case inghiottite di Maria Concetta Barone | La Fonte TV
Una casa, la petite maison, è il centro.
Una casa è viva e ci appartiene quando ha il nostro odore, quando è piena di noi e ha accumulato nel tempo energie fluide che si materializzano in sorrisi, urla, disperazioni, stili di vita, amori, scritture, creazioni, lacrime, noia. Una casa ci appartiene per questo e in questa forma non sarà di nessun altro.
Perciò, quando arrivano gli Altri, nel sonno, a tradimento, silenziosamente, dovrebbero trovare barriere solide. Le tane sono sempre cementate col sangue di chi se le è costruite. Senza tana saremmo preda.
Per questo tutti noi siamo sempre più barricati, avvolti nelle nostre coperte, protetti da veli gusci bozzoli cortecce corazze.
Ci difendiamo (quando la paura è padrona assoluta) con nuovi apparati percettivi in sostituzione dei meno affidabili occhi, tecnologie artificiali, congegni integrati nei quali si insinua un “occhio” diverso da quello soggettivo, un occhio disumanizzato, che si sgancia dall’osservazione individuale e penetra in un tipo di sguardo a 360 gradi, perfetto al cento per cento: videocamere di sorveglianza o amatoriali, videotelefonini e altro.
Ma c’è un fuori, che va tenuto in considerazione, un fuori terribile che è trascinato via dall’onda lunga e gelata di uno tsunami che lascerà dietro la sua coda diseguaglianze e tragedie, vuoti spaventosi e necropoli di fango.
Un fuori che ormai è strutturato come le tragedie antiche, nelle quali la catarsi tragica avviene soltanto dopo la rappresentazione dei tre drammi, con una improbabile commedia conclusiva a sfondo surreale; o come le tragedie senecane, nelle quali lo spettatore si abitua ai colori di macellerie e mattanze continue; o come le architetture calviniane de Il castello dei destini incrociati, in cui le sorti di molti individui soli e dispersi confluiscono e confliggono senza tregua.
In questo fuori noi, quelli che si espongono, nonostante tutto sembri inutile, noi quelli che si appassionano, che sanno che non è del mio o dell’ io che si deve parlare sempre, ma del nostro e del noi, noi saremmo o potremmo essere i mutanti, i replicanti, quelli col terribile puntino d’acciaio nelle pupille?
Tante petites maisons vengono inghiottite e noi con loro. Voglio dire con forza in compagnia di Bauman che tutti noi verremo trascinati via senza posa, in un mondo liquido, perché come tutte le sostanze liquide questo mondo non può restare immobile a lungo e tutto in esso è in drammatica incessante trasformazione.
Ma a questa fluidità si accompagna un aumento tragico della disuguaglianza ed una resistenza del Sistema a qualsiasi tensione al cambiamento.
Il Sistema, quello sì, è iniquo, quello sì, è Alieno, insieme alla sua capacità di resistere ai tentativi di dargli regole umane e condivisibili.
Dunque il mondo è liquido, ma il Sistema è ben solido ed ha sviluppato osceni meccanismi di autoriproduzione, che non hanno niente a che vedere con noi che combattiamo da una vita con passione gratuita, con noi che scriviamo senza posa cose che nessuno leggerà mai con attenzione (perché molti sono concentrati sulla propria ombra e su un io che è difficile codificare e cristallizzare in una forma statica), noi che ci riuniamo in stanze umide e concesse in prestito temporaneo per tramare, ordire, ardire, organizzare, sensibilizzare, follemente combattere.
Gente che è come noi può avere il gelo del puntino d’acciaio, può semplicemente e tranquillamente diventare Loro? senza averne la minima consapevolezza?
Con amarezza e con un’emozione profonda debbo concludere che, nonostante negli ultimi anni molti nostri movimenti si siano contrapposti alla Solidità del Potere (Indignados spagnoli, Occupy Wall Street, No Tav, No Global, Onlus radicali e alternative come Emergency…), non è cambiato assolutamente nulla. Nulla di nulla.
Preferisco allora sapere che il mio territorio dei sogni è intatto, preferisco continuare la mia resistenza tutta umana in questo interregno (parola di Gramsci) in cui il vecchio muore e il nuovo ancora non può nascere, interregno in cui si possono verificare fenomeni terribili, laddove la sovranità non è più popolare, la democrazia diventa porosa e scarsamente difendibile, per il fatto che il Potere si è finalmente liberato dal controllo della politica.
Il Potere è globalizzato e perciò inafferrabile col suo apparato di banche, criminalità, mafie, alte e intoccabili élitès finanziarie.
In tutto questo irreversibile e doloroso Kaos una petite maison viene risucchiata con le sue poesie, la sua energia, i sospiri e gli amori di una vita.
Allora, consapevole di avere l’occhio limpido, il cuore pulito, il corpo vergine dai baccelloni, posso solo ripetere all’infinito “Dimmi, dimmi Ninì, che fare?”.☺
bizzarra48@yahoo.it
Una casa, la petite maison, è il centro.
