americana e per i prigionieri politici nord-americani del tempo è stata una vittoria di un movimento internazionale ed un pugno nello stomaco a chi ne aveva fatto “il nemico pubblico numero uno”.

Nata il 26 gennaio 1944 da una coppia di insegnanti, visse i drammi del razzismo del profondo Sud. Abitava in una zona chiamata Dynamite Hill perché spesso, lì, le case dei neri che vi si trasferivano venivano fatte saltare con la dinamite; con la dinamite fu fatta saltare una chiesa dove morirono tre sue amiche. Laureata con lode in letteratura francese, studiò poi filosofia e visse a Parigi e Francoforte dove fu allieva di Adorno, per ritornare poi negli Stati Uniti, dove fu allieva di Herbert Marcuse. In California continuò la sua attività di lotta politica aderendo ad un comitato di coordinamento della lotta nonviolenta degli studenti, e successivamente al movimento delle Black Panthers. Dopo l’assassinio di Martin Luther King aderì al Partito Comunista.

Conseguita la laurea in filosofia, ottenne la cattedra all’Università di Los Angeles, che le venne revocata in quanto comunista, ma la revoca fu dichiarata incostituzionale e poté continuare ad insegnare. Quando nel 1970 si adoperò in difesa dei Soledad Brothers, tre detenuti neri, venne espulsa dall’università. Successivamente fu accusata di cospirazione, rapimento e omicidio in relazione al fallito tentativo di un gruppo di attivisti delle Black Panthers, di liberare il detenuto nero George Jackson in un’aula di tribunale: la pistola utilizzata era intestata a suo nome, e Jackson era il grande amore della sua vita; fu quindi arrestata e processata.

Condusse personalmente ed efficacemente un’appassionata difesa: “Nes- suno può parlare meglio di me delle mie convinzioni e delle mie attività politiche. Una giustizia che condanna virtualmente al silenzio la persona che ha più da perdere, sembra già contenere in sé i germi della propri distruzione”.

“Ciò che si mette sotto accusa sono le mie convinzioni e i miei interventi politici, la mia lotta quotidiana per combattere tutto ciò che concorre a paralizzare economicamente e politicamente l’America nera”. Questo consentì di diffondere le sue idee in tutto il mondo, diventando così popolare da mobilitare a suo favore un’enorme quantità di persone che si riunirono in comitati e organizzazioni, non solo negli Stati Uniti ma anche in molti altri paesi. In sua difesa per “Liberare Angela” arrivarono John Lennon e Yoko Ono, intellettuali di tutto il mondo. Per lei furono riprese le canzoni più belle dei diritti dei dimenticati come Missisipi Goddam, di Nina Simone, censurata in molti Stati del Sud e l’indimenticabile Strange fruit, interpretata già nel ‘39 da Billie Holiday, forse la più bella canzone di denuncia: “Gli alberi del Sud danno uno strano frutto,/ Sangue sulle foglie e sangue alle radici,/ Corpi neri che ondeggiano nella brezza del Sud,/ Uno strano frutto pende dai pioppi/. Scena pastorale del valoroso Sud, Gli occhi sporgenti e la bocca storta”. Perfino in Italia il quartetto Cetra in una loro canzone dichiarava “Angela, Angela non disperare,/ non si può, per un’ idea, recidere un fiore”, provocando le ire della benpensante democrazia cristiana italiana e televisiva. Solo l’intellettuale De Gregori, forse confuso nel voler sapere cosa fanno i marinai, scriveva nel ‘74 “guardo le mie povere cose, una foto di Angela Davis muore sul muro e a me di lei non me n’è fregato niente”. Non sarà un caso!

In realtà di Angela importava a molti, era la voce di tutte noi donne e la voce di tutti i perseguitati e gli ultimi. La sua vicenda portò alla ribalta la sua figura di donna che aveva sempre combattuto per i diritti civili e per i diritti delle donne, scontrandosi talvolta anche con altri appartenenti al Movimento. Sin dagli inizi della sua attività, infatti, le sue qualità intellettuali e le sue grandi capacità organizzative l’ avevano portata ad assumere responsabilità e ruoli direttivi. Angela venne criticata molto pesantemente dai maschi del movimento perché “svolgeva un lavoro da uomo” e si vide contestare perfino il fatto che le donne volevano impadronirsi dell’organizzazione. Cer- ti attivisti neri consideravano l’impegno diretto delle donne una minaccia all’affermazione della loro virilità. Questa mentalità contribuì certamente a determinare l’uscita della Davis dal Movimento stesso.

Attualmente la Davis insegna Storia della Coscienza all’Università della California, dove dirige anche il Women Institute. Non è più iscritta al Partito Comunista statunitense, ma continua a sostenere gli ideali e i princìpi di sempre. Ha continuato con tutto il cuore a rendere il suo tempo uno sforzo per difendere le donne nere, i prigionieri e la comunità nera impoverita. È stata tra le 100 donne dell’anno del Time del 2020. Ha ottenuto il riconoscimento internazionale come la “prigioniera politica” più famosa d’America durante la sua prigionia e il processo per le accuse di cospirazione tra il 1970 e il 1972.

Interpellata sulla presenza di Kamala Harris fra i democratici, le ha offerto un assist: “Non possiamo dimenticare che non si è opposta alla pena di morte e non possiamo dimenticare alcuni dei veri problemi che sono associati alla sua carriera come procuratore”, ha detto Davis, “ma è un approccio femminista poter lavorare con queste contraddizioni. E così, in questo contesto, posso dire che sono molto eccitata. Penso che renda il biglietto molto più appetibile, questo è sicuro”.

Cosa avrebbe potuto dire di più, lei che aveva avuto ai suoi piedi un mondo?☺

 

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