brividi   di Dario Carlone
28 Dicembre 2012 Share

brividi di Dario Carlone

 

Wind chill [pronuncia: uind-cill]. Il freddo polare dei giorni della merla richiama alla mente questo termine appartenente al lessico specifico della bio-metereologia. 

È il fenomeno della perdita di calore corporeo: non è tanto il freddo, quanto la presenza del vento a far sì che il corpo umano avverta una temperatura più bassa di quella reale, sensazione  scientificamente misurata in base ad un “indice di raffreddamento”, che calcola oltre alla temperatura percepita, anche la velocità del vento. Più le raffiche sono forti, più intenso è il freddo e maggiore diventa la dispersione del calore prodotto dall’organismo.

Wind chill dice la locuzione, composta dal sostantivo wind (vento) e da chill – sia sostantivo che verbo – che in italiano traduce “brivido” o “rabbrividire”. 

La scelta di questo termine? È dovuta ai brividi frequenti che mi attraversano la schiena in questo anno che volge al termine. Indubbiamente dovuti all’età che avanza, mi sono detto; imputabili la maggior parte alle storture cui ci ha abituati il vivere contemporaneo, ho dovuto amaramente ammettere.

E allora procedo per associazioni: vento uguale pali eolici che sempre più numerosi vedo prolificare in terra di Molise, ad offuscare beni archeologici e paesaggi senza una effettiva ricaduta economica; vento di voci che si alzano a manifestare e denunciare – le sentite? -; vento di  cambiamento contro un immobilismo e una staticità che dura da troppi anni, segno di vitalità, di attenzione, di desiderio di contare e partecipare. Vento forza rigeneratrice, vento riscatto da una condizione di dipendenza o subordinazione, vento risveglio da un torpore prolungato. Vento brivido nel gelo, wind chill.

Il brivido che più frequentemente avverto assomiglia ad una strana percezione della realtà, non più trasparente, nel bene come nel male; è qualcosa di sordido, di viziato da stereotipi e pregiudizi, da voci infondate, artefatte o peggio ancora inventate. È la sensazione raggelante di un vento che sferza la mia vita e quella degli altri, che viola le coscienze e approfitta dell’ingenuità e della buona fede; vento che manipola e rende inefficace qualsiasi ricerca della verità.

È l’ospite veloce senza piedi, senza ossatura a sostenerlo – come nei versi di Emily Dickinson – che irrompe nella nostra esistenza e poi fugge via, lasciando una sensazione di incapacità, di sfiducia. È il vento che ci investe tutti e costringe a rabbrividire quando ci rendiamo conto di non essere in grado di contrastarlo, quando vediamo svanire qualsiasi tentativo di fare chiarezza!

“… se viene l'Inverno, potrà la Primavera esser lontana?” si augurava P. B. Shelley. Ed io con lui!

È  un  vento di speranza quello che attendiamo!  ☺

dario.carlone@tiscali.it

                                                                                                    

 

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