deriva sociale
13 Aprile 2010 Share

deriva sociale

 

Vorremmo tanto poter finalmente trattare argomenti in positivo e non sempre dover evidenziare situazioni di negatività o, comunque, di grande difficoltà.

Alla crisi generalizzata sul piano regionale e nazionale si aggiunge quella internazionale: il crac finanziario di questo periodo è di dimensioni gigantesche che ha messo in ginocchio il mondo intero. A breve avremo riflessi anche sull’andamen- to economico: i nostri esperti economici già prevedono per l’anno prossimo una riduzione dello 0,5% del PIL. Siamo in recessione economica.

Le responsabilità della politica americana, in particolare, e di quelle dei paesi occidentali, e tra queste quella italiana, non possono usare i termini esatti della crisi e sono costretti a fare giri di parole perché sono i veri responsabili della debacle mondiale.

Essi hanno sostenuto per anni che il mercato senza regole era capace di governarsi da solo. L’assenza di regole non è la patria della libertà, ma una giungla in cui i più forti prevalgono senza scrupoli a danno dei più deboli. Perché il mercato funzioni occorrono regole ed etica, proprio quelle che sono mancate. La ricerca del profitto a tutti i costi, l’assenza di trasparenza nella contabilità non portano benessere, ma sfociano nella dittatura economica e poi politica.

Cade in questo modo il modello Berlusconi: giovani “fichetti” in cravatta alla conquista dei mercati, belli e ben vestiti per l’appeal popolare, reverenza totale al capo che sceglie in nome e per conto del popolo. Il berlusconismo, come il reaganismo, è in crisi. E la crisi viene proprio dal settore economico, quello che ha fatto ricco Berlusconi.

Non siamo al panico; il sistema bancario italiano offre ampie garanzie ai cittadini, ma voler sottovalutare il problema finanziario ed economico significa voler evitare di affrontare la questione per non dover prendere atto del fallimento politico di un modello di società, dalla quale erano stati esclusi solidarietà e sussidarietà. Xenofobismo e razzismo sono figli di una cultura basata sul profitto senza etica e morale.

Il tentativo di cambiare le regole del gioco, anche la Costituzione, a colpi di decreto o di provvedimenti ad personam è l’atto finale di questo modello perverso di organizzazione del sistema sociale, dove tutto è lecito e tutto è dovuto a chi comanda.

La nostra regione, che per altri settori è palesemente indietro, ha adottato molto bene, invece, il modello politico nazionale.

Siamo la regione dei derivati, del debito pubblico molto alto, del debito nella sanità, siamo in continuo affanno ormai privi di autonomia decisionale, ma non abbiamo il coraggio di dire la verità, di assumere le responsabilità e porre un freno alla deriva sociale della nostra piccola realtà. Anche qui, per non affrontare il fallimento politico di un modello e di un sistema, si stanno modificando le regole del gioco, lo Statuto, con decreti e delibere. In altre parole stiamo mettendo in discussione i cardini della vita democratica.

La politica deve assolutamente cambiare status, ritornare ad essere guida del popolo, fare autocritica e cambiare rotta, laddove si accorge di errori o di provvedimenti non utili alla popolazione. Dal profitto per se stessi o per se stessa, tornare al coinvolgimento, al lavoro per il bene comune.

Cito  la questione sanità, già trattata dalla nostra testata.

In Consiglio regionale c’è stato un animato dibattito per l’approvazione del piano sanitario   con una difesa a tutto campo da parte della maggioranza delle scelte fatte, negando debiti, sovrapposizione di strutture, aumenti inutili di spesa, servizi poco credibili.

Sarebbe stato molto apprezzato, invece, riconoscere l’errata impostazione già della legge regionale di riordino del sistema sanitario regionale, il debito sempre crescente ed elaborare un piano condiviso. Tutto questo non è accaduto, anzi i pochi consiglieri di minoranza sono stati messi quasi sotto accusa. Oggi però tutti i rilievi mossi a quel piano trovano conferma nell’intervento del Ministero della Salute. Sono stati persi mesi preziosi e fatto un ulteriore danno al popolo molisano.

La legge sul sistema sanitario regionale e, di conseguenza, il piano regionale devono essere   emendati. Il Ministero infatti ha disposto che:

– vanno eliminate le quattro zone territoriali (che rappresentavano solo un aggravio di spesa, come era ampiamente emerso nel dibattito consiliare);

– va ridotto il numero dei distretti socio-sanitari passando da tredici a sette (altra questione evidenziata nel dibattito consiliare);

– è necessario prevedere una unica gestione contabile.

Noi speriamo sempre che si possa tornare ad un impegno politico serio e rispettoso delle esigenze delle comunità e finisca l’epoca della politica mediatica, degli affari e delle ricchezze. Ma forse ci sta pensando la politica finanziaria dissennata dell’America a far tornare tutti con i piedi per  terra. ☺

mario@ialenti.it

 

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