Che cosa finisce?
15 Luglio 2022
laFonteTV (3191 articles)
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Che cosa finisce?

Molte cose si potrebbero dire su quello che sta finendo in questo tempo così carico di paure e angosce. La pandemia ha reso evidente la nostra comune fragilità. L’attuale guerra in Europa scardina i rapporti tra le nazioni che invece sembravano consolidati dai decenni che ci separano dalla caduta del muro di Berlino che pose fine alla contrapposizione dura della guerra fredda, lungo strascico di visioni politiche contrapposte tra le nazioni accomunate nella vittoria della seconda guerra mondiale. Allora si preconizzò la “fine della storia” perché aveva vinto il modello occidentale delle democrazie rispetto ai totalitarismi mascherati nell’ingannevole vittoria del proletariato.

Sul piano delle grandi visioni sembra giungere a compimento il ciclo millenario dell’Occidente nelle sue due forme: è finita o fallita la filosofia classica dell’essere ed è finita e fallita la filosofia moderna dell’Io, la filosofia dialettica. Entrambe nella loro pretesa totalizzante, nel fare dell’essere di ciascuno un possesso esclusivo ed escludente, sono precipitate nella creazione degli assoluti ideologici delle esperienze totalitarie, nei  campi di concentramento, nel respingimento del forestiero, nella riduzione alla irrilevanza di “scarto” delle persone umane non “utilizzabili” nel sistema socio-economico e finanziario attuale.

In questi primi due decenni del nuovo millennio, proprio nell’occidente, l’area culturale apparentemente vincitrice sprofonda nella crisi del rapporto con la natura, considerata non come alleata ma come antagonista, non come ambiente vitale, o casa comune, ma come dominio da conquistare. La natura pare l’avversario a cui strappare i segreti o uno scrigno da cui carpire le ricchezze, un codice di cui bisogna violentare le leggi, un territorio su cui estendere il dominio. Questo rapporto conflittuale, competitivo, di perpetua sfida con la natura, un rapporto “prometeico” dal nome del Titano che ad un dio avaro e geloso aveva strappato il fuoco. Per Marx Prometeo é il primo martire della storia dell’umanità. Dal Prometeo mitologico al Rubbia, fisico eminente della scienza moderna, non ci sono variazioni. Questa cultura predatrice ha dato certo grandissimi risultati, ma lo sbocco rischia oggi di essere una catastrofe perché un dominio incondizionato sulla natura significa non solo il potere di modificarla e di piegarla, ma anche il potere di distruggerla. Secondo il mito la natura appartiene ad un universo sacro e intangibile. La cultura che tende a strappare spazi a questo sacro, a conquistarli al profano, si pone in termini di rivendicazione e di usurpazione. All’inizio é l’uomo a soccombere ma alla fine sarà lei ad essere vinta. Ma poiché fuori del mito natura e uomo non sono due realtà, ma una sola realtà, moriranno tutti e due.

Il Cristianesimo, nella sua forma occidentale, ha accondisceso al mito prometeico dell’uomo, anzi lo ha religiosamente avallato sia nel conflitto tra sacro e profano sia nella lettura dell’Incarnazione in chiave di un’onnipotenza di dominio del creato che da Dio si sarebbe trasmesso al mondo dell’uomo. Questo oggi si paga. La Chiesa non ha preso la difesa della natura e perfino quando, dal concilio Vaticano II, é stata chiamata a giudicare la potenza dell’uomo che si “gloriava” a brandire, come oggi fa Putin, la bomba atomica, non ha avuto il coraggio di condannare anche soltanto l’intenzione di usarla. Timidezza ingiustificata perché il Dio della tradizione giudaico-cristiana non é il Giove geloso che nasconde e contende il fuoco ed ogni altra cosa all’uomo. Anzi con la “nuova alleanza” Dio dona addirittura se stesso, nel suo Figlio perché, come testimonia Paolo: “tutto è vostro e voi siete di Cristo e Cristo è di Dio”. Non c’é bisogno di rubare ciò che in partenza é già stato donato. L’uomo non ha da conquistare ciò che è già suo. La Bibbia si pone in prospettiva opposta a quella della contrapposizione sacro-profano, uomo-natura. Sarebbe possibile, dunque, un rapporto riconciliato con la natura; e riconoscere limiti nella sua manomissione non sarebbe per l’uomo debolezza o subalternità, ma il modo più forte e consapevole di esercitare la propria signoria. La natura non oggetto di rapina, ma dono da accogliere e di cui avere cura per farla fruttificare.

Purtroppo la tecnologia moderna, che non obbedisce ad altra regola che al proprio sviluppo senza limiti, come le divinità o i sovrani, è legibus soluta, svincolata, sciolta dalle leggi, non risponde al altro che a se stessa. La inarrestabilità del progresso tecnologico ci sta portando a superare due soglie: la prima è quella delle “armi stellari”, ovvero la convinzione di poter distruggere tutte le armi dell’avversario, senza che siano distrutte le proprie: Putin ci avvisa che alla fine dell’anno sarà pronto il super missile capace di distruggere ogni cosa. La seconda é quella della “produzione della vita” indipendentemente dal rapporto tra uomo-donna. Se per la prima occorre ricordare che l’invincibilità è un mito, l’altra sfida ci ricorda che l’uomo come punto di arrivo del processo produttivo salderebbe l’estrema vittoria del mercato, ultimo risultato ed emblema di un capitalismo selvaggio. L’amore, già estromesso dai rapporti politici, economici e sociali, rischia l’espulsione anche dal conoscersi e dal generare. In tutti questi processi degenerativi il dato costante e comune è l’esclusione, la negazione dell’amore.

Arriva Francesco, papa, e la prima cosa che fa, dice che Dio è misericordia; la seconda, va a Lampedusa; la terza ferma la guerra già pronta contro la Siria; la quarta va a Cagliari dai lavoratori invitandoli a non rassegnarsi e continuare a lottare per il lavoro: quella è la loro dignità. Ai poveri e ai ricchi ricorda che questa economia uccide e bisogna cambiarla, Infine che il Dio della guerra non esiste perciò mai una guerra potrà essere chiamata guerra di religione.

Sembrerebbe ed è la fine di un’epoca, la fine di un mondo, ma ci stiamo solo affacciando ad un’epoca nuova tutta da vivere, se come ci ricorda Francesco metteremo l’amore come argine, come freno, come porta tagliafuoco allo scatenarsi della crisi.

È il definitivo congedo dal Dio violento e affermazione della nonviolenza di Dio. Ha tirato giù la rivelazione di Dio dagli archivi e l’ha fatta diventare una realtà contemporanea, quotidiana, che avviene nell’oggi. Se cambia l’idea di Dio, della religione e della chiesa, può nascere quell’uomo inedito intravisto da padre Balducci, può cambiare il modo di stare insieme degli uomini e delle donne nella casa comune sulla terra e l’amore può diventare la risposta. ☺

 

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