cupidigia e morte   di Giulia Di Paola
30 Ottobre 2013 Share

cupidigia e morte di Giulia Di Paola

 

Il Vajont è stata una catastrofe che si sarebbe potuta evitare e che è rimasta sostanzialmente impunita. In occasione dell’anniversario ho avuto modo di vedere film e filmati su quel dramma e non ho potuto fare a meno di rilevare alcune analogie con disastri più recenti. La colpa principale è sempre la cupidigia. Se gli interessi economici si fanno sentire molto più della voce della natura, e persino dei popoli, è inevitabile che ci saranno centinaia di persone condannate a morire per gonfiare le tasche di pochi faccendieri arrivisti.

Certamente starete obiettando che la cupidigia non è reato e quindi non è punibile dal sistema giudiziario. Le sue conseguenze, invece, possono connotare colpevolezza. In realtà accade che il ladruncolo finisce certamente in carcere per aver rubato poche centinaia di euro, coloro che invece distruggono l’ambiente per cementificare dove gli conviene o per realizzare discariche abusive che avvelenano l’uomo e la natura il più delle volte la fanno franca. Ma chi ha prodotto maggiori danni?

Nella vicenda dei Vajont si è preferito restar sordi ai pareri dei tecnici, alle denunce dei cittadini, al brontolamento del monte e alle sollecitazioni del terremoto. Un comportamento che mi è sembrato molto simile a quanto accaduto all’Aquila dove mesi e mesi di scosse di avvertimento non hanno fatto scattare l’allarme e lo sghignazzare della cupidigia si è manifestato in tutta evidenza nella famigerata telefonata post sisma.

Sul terremoto del 2002, specialmente su questo giornale, si è già detto tanto. La morte di quei bambini e della loro maestra forse si sarebbe potuta evitare se solo la scuola, così come le altre case, non fosse crollata su se stessa. Ma la cupidigia, anche in Molise, si è manifestata soprattutto dopo il terremoto e se ne pagano ancora le conseguenze con una ricostruzione che avanza alla velocità delle ere geologiche. Nella successiva alluvione che trasformò in putrida pozza la foce del Biferno e tutti i terreni circostanti, più che la cupidigia poté la pigrizia. Benché l’allerta fosse giunta in tempo nessuno si prese la briga di far evacuare abitazioni e stabilimenti in pericolo.

Lucrare sui materiali, risparmiare sulla sicurezza, guadagnare sull’improprio smaltimento dei rifiuti nocivi è causa di morte. Chi si arricchisce con questi mezzi quasi sicuramente lo sa, ma preferisce ignorarlo perché la sua coscienza risponde al dio Denaro e alla propria bramosia.

La storia non può che ripetersi se i comportamenti umani non registreranno un’inversione di tendenza, un’inversione a U. Troppa leggerezza, bramosia e impunità nella politica, nell’economia e persino nei comportamenti di ogni giorno che nel salvaguardare il piccolo interesse di oggi non ci si rende conto del disastro che si sta preparando per il domani. Il nodo è proprio questo: non si investe più nel futuro, si vuole tutto e subito. “Domani, Dio pensa!”. No! Dio ci ha creati custodi dei fratelli e del creato, altrimenti che scopo avrebbe la vita? Accumulare ricchezze?

Quanto sia pericolosa la sete di denaro è un dato che la storia dell’uomo ha sperimentato da sempre e, sperando di non essere blasfema, mi piace credere che persino nella sua passione Cristo abbia voluto che il tradimento di Giuda fosse pagato in moneta (e non con una carica istituzionale o altro elemento di corruzione) come ultimo estremo monito contro le facili ricchezze e le loro tremende conseguenze. Giuda decide di pagare con la vita, la sua, l’errore commesso. Noi ci stiamo abituando a lasciare impuniti coloro che per sete di ricchezza provocano la morte altrui.  ☺

giuliadp@msn.com

 

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