Una casa è viva e ci appartiene quando ha il nostro odore, quando è piena di noi e ha accumulato nel tempo energie fluide che si materializzano in sorrisi, urla, disperazioni, stili di vita, amori, scritture, creazioni, lacrime, noia. Una casa ci appartiene per questo e in questa forma non sarà di nessun altro.
Perciò, quando arrivano gli Altri, nel sonno, a tradimento, silenziosamente, dovrebbero trovare barriere solide. Le tane sono sempre cementate col sangue di chi se le è costruite. Senza tana saremmo preda.
Per questo tutti noi siamo sempre più barricati, avvolti nelle nostre coperte, protetti da veli gusci bozzoli cortecce corazze.
Ci difendiamo (quando la paura è padrona assoluta) con nuovi apparati percettivi in sostituzione dei meno affidabili occhi, tecnologie artificiali, congegni integrati nei quali si insinua un “occhio” diverso da quello soggettivo, un occhio disumanizzato, che si sgancia dall’osservazione individuale e penetra in un tipo di sguardo a 360 gradi, perfetto al cento per cento: videocamere di sorveglianza o amatoriali, videotelefonini e altro.
Ma c’è un fuori, che va tenuto in considerazione, un fuori terribile che è trascinato via dall’onda lunga e gelata di uno tsunami che lascerà dietro la sua coda diseguaglianze e tragedie, vuoti spaventosi e necropoli di fango.
Un fuori che ormai è strutturato come le tragedie antiche, nelle quali la catarsi tragica avviene soltanto dopo la rappresentazione dei tre drammi, con una improbabile commedia conclusiva a sfondo surreale; o come le tragedie senecane, nelle quali lo spettatore si abitua ai colori di macellerie e mattanze continue; o come le architetture calviniane de Il castello dei destini incrociati, in cui le sorti di molti individui soli e dispersi confluiscono e confliggono senza tregua.
In questo fuori noi, quelli che si espongono, nonostante tutto sembri inutile, noi quelli che si appassionano, che sanno che non è del mio o dell’ io che si deve parlare sempre, ma del nostro e del noi, noi saremmo o potremmo essere i mutanti, i replicanti, quelli col terribile puntino d’acciaio nelle pupille?
Tante petites maisons vengono inghiottite e noi con loro. Voglio dire con forza in compagnia di Bauman che tutti noi verremo trascinati via senza posa, in un mondo liquido, perché come tutte le sostanze liquide questo mondo non può restare immobile a lungo e tutto in esso è in drammatica incessante trasformazione.
Ma a questa fluidità si accompagna un aumento tragico della disuguaglianza ed una resistenza del Sistema a qualsiasi tensione al cambiamento.
Il Sistema, quello sì, è iniquo, quello sì, è Alieno, insieme alla sua capacità di resistere ai tentativi di dargli regole umane e condivisibili.
Dunque il mondo è liquido, ma il Sistema è ben solido ed ha sviluppato osceni meccanismi di autoriproduzione, che non hanno niente a che vedere con noi che combattiamo da una vita con passione gratuita, con noi che scriviamo senza posa cose che nessuno leggerà mai con attenzione (perché molti sono concentrati sulla propria ombra e su un io che è difficile codificare e cristallizzare in una forma statica), noi che ci riuniamo in stanze umide e concesse in prestito temporaneo per tramare, ordire, ardire, organizzare, sensibilizzare, follemente combattere.
Gente che è come noi può avere il gelo del puntino d’acciaio, può semplicemente e tranquillamente diventare Loro? senza averne la minima consapevolezza?
Con amarezza e con un’emozione profonda debbo concludere che, nonostante negli ultimi anni molti nostri movimenti si siano contrapposti alla Solidità del Potere (Indignados spagnoli, Occupy Wall Street, No Tav, No Global, Onlus radicali e alternative come Emergency…), non è cambiato assolutamente nulla. Nulla di nulla.
Preferisco allora sapere che il mio territorio dei sogni è intatto, preferisco continuare la mia resistenza tutta umana in questo interregno (parola di Gramsci) in cui il vecchio muore e il nuovo ancora non può nascere, interregno in cui si possono verificare fenomeni terribili, laddove la sovranità non è più popolare, la democrazia diventa porosa e scarsamente difendibile, per il fatto che il Potere si è finalmente liberato dal controllo della politica.
Il Potere è globalizzato e perciò inafferrabile col suo apparato di banche, criminalità, mafie, alte e intoccabili élitès finanziarie.
In tutto questo irreversibile e doloroso Kaos una petite maison viene risucchiata con le sue poesie, la sua energia, i sospiri e gli amori di una vita.
