Deriva petrolifera
2 Ottobre 2015 Share

Deriva petrolifera

Il sessantacinque percento del territorio molisano, tra mare e terraferma, è interessato attualmente da progetti di ispezione, estrazione e coltivazione di idrocarburi. Altro che rinnovabili, insomma. Questo è il frutto dell’insana politica energetica del governo Renzi, che con lo Sblocca Italia ha firmato una delega in bianco ai petrolieri, concedendo loro così tante agevolazioni da candidare l’Italia stessa al ruolo di “ottava sorella” (con l’espressione Sette sorelle, lo ricordiamo, Enrico Mattei chiamava le grandi compagnie petrolifere mondiali). Mentre persino i vecchi paesi Opec, i principali esportatori di petrolio del Pianeta, stanno rincorrendo gli europei nella volata che porta al traguardo delle emissioni zero, affiancandosi e a volte superando il gruppetto di testa, il Sindaco d’Italia ha pensato bene di modificare la sua bici con un motore a scoppio. Che, ahinoi, ha un problema al cambio: funziona solo la retromarcia. Così, a passo di gambero, torniamo indietro di vent’anni, fregandocene allegramente degli obiettivi di Europa 2020, della salute dei cittadini, dell’ecosistema e dei nostri, finora meravigliosi, mari.

Volendo vedere il bicchiere mezzo pieno, ancora una volta, alla sudditanza della politica nei confronti dei poteri forti sta rispondendo la società civile. Negli ultimi mesi son nati in tutta Italia dei comitati anti trivelle, si sono organizzati e confrontati, arruolando anche volontari esperti della materia, che le stanno cantando ai governanti “non udenti”. E da quest’estate anche il Molise può contare su di un gruppo di giovani volenterosi che lavora senza sosta per studiare il problema ed informare i cittadini più pigri e gli struzzi. Perché solo “il più grande dei pennuti viventi” può non essersi accorto che, ovunque si cercasse refrigerio all’estate rovente che ancora tarda a salutarci, era possibile scorgere all’orizzonte qualche pozzo. Con i 17 interventi, aggiornati allo scorso anno, il solo Molise ha svenduto circa duecentonovantamila ettari (il 65,3% del territorio). E, tanto per fare un esempio, sempre nel 2014, risultava in fase di approvazione un permesso di prospezione per 1252 ettari nel mare antistante le Marche, l’Abruzzo e lo stesso Molise, ad opera della Spectrum Geo. Una gran bella macchia nero-petrolio in Adriatico, insomma. Che nel frattempo, stando alle complesse ricerche portate avanti dai ragazzi di “Trivelle Zero Molise”, pare essersi estesa minacciando anche la Puglia, fino a Brindisi.

Ma com’è stato possibile? Con l’articolo 38 dello Sblocca Italia, il governo avoca a sé le decisioni in materia di politiche energetiche, anche qualora ledano gli interessi di regioni ed Enti Locali. E, come se non bastasse, prevede il rilascio di titoli di concessione unici (leggasi semplificati) che permettono l’esproprio per pubblica utilità dinnanzi al solo dubbio che nel terreno sottostante siano stipati gas o petrolio. Direte: ma ci sarà un modo per verificare la presenza di idrocarburi prima di espropriare e perforare? Certo. Ma anche qui si aprono scenari apocalittici. Attualmente, la tecnica più utilizzata per “sondare il terreno” si chiama Airgun e consiste nel bombardare il sottosuolo con onde sonore, così forti da causare lo spiaggiamento di cetacei nel raggio di trecento chilometri. Ricordate i sette capodogli spiaggiati a Vasto un anno fa? Secondo Legambiente, il rumore prodotto dall’airgun è, in proporzione, centomila volte più forte di quello generato dal motore di un jet. E dove sono i nostri amministratori? Qualche settimana fa, alcuni governatori delle regioni costiere si sono riuniti a Termoli, stilando un manifesto contro le trivellazioni. A dirla tutta, il nostro presidente è stato tra gli ultimi del gruppo a prendere posizione, ma meglio tardi che mai. E proprio in chiusura di questo numero (siamo al 22 settembre) il nostro consiglio regionale ha votato, all’unanimità dei presenti, due bozze di referendum popolare per l’abrogazione del famigerato articolo 38 dello Sblocca Italia e dell’articolo 35 del Decreto Sviluppo. Quest’ultimo, per la cronaca, se da un lato introduceva il limite delle dodici miglia dalla costa – e dal perimetro delle aree marine protette – per i progetti di ispezione, estrazione e coltivazione di idrocarburi, dall’altro non si applicava a quelli già presentati alla data di entrata in vigore. In soldoni, troverebbe applicazione quando gran parte delle nostre acque territoriali sarà già in mano ai petrolieri.

Ora, con i governatori di sette regioni che – una volta espropriati del potere sussidiario – hanno finalmente puntato i piedi, inizia la più delicata opera di informazione e mobilitazione dei cittadini. In Abruzzo, ve lo abbiamo raccontato nei mesi scorsi, l’azione sinergica di comitati, sindaci, commercianti e chiesa, ha portato in piazza sessantamila persone nella sola marcia contro le trivelle di Lanciano. E in Molise come siamo messi? Ad oggi, nonostante gli sforzi profusi dai giovanissimi fondatori del comitato Trivelle Zero, la partecipazione del popolo sovrano non è ancora pressoché pervenuta. Allora urge uno degli appelli de la fonte, affinché anche altre associazioni, dopo la Fondazione Don Milani, l’Aiab e Libertà e Giustizia, abbraccino la battaglia contro la deriva petrolifera dell’ottava sorella. C’è davvero bisogno dell’impegno di tutti.☺

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