bello e velenoso   di Gildo Giannotti
4 Ottobre 2013 Share

bello e velenoso di Gildo Giannotti

 

Siamo ormai a fine estate ed è ancora possibile ammirare la vistosa fioritura dell’oleandro, abbondante, scalare e variegata nei colori che vanno dal bianco, al rosa e al rosso carminio; fioritura che ha inizio nei mesi di aprile-maggio e si protrae fino all’autunno. L’oleandro lo si individua facilmente, oltre che per la sua fioritura, anche per il suo portamento arbustivo, con fusti poco ramificati, dapprima eretti e poi arcuati verso l’esterno. L’altro suo elemento caratteristico è rappresentato dalle foglie lanceolate, coriacee, disposte in verticilli di tre, che sembrano  simboleggiare l’armonia dell’universo, composto da triadi.

L’oleandro appartiene, come la pervinca, alla famiglia delle Apocinacee (dal greco apókynon, “erba nociva ai cani”). Il nome scientifico è Nerium oleander: il primo termine deriva dal greco nerón, “acqua”, perché si trova spesso lungo fiumi e torrenti. In realtà, questa specie, termofila ed eliofila (amante del calore e della luce), è abbastanza rustica e sopporta lunghi periodi di siccità. Se si esclude il fatto che teme il freddo, la pianta non presenta grossi problemi: è resistente ai parassiti, robustissima, sempreverde e si ammala raramente. Forse per queste sue caratteristiche di “bassa manutenzione” è possibile vederne parecchi esemplari anche in luoghi dove non ci si aspetterebbe di trovarli: in particolare è diventato l’arbusto preferito per formare siepi lungo le strade o aiuole spartitraffico. Per ridurre l'impatto sull'ambiente e consolidare i terreni durante i lavori di costruzione delle autostrade, negli anni Sessanta, ne vennero impiantati otto milioni. Nel tratto fra Bari e Taranto, ad esempio, si utilizzarono 75.000 cespugli di oleandri per le barriere che separano le carreggiate. Vedere questi filari fioriti sicuramente cambia di parecchio, e in meglio, l’aspetto delle nostre strade e delle periferie, ingentilendo il panorama nelle zone fuori dalle grandi città e rivestendo di fiori il cemento che circonda le case e l’asfalto delle strade.

Questo arbusto ispirò a D’ Annunzio i versi del Sodalizio dell’oleandro, un poemetto di Alcyione che iniziava così:

Erigone, Aretusa, Berenice,

quale di voi accompagnò la notte

d’estate con più dolce melodia

tra gli oleandri lungo il bianco mare?

Come mostrano anche questi versi, l’oleandro è uno dei fiori più affascinanti. Ma attenzione al suo “lato oscuro”. Infatti è una delle piante più velenose che si conoscano, per la presenza di una tossina: l’oleandrina. Tutta la pianta (foglie, corteccia, semi) è tossica per qualsiasi specie animale e, se ingerita, provoca tachicardia, problemi gastrici e disturbi del sistema nervoso centrale. Nel caso in cui se ne ingeriscano grandi quantità, può sopraggiungere la morte per collasso cardio-respiratorio. Una sola foglia potrebbe essere fatale a un bambino e perfino il fumo di un oleandro che brucia pare possa essere dannoso. Le specie animali più colpite sono gli equini, i bovini e i piccoli carnivori. Già nel 77 a.C. Plinio il Vecchio avvisava che il bestiame sarebbe morto all'istante qualora avesse bevuto acqua nella quale fossero macerate le sue foglie e si è effettivamente osservata la morte di ratti e topi che si erano abbeverati in pozze d’acqua in cui erano immersi proprio rami e foglie di questa pianta.

La storia racconta anche che diversi soldati delle truppe napoleoniche morirono per avvelenamento dopo aver usato rami di oleandro come spiedi nella cottura delle carne alla brace, durante le campagne militari in Italia.

Per le sue proprietà tossiche è stato utilizzato come “arma” per l’omicidio al centro del film White oleander. ☺

giannotti.gildo@gmail.com

ERRATA CORRIGE

Per un intervento del correttore informatico, nell’articolo “Il miglio” publicato sul n. 8 del mese di settembre 2013 di la fonte, compare erroneamente la dicitura “acido salicilico” anziché “acido silicilico”.

 

 

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