Combattere per la fede
7 Febbraio 2022
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Combattere per la fede

“Voi, carissimi, costruite voi stessi sopra la vostra santissima fede, pregate nello Spirito Santo, conservatevi nell’amore di Dio” (Gd 20-21).

La Lettera di Giuda, ingiustamente svalutata e declassata a motivo della sua brevità, del suo ampio ricorso agli scritti apocrifi del giudaismo e del giudizio senza appello nei confronti di alcuni uomini, non è di certo tra i testi più commentati del Nuovo Testamento. Lo scritto, tuttavia, rappresenta un’istantanea preziosa della vita delle comunità cristiane di epoca subapostolica e una testimonianza delle crisi iniziali che, al momento del necessario consolidamento delle comunità, rischiavano di minacciare l’unità del corpo ecclesiale, provocando ferite e divisioni.

Il testo presenta un carattere epistolare a motivo del prescritto che appare nei primi due versetti dove conosciamo l’autore (“Giuda, servo di Gesù Cristo e fratello di Giacomo”) e i destinatari dello scritto (“coloro che sono prediletti, amati in Dio Padre e custoditi da Gesù Cristo”). Dopo i vv. 3-4 che contengono rispettivamente l’intenzione dell’autore (esortare i credenti a combattere per la fede) e l’occasione della lettera (la presenza minacciosa di chi rinnega Gesù) appare ai vv. 5-16 una sorta di midrash, un’attualizzazione di alcuni testi scritturistici cara all’esegesi rabbinica tradizionale volta ad illuminare alcune situazioni concrete vissute dai destinatari dello scritto. A partire dalla descrizione dei peccati di coloro che attentano all’unità della comunità, viene poi costruita un’importante esortazione rivolta ai fedeli ai vv. 17-23, seguita da una dossologia che conclude lo scritto ai vv. 24-25.

Il tono che attraversa la Lettera di Giuda è fortemente polemico a motivo della persistente circolazione di varie eresie, deleterie per la vita dei credenti. L’autore, infatti, è seriamente preoccupato per l’infiltrazione di individui che sembrano intenzionati a compromettere la fede trasmessa “una volta per sempre” ai santi, a quanti cioè che con il battesimo hanno intrapreso un cammino di comunione autentica con Dio e con i fratelli, e manifesta un giudizio molto severo nei loro confronti.

La vita dei credenti è un combattimento. Non si tratta però di combattere contro qualcuno, ma di combattere per difendere qualcosa: il prezioso deposito della fede che è stato ricevuto e trasmesso dagli apostoli. I dissidenti, dai quali occorre guardarsi, sono individui libertini descritti come lo specchio delle figure bibliche peggiori. Essi “si sono messi sulla strada di Caino e, per guadagno, si sono lasciati andare alle seduzioni di Balaam e si sono perduti nella ribellione di Core” (v. 11). È possibile, infatti, che alcuni, dopo aver sperimentato i doni di Dio, si raffreddino, divengano profondamente egoisti e comincino a disprezzare gli altri. C’è chi sa fingersi credente per poi commettere empietà, seguire gli istinti più bassi, essere avido di denaro, adulare i fratelli per interesse, maltrattarli. Nella comunità, dunque, sono apparsi dei manipolatori che possono nuocere al corpo ecclesiale. Per l’autore questi tali, chiamati ad essere pastori, pascono solo se stessi; chiamati a irrigare, sono nuvole senza pioggia o onde che schiumano la loro sporcizia; chiamati a portare frutto, sono alberi sradicati; chiamati a manifestare la luce, vagano nelle tenebre (cf. vv. 12-13). Questo atteggiamento del tutto contrario alla comunione attira su di loro un giudizio estremamente severo che diviene anche un monito per incoraggiare i membri della comunità cristiana ad accogliere lo Spirito Santo che impedisce di vivere sotto la dittatura dell’istinto e permette di custodire il vincolo dell’unità e la grazia dell’amore fraterno.

La comunità cristiana, opera della misericordia divina, ha bisogno di uomini e donne maturi, equilibrati, capaci di discernimento che sappiano restare ben saldi sul fondamento e lavorare alla crescita e all’edificazione di tutti.

La vita cristiana non è un monolite, ma un’articolazione vivace di ambiti, rapporti e legami tutti interconnessi tra loro che invocano trasparenza. A noi il compito della coerenza del vivere, non per ergerci a creature perfette, né per avere un alibi per prevaricare sugli altri, ma per servire meglio la primavera che il mondo attende, una stagione nuova che invoca acqua, frutti, raggi di luce.

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