Allora, consapevole di avere l’occhio limpido, il cuore pulito, il corpo vergine dai baccelloni, posso solo ripetere all’infinito “Dimmi, dimmi Ninì, che fare?”.☺
Una casa è viva e ci appartiene quando ha il nostro odore, quando è piena di noi e ha accumulato nel tempo energie fluide che si materializzano in sorrisi, urla, disperazioni, stili di vita, amori, scritture, creazioni, lacrime, noia. Una casa ci appartiene per questo e in questa forma non sarà di nessun altro.
Perciò, quando arrivano gli Altri, nel sonno, a tradimento, silenziosamente, dovrebbero trovare barriere solide. Le tane sono sempre cementate col sangue di chi se le è costruite. Senza tana saremmo preda.
Per questo tutti noi siamo sempre più barricati, avvolti nelle nostre coperte, protetti da veli gusci bozzoli cortecce corazze.
Ci difendiamo (quando la paura è padrona assoluta) con nuovi apparati percettivi in sostituzione dei meno affidabili occhi, tecnologie artificiali, congegni integrati nei quali si insinua un “occhio” diverso da quello soggettivo, un occhio disumanizzato, che si sgancia dall’osservazione individuale e penetra in un tipo di sguardo a 360 gradi, perfetto al cento per cento: videocamere di sorveglianza o amatoriali, videotelefonini e altro.
Ma c’è un fuori, che va tenuto in considerazione, un fuori terribile che è trascinato via dall’onda lunga e gelata di uno tsunami che lascerà dietro la sua coda diseguaglianze e tragedie, vuoti spaventosi e necropoli di fango.
Un fuori che ormai è strutturato come le tragedie antiche, nelle quali la catarsi tragica avviene soltanto dopo la rappresentazione dei tre drammi, con una improbabile commedia conclusiva a sfondo surreale; o come le tragedie senecane, nelle quali lo spettatore si abitua ai colori di macellerie e mattanze continue; o come le architetture calviniane de Il castello dei destini incrociati, in cui le sorti di molti individui soli e dispersi confluiscono e confliggono senza tregua.
In questo fuori noi, quelli che si espongono, nonostante tutto sembri inutile, noi quelli che si appassionano, che sanno che non è del mio o dell’ io che si deve parlare sempre, ma del nostro e del noi, noi saremmo o potremmo essere i mutanti, i replicanti, quelli col terribile puntino d’acciaio nelle pupille?
Tante petites maisons vengono inghiottite e noi con loro. Voglio dire con forza in compagnia di Bauman che tutti noi verremo trascinati via senza posa, in un mondo liquido, perché come tutte le sostanze liquide questo mondo non può restare immobile a lungo e tutto in esso è in drammatica incessante trasformazione.
Ma a questa fluidità si accompagna un aumento tragico della disuguaglianza ed una resistenza del Sistema a qualsiasi tensione al cambiamento.
Il Sistema, quello sì, è iniquo, quello sì, è Alieno, insieme alla sua capacità di resistere ai tentativi di dargli regole umane e condivisibili.
Dunque il mondo è liquido, ma il Sistema è ben solido ed ha sviluppato osceni meccanismi di autoriproduzione, che non hanno niente a che vedere con noi che combattiamo da una vita con passione gratuita, con noi che scriviamo senza posa cose che nessuno leggerà mai con attenzione (perché molti sono concentrati sulla propria ombra e su un io che è difficile codificare e cristallizzare in una forma statica), noi che ci riuniamo in stanze umide e concesse in prestito temporaneo per tramare, ordire, ardire, organizzare, sensibilizzare, follemente combattere.
Gente che è come noi può avere il gelo del puntino d’acciaio, può semplicemente e tranquillamente diventare Loro? senza averne la minima consapevolezza?
Con amarezza e con un’emozione profonda debbo concludere che, nonostante negli ultimi anni molti nostri movimenti si siano contrapposti alla Solidità del Potere (Indignados spagnoli, Occupy Wall Street, No Tav, No Global, Onlus radicali e alternative come Emergency…), non è cambiato assolutamente nulla. Nulla di nulla.
Preferisco allora sapere che il mio territorio dei sogni è intatto, preferisco continuare la mia resistenza tutta umana in questo interregno (parola di Gramsci) in cui il vecchio muore e il nuovo ancora non può nascere, interregno in cui si possono verificare fenomeni terribili, laddove la sovranità non è più popolare, la democrazia diventa porosa e scarsamente difendibile, per il fatto che il Potere si è finalmente liberato dal controllo della politica.
Il Potere è globalizzato e perciò inafferrabile col suo apparato di banche, criminalità, mafie, alte e intoccabili élitès finanziarie.
In tutto questo irreversibile e doloroso Kaos una petite maison viene risucchiata con le sue poesie, la sua energia, i sospiri e gli amori di una vita.
Allora, consapevole di avere l’occhio limpido, il cuore pulito, il corpo vergine dai baccelloni, posso solo ripetere all’infinito “Dimmi, dimmi Ninì, che fare?”.☺
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