confrontiamoci   di Franco Novelli
1 Dicembre 2012 Share

confrontiamoci di Franco Novelli

 

Il quadro sociale e politico che abbiamo di fronte oggi e che viene registrato quotidianamente dai mass-media (ci riferiamo anche al Molise) è davvero desolante: nulla va più per il suo verso. Infatti, registriamo un senso di sgomento individuale e collettivo, laddove le preoccupazioni per l’immediato futuro si fanno opprimenti e gravi. Il proscenio è sconsolante e triste: impoverimento del ceto medio, sempre più prigioniero di una pressione fiscale ossessivamente persecutoria e di una inflazione che corrode molto di più del normale il potere d’acquisto del suo salario; riduzione in condizioni seriamente inquietanti del lavoratore precario o, cosa ancora più seria, di quelle dell’inoccupato. Quello che inquieta e angoscia concretamente è che si sta consumando il passaggio dalla metafora letteraria (il suicidio letterario dello scrittore che si consuma in un suo personaggio; pensiamo, per esempio, all’Ortis foscoliano o al protagonista del romanzo di Moresco Gli esordi) alla realtà quotidiana.

Nella realtà il suicidio diventa non una rinuncia alla vita ma una forma di coraggioso dissidio nei confronti della storia manipolata dalla finanza e dall’economia bancaria, rinnovati vampiri che, succhiando il sangue (cioè “i sogni”) alle persone, ne determinano la morte sconvolgente e risolutrice. Le oligarchie plutocratiche dovrebbero cominciare a riflettere sulla loro presenza nel reale, cioè cominciare a chiedersi che senso abbia  corrodere il tessuto connettivo della società, se poi questo vorrà significare anche la loro scomparsa violenta. La distruzione dei sogni, che si accompagna a quella dell’ambiente, della natura, della società, così come essa si è articolata grazie alle lotte e alle rivendicazioni delle classi non abbienti degli ultimi due secoli, è molto penosa. Tuttavia, è nostra convinzione che ciò porterà all’autodistruzione di questo ceto parassita e superbo. La finanza, infatti, non produce lavoro, ma una ricchezza che passa da una mano alle altre senza che incida sulla produzione delle merci. Ma noi non possiamo più ammettere che una tale filosofia detti la linea di demarcazione alla stessa società. Per uscire dalla prigione nella quale la finanza e la speculazione internazionale ci costringono, dobbiamo una volta per tutte ritrovarci su un’ipotesi di percorso condiviso e creare le condizioni perché una nuova classe dirigente riprenda in mano le redini della Storia e conduca le persone e le classi sociali su nuovi percorsi di civiltà.

Siamo un Paese che è divenuto molto fragile dal punto di vista sociale e culturale; un Paese che ha abdicato alle sue tradizioni nobilmente codificate nella Carta Costituzionale, che presagisce e vuole un popolo che si identifichi nelle norme, che mettono il lavoro e il suo valore sociale al primo posto. Siamo un paese e una regione, il Molise, che hanno concretamente rifiutato il dogma valorizzazione del proprio territorio: pensiamo alle acque che scendono dalle Alpi o dagli Appennini sempre meno assorbite dai campi agricoli o incolti delle colline o delle pianure, non più habitat naturale del mondo contadino e di quanti vorrebbero contribuire a riconquistare la bellezza e l’armoniosa crescita economico-culturale della propria realtà. Per alcuni la strada da seguire potrebbe essere quella indicata dalle progettualità insite nella cosiddetta decrescita felice, che indica come possibile il recupero non solo sentimentale ma anche pratico di una economia molto più vicina ad una visione della vita fondata sull’estetica dell’essen- zialità e sul rifiuto dello sperpero e della dissoluzione delle ricchezze naturali e paesaggistiche, patrimonio anche delle generazioni future. La disgrazia dell’Italia e del Molise è che queste realtà territoriali hanno avuto negli ultimi 30/40 anni una classe dirigente incolta, avida soltanto di prebende e di patrimoni personali, fedeli esecutori di una cattiva interpretazione del “particu- lare” guicciardiniano, che, almeno nella sua originaria significazione, indicava come raggiungibili i vantaggi economico-politici per la propria classe di appartenenza, cioè la borghesia.

Gli epigoni di tale visione, legati ad una concezione mercantilistica del proprio ruolo, non sono stati capaci neanche di questo, ma solo di distruggere la democrazia partecipata, di disarticolare i principi della solidarietà e della condivisione così come la Costituzione li presenta, di demolire le prospettive dell’inclusione come risposta civile e matura al fenomeno delle immigrazioni; di annientare le energie dei cittadini e di sopprimere gli entusiasmi di quanti credono possibile la realizzazione dei propri sogni. E a ciò aggiungiamo un altro elemento molto rilevante ai fini della nostra argomentazione, cioè il culto irragionevole della crescita infinitamente esponenziale, come se il nostro pianeta fosse in possesso di incommensurabili e illimitate risorse energetiche. Non è così e lo sappiamo bene non soltanto pensando al cosiddetto buco nell’ozono ma semplicemente anche alle cose più semplici, come la difesa e la valorizzazione del territorio e delle sue potenzialità. A questo punto è necessario fare un salto di qualità civile e culturale non più pensando al “contro” ma al “per”, all’“insieme con…” per ricostruire la nostra civiltà culturale, la nostra democrazia che si deve sempre fondare sulla partecipazione convinta delle/dei cittadine/i. Per questo motivo Libera Molise lancia un appello, una proposta alle cittadine/ai cittadini, alle associazioni di volontariato, ai cattolici progressisti, agli antagonisti del neoliberismo “guerrafondaio”, a quanti profondamente aspirano alla concreta realizzazione di un mondo diverso e di una cultura diversa della vita, di vedersi entro una data possibile (tra il 12 e il 14 dicembre p.v., cosa che sarà successivamente e in tempo utile indicata) per discutere di “Quale futuro per il Molise?”. Dovremmo vederci almeno per due/tre volte e suggerire idee concretamente progettuali a quanti aspirano a rinnovare profondamente la prassi dell’amministrare la collettività. È il compito che Libera si dà in questa fase; è l’appello lanciato da Libera contro le mafie per quanti auspicano una realtà politica e amministrativa rinnovata radicalmente.

Facciamo largo a quanti intendono dare il proprio contributo, partendo da queste premesse.☺

bar.novelli@micso.net

 

 

 

 

 

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