Cristo al centro
4 Dicembre 2020
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Cristo al centro

“Come avete accolto Cristo Gesù, il Signore, in lui camminate, radicati e costruiti su di lui” (Col 2,6-7).

La Lettera ai Colossesi, che appartiene al gruppo delle cosiddette lettere della tradizione paolina, è anch’essa una lettera della prigionia. L’autore, attento erede del deposito paolino, sapendo che le sofferenze di Paolo sono strettamente unite a quelle di Cristo a favore della Chiesa e della predicazione della Parola, vede nelle catene dell’Apostolo un’occasione favorevole per far conoscere Cristo. Causate dall’ostilità degli uomini che hanno disposto l’arresto di Paolo, esse rappresentano per l’Apostolo e i suoi una “porta della Parola per annunciare il mistero di Cristo” (Col 4,3).

A questo mistero, che consiste nel progetto salvifico attuato dal Padre per mezzo della persona e dell’opera del Figlio e che comprende ogni creatura, l’autore dedica le sue migliori energie nella lettera. Il suo intento è quello di ravvivare e consolidare la fede della comunità di Colossi in Cristo per correre ai ripari davanti ai primi sintomi di un’eresia insidiosa e difficile da identificare. Nella comunità, nata molto probabilmente da un discepolo-missionario di nome Epafra, circolavano, infatti, alcune speculazioni frutto di uno strano sincretismo che univa alcune credenze giudaiche con elementi della religiosità popolare greca e incoraggiava il culto delle potenze angeliche a cui veniva attribuito il dominio su tutto il cosmo.

L’autore invita a collocare gli angeli al loro giusto posto all’interno del grande piano della salvezza, senza compromettere la supremazia di Cristo che è il capo della nuova creazione, una creazione che comprende non solo l’umanità ma anche il cosmo. L’autore avverte il rischio dell’inganno a causa della proliferazione di argomenti seducenti e mette in guardia da una certa forma di schiavitù: “Fate attenzione che nessuno faccia di voi sua preda con la filosofia e con vuoti raggiri ispirati alla tradizione umana, secondo gli elementi del mondo e non secondo Cristo” (Col 2,8).

L’invito rivolto ai Colossesi è a rimanere radicati nella fede in Cristo che ha compiuto l’opera più grande che nessun rito di circoncisione e nessun adempimento di precetti umani abbia mai potuto realizzare: Cristo ci ha liberati dalla condanna con la sua croce e con il battesimo ci ha fatti tornare alla vita grazie alla fede, comunicandoci la pienezza della vita divina che è in lui. Di fronte a questa abbondanza appaiono del tutto inutili quelle pratiche che distolgono dalla centralità della sua opera salvifica universale, come un tempo potevano essere certe prassi alimentari, alcune festività, il culto degli angeli e altri precetti mondani. L’autore denuncia lo sterile fardello di prescrizioni e insegnamenti che alcuni uomini caricano sulle spalle di altri e che “hanno una parvenza di sapienza con la loro falsa religiosità e umiltà e mortificazione del corpo, ma in realtà non hanno alcun valore se non quello di soddisfare la carne” (Col 2,23).

Fulcro della lettera è la centralità di Cristo che ci ha salvato dalla Legge il cui sistema sfociava in una sentenza di morte. Il credente non deve tornare a costruire sistemi di prescrizioni (già smantellati da Cristo!) che disumanizzano anziché far maturare, dettati dal puro gusto di mostrare agli altri la propria bravura. Cristo ha già fatto tutto. A noi tocca fare spazio alla sua opera camminando in una vita nuova, come persone redente, che vivono a servizio non di prassi sterili che schiavizzano ma del Signore che libera. La vita dell’uomo nuovo non contempla più né lo spazio per i vizi né per le differenze etniche, religiose o culturali, ma solo l’amore e la pace e riceve di continuo linfa e ossigeno dalla parola ispiratrice di Cristo che illumina, scalda, converte il cuore dei credenti aprendoli a una vita all’insegna della lode a Dio e della promozione degli altri.

Torna sempre nella storia la tendenza ad esaltare o imporre pratiche ascetiche che sembrano manifestare una vita spirituale, ma che in realtà sono frutto di una mentalità carnale che tende all’autoesaltazione. La vita cristiana non è un accumulo di cose da fare, ma un lasciarsi lavorare dalla grazia per accogliere l’opera di Cristo e farla penetrare in ogni ambito della storia.☺                                                                                  

 

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