Anno di grazia
2 Dicembre 2015
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Anno di grazia

Scrivo la mia consueta riflessione la mattina dopo gli atti terroristici di Parigi, che ci fanno ripiombare nelle stesse sensazioni dell’11 settembre 2001 e non so se quando questo pezzo uscirà sarà accaduto altro. È in questo clima che devo parlare del giubileo della misericordia che inizierà a dicembre, un anno che dovrà essere, per i cattolici, di riflessione ma soprattutto di gesti concreti all’insegna proprio della misericordia di Dio. Riflettere su questo significa tornare al cuore del vangelo e quindi del cristianesimo. Proprio all’inizio della vita pubblica Gesù stesso ha presentato il suo programma di vita all’insegna dell’anno di grazia del Signore, leggendo alcune parole di Isaia, come ci racconta Lc 4,16-30, affermando che quelle parole si sono compiute proprio grazie alla sua presenza e alla sua azione in favore dei poveri, degli stranieri, delle donne, degli ultimi.
È importante, tuttavia, non solo sottolineare ciò che ha letto: “Lo spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato ad evangelizzare i poveri, a proclamare la liberazione dei prigionieri e la vista ai ciechi; per liberare gli oppressi e proclamare un anno di grazia per il Signore” (Is 61,1-2). È altrettanto importante, infatti, sottolineare ciò che non ha letto, interrompendo la lettura del profeta Isaia quando dice: “un giorno di vendetta per il nostro Dio” (Is 61,2). Non fecero la stessa cosa i conterranei contemporanei di Gesù e della prima comunità cristiana, poiché nacque il movimento di ribellione degli zeloti che portò a due rivolte armate contro i romani, causa diretta della distruzione del tempio e di Gerusalemme e in seguito dell’esclusione degli ebrei dalla stessa città, dai tempi dell’imperatore Adriano in poi; la Palestina da allora perse l’identità ebraica fino al XX secolo, quando è stato creato lo stato moderno di Israele.
Gesù e i primi cristiani hanno scelto di non leggere, di non fare proprio tutto il passo di Isaia, ma di accogliere solo ciò che parlava di liberazione e di misericordia, bandendo così la violenza come strumento per affermare le proprie idee. Alla violenza altrui i cristiani dei primi secoli hanno risposto con l’accoglienza, con il servizio, con il prendersi cura di chi aveva bisogno, anche se non era appartenente al proprio gruppo. I cristiani riscuotevano la simpatia di chi li osservava perché avevano costituito delle comunità la cui regola era il sostegno reciproco e la missione era il superamento di ogni barriera sociale, civile, sessuale: “Non c’è più giudeo né greco, non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù” (Gal 3,28).
L’abbandono della violenza e il rispetto inclusivo di ogni vita umana è la vera forza insita nella fede cristiana, il suo dna, il tesoro originario che neppure la corruzione delle chiese potrà mai scalfire. Col tempo, infatti, anche il cristianesimo e le chiese sono diventati sistemi di potere e di oppressione, come il tempio di Gerusalemme contro cui Gesù predicava; l’opulenza denunciata che ancora oggi produce scandalo, infatti, non è che la riedizione di quel sistema fondato sul tempio dell’epoca di Gesù che spremeva i poveri e attirava i ricchi con la promessa delle benedizioni divine elargite a suon di monete e di doni ai detentori del sacro; un tempio di cui Gesù aveva detto che non sarebbe rimasta pietra su pietra: se ciò valeva per quel tempio, vale per ogni sacro palazzo che ancora specula su Dio e su Gesù Cristo.
Se guardiamo invece a ciò su cui si fonda il messaggio cristiano, vediamo che non si tratta di un libro che può chiedere anche di uccidere in nome di Dio (quante volte la bibbia è stata usata per condannare a morte le persone!), ma di una persona, Gesù, che ha rivelato il volto di Dio nel prendersi cura; assumendo il suo stile, facendo camminare sulle proprie gambe la sua idea di regno di Dio, i cristiani hanno cambiato il mondo e continuano a farlo ovunque assumono e mantengono questo stile, non la difesa ipocrita di valori astratti fatta da un occidente ormai povero di spiritualità e coerenza, dove giovani anche “educati” ai suoi valori ritrovano un motivo per vivere solo abbracciando il fondamentalismo islamico, perché forse schifati da un cristianesimo di facciata e dal bon ton di una laicità ideologica che emargina socialmente chi vuole libertà e giustizia sociale. Non si pensi, quindi, alla riedizione delle crociate, che porta solo ad aumentare il male e la violenza (bisogna guardarsi bene dagli ideologi della difesa ad oltranza dei valori occidentali e giudeocristiani); si tratta piuttosto di tornare a vivere il vangelo come facevano i cristiani prima di “convertirsi” all’impero e al fascino del potere, quando nonostante le persecuzioni aumentavano esponenzialmente, tanto che un “radicale” come Tertulliano arrivò a dire che il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani; martiri che non tolgono la vita, ma si mettono totalmente al servizio dell’uomo fino al dono della propria vita.
Proprio per questo è necessario continuare a predicare non tanto un giubileo, quanto quell’anno di grazia inaugurato da Gesù e incarnato dai suoi discepoli lungo la storia, per sconfiggere col fascino dello stile di Gesù, ogni forma di terrorismo, sia quello del fondamentalismo, sia quello del cinismo e della voracità dei sistemi finanziari iniqui (che hanno casa anche nel nostro occidente), che amoreggiano con i fondamentalisti e li foraggiano di armi, per usarli nelle loro maldestre strategie geopolitiche. ☺

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