costruire comunità
2 Febbraio 2011 Share

costruire comunità

 

Nel clima che si respira, e non solo nel ristretto spazio del vivere quotidiano, si percepisce un malessere diffuso. Siamo immersi in un mare contagiato da inquinamento che ci spinge a sognare un mondo diverso per recuperare un senso di vita che non si appaga nelle ricorrenti lamentele che alimenta la cronaca quotidiana mai sazia, che intristisce con le malevoli cronache. Al punto che ci si sta avvezzando all’idea che il positivo non c’è. Ed è sognatore chi ci crede.

A conclusione di un percorso narrativo sull’escursionismo montano, Erri De Luca scrive: “Oggi non si sanno guardare le facce, per strada è buona regola evitarle, scorrere alla svelta. Oggi si coprono le facce dietro occhiali da sole pure all’ombra. Restano più nascoste che dietro il velo islamico”.

Il prezzo maggiore, come sempre nella storia, lo pagano i deboli, i poveri, gli oppressi. Tra essi le nuove generazioni, anche perché non sufficientemente rodate nell’affrontare le prove della vita. Rischiamo di ritenere “normali” diluvi, criminalità e illegalità diffusa per poi convincerci che l’etica comportamentale è sogno di pochi e che il rispetto delle norme rientra solo nel capitolo delle “eccezioni” alla… regola. Quasi a rovesciare un detto antico come l’uomo.

È di questi giorni la riscoperta di una nuova ondata di personaggi di grande rilievo pubblico che sono risultati, dopo lunghe e complicate indagini, colossali evasori fiscali servendosi dei furbeschi e ben combinati ricorsi ai nascondigli dei loro capitali nei paradisi fiscali.

È solo un capitolo dell’universo del malaffare che infesta la storia del nostro tempo e che appare sempre in prima pagina nella cronaca giornaliera. Se proviamo giorno dopo giorno ad allineare gli episodi dell’illegalità e della controversia rabbiosa che imperversa nelle cronache televisive e della comunicazione in genere, per poi confrontarli con episodi di vita che alimentano la volontà di testimoniare a sostegno di una cultura centrata sul bene comune e sulla solidarietà universale, dobbiamo riscontrare una mancanza di rilievo assegnato a quest’ultima. In Italia, come nell’intero universo. Ed anche  in terra molisana.

Colpisce nel segno il messaggio di una donna che si è posta controcorrente nel diagnosticare il male dei suoi tempi, dalla prima guerra mondiale alla tragedia del nazismo e delle dittature del secondo novecento fino agli anni ’70, rifuggendo dall’adagiarsi alla rassegnazione fatalista per lanciare invece una tenace volontà di andare oltre. Si tratta di Anna Arendt che, senza farsi catturare dai clan della mala politica e sviluppando un’analisi mirata sui mali del tempo, si è resa testimone e sostenitrice di una tesi di viva attualità ancora oggi: il mondo lo si orienta verso un orizzonte di concordia e di progresso solo alimentando cultura e modelli di vita centrati sul dialogo e la filantropia. Il dialogo è diverso dal colloquio perché comporta il farsi carico dei problemi dell’altro e ne è una prova convincente il fatto che nella storia si promuove un cammino di reciproco sostegno solo se si persegue il bene comune, fuoriuscendo dalla logica del proprio profitto. Da tale linea non deriverà mai il sostegno al senso di comunità e alla promozione dei valori e delle prassi della reciprocità e della cooperazione. Anna Arendt riscontra la volontà di dialogo e di reciproco sostegno tra persone che pagano il prezzo della fragilità e della povertà: “La fraternità trova il luogo naturale tra gli oppressi e i perseguitati, gli sfruttati e gli umiliati che il XIX secolo chiamò miserabili”.

Oggi come siamo messi? Qualcuno parla di una società che si muove in un contesto storico di postdemocrazia con ristagno di partecipazione e responsabilità collettiva. Nel Rapporto del CENSIS del 2010 si inquadra “una società appiattita che frana verso il basso anche il vigore dei soggetti presenti in essa”. Ci ritroviamo insomma in un quadro che fa registrare il calo dell’impegno volto al bene comune e la crescita irrefrenabile dell’individualismo diffuso. Occorre recuperare il diritto-dovere dell’ini- ziativa e dell’intraprendenza propositiva da parte di noi tutti per dare chiari segnali per la costruzione di un mondo diverso centrato sul senso di comunità.

Qualcosa si va muovendo anche sul nostro territorio e ne è prova, tra le altre, la nascita del gruppo promotore della Fondazione Molise-Comunità. Vi hanno aderito affidabili testimoni della società civile, i vescovi delle quattro diocesi, esponenti dell’impren- ditoria molisana e associazioni aderenti al Forum del terzo settore. Il cammino è già avviato per stilare strategie volte alla raccolta fondi finalizzate a tessere strategie e progetti che traducano sull’intero territorio della regione la volontà di operare per dare risposte ai bisogni e valorizzare le risorse che dobbiamo esplorare intorno a noi. Un nuovo modello di sviluppo che sale dal basso e che si fonda sulla volontà di promuovere una crescita che coinvolga quanti più soggetti possibile; a partire dalle nuove generazioni per sottrarle al diffuso fenomeno della fuga dei talenti. ☺

 le.leone@tiscali.it

 

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