Chiesa e debito
14 Novembre 2017
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Chiesa e debito

Come cristiani è fondamentale affrontare il tema del debito perché da esso scaturiscono profonde ingiustizie come disoccupazione, povertà, disuguaglianze, perdita di servizi essenziali. Il debito è lo strumento, per imprigionare i popoli, usato dalla finanza mondiale, “sovrana delle regole democratiche” (Papa Francesco). In questa lotta è in gioco “il futuro dell’umanità”.

Nella prolusione del 25 settembre u.s. il nuovo presidente della CEI, card. Gualtiero Bassetti, sottolineava che “il vero problema è come portare in politica, in modo autentico, la cultura del bene comune. Non basta fare proclami. La proclamazione di un valore non ci mette la coscienza a posto. Bisogna promuovere processi concreti nella realtà”. Con questo spirito diversi cattolici propongono all’attenzione di una Nazione una questione fondamentale e di vitale importanza del nostro tempo: il sovra-indebitamento dei popoli, ed in particolare, del popolo italiano. Sappiamo che in questo senso il Magistero sociale ci viene incontro ricordandoci che “il diritto allo sviluppo deve essere tenuto presente nelle questioni legate alla crisi debitoria di molti Paesi poveri. Tale crisi ha alla sua origine cause complesse e di vario genere, sia di carattere internazionale – fluttuazione dei cambi, speculazioni finanziarie, neocolonialismo economico -, sia all’interno dei singoli Paesi indebitati – corruzione, cattiva gestione del denaro pubblico, distorta utilizzazione dei prestiti ricevuti.

Le sofferenze maggiori, riconducibili a questioni strutturali ma anche a comportamenti personali, colpiscono le popolazioni dei paesi indebitati e poveri, le quali non hanno alcuna responsabilità. La comunità internazionale non può trascurare una simile situazione: pur riaffermando il principio che il debito contratto va onorato, bisogna trovare le vie per non compromettere il “fondamentale diritto dei popoli alla sussistenza ed al progresso”. Il Giubileo dell’anno 2000 ebbe proprio come perno centrale il riconoscimento di questa ingiusta condizione debitoria e diede un innegabile impulso ad azioni unilaterali di remissioni del debito nei confronti dei paesi in via di sviluppo colpiti da tale condizione permanente. Successivamente la problematica del sovra-indebitamento ha colpito anche altri paesi e a partire dal 2007, la grande crisi economica-finanziaria mondiale, causata dagli eccessi della finanza speculativa, ne ha acuito gli aspetti più drammatici. Anche Papa Francesco con una efficacia inedita afferma che “così come il comandamento “non uccidere” pone un limite chiaro per assicurare il valore della vita umana, oggi dobbiamo dire “no a un’economia dell’esclusione e della inequità”. Questa economia uccide (EG. 53); “Abbiamo accettato pacificamente il predominio del denaro su di noi e sulle nostre società” (EG 55). “Penso ai traffici illeciti di denaro come alla speculazione finanziaria, che spesso assume caratteri predatori e nocivi per interi sistemi economici e sociali, esponendo alla povertà milioni di uomini e donne”.

E sempre Papa Francesco, affrontando direttamente il tema del debito estero, afferma: “Il debito estero dei Paesi poveri si è trasformato in uno strumento di controllo, ma non accade la stessa cosa con il debito ecologico” (LS 52). I Vescovi liguri, proprio affrontando il tema dei migranti e ponendo il debito come paradigma di comprensione, affermano nella dichiarazione finale, del III Incontro Mondiale dei Movimenti Popolari in dialogo con papa Francesco svoltosi dal 2 al 5 novembre 2016 a Roma, che “siamo creditori di un debito storico, sociale, economico, politico e ambientale che deve essere saldato”. È un’espressione che rovescia la visione del mondo e pone i popoli sfruttati non tra i debitori dei ricchi, ma tra i creditori degli stessi e non solo da un punto di vista economico e finanziario, ma anche da un punto di vista sociale, ambientale, storico e, pertanto, politico. Senza la ridefinizione del debito che lega il Nord e il Sud del mondo, non c’è possibilità di riuscita. A tal proposito va fatto ogni sforzo perché si avvii un processo che conduca ad una conferenza globale sul debito con l’obiettivo di svelare la geografia di poteri che si nasconde dietro di esso.

Teniamo conto infine, della famosa Carta di Sant’Agata de’Goti – Dichiarazione su usura e debito internazionale – approdata nel parlamento italiano con la l. 25.07.2000 n. 209 il cui art. 7 statuisce che il Governo, nell’ambito delle istituzioni internazionali competenti (principalmente l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite), propone l’avvio delle procedure per la richiesta di parere alla Corte Internazionale di Giustizia sulla coerenza tra le regole internazionali che disciplinano il debito estero dei paesi in via di sviluppo (ma è opinione comune che si potrebbe oggi far riferimento al debito tout court, includendovi i paesi impoveriti o a rischio default) e il quadro dei princìpi generali del diritto e dei diritti dell’uomo e dei popoli, da individuare alla luce della versione consolidata della Carta di Sant’Agata de’ Goti.

Si sta lavorando perché ci sia l’appoggio della Cei alle iniziative che in campo internazionale vadano nella direzione di promuovere una Conferenza globale sul debito nel quadro dei princìpi generali del diritto e dei diritti dell’uomo e dei popoli; per dar mandato agli organismi CEI, ed in particolare alla Caritas italiana, di avviare una campagna di informazione sul tema del debito pubblico italiano e sul conseguente malessere socioeconomico, in collaborazione con le realtà italiane e i movimenti sociali e popolari; per avviare un serio approfondimento sulle cause di un debito pubblico italiano così elevato; per rinverdire la struttura attivata dalla Chiesa cattolica nel corso del Giubileo dell’anno 2000 aggiornando il campo di azione, sia al servizio dei paesi storicamente impoveriti, che dei paesi a rischio finanziario causato da elevata esposizione debitoria, come il nostro; per coinvolgere in questo percorso di informazione, ricerca ed approfondimento anche tutte le Chiese europee.

 

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