Difendere la democrazia
11 Maggio 2016
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Difendere la democrazia

Come al solito sono in ritardo per consegnare il mio contributo per la fonte. Ma questa volta ho avuto un motivo valido: volevo aspettare i risultati del referendum del 17 aprile, volevo festeggiare la vittoria della ragione e della democrazia. Invece… nel comune dove sono ospite, dei 1.175 elettori, solo 398 sono andati a votare! E anche se 83,72% di questi elettori hanno votato SI, questa è una consolazione troppo piccola, sopratutto considerando che ci troviamo in una delle regioni maggiormente interessate dal problema delle trivellazioni…

Sono cresciuta ed ho vissuto in un paese dove governava un solo partito, una specie di “partito della nazione”, e non esisteva il metodo del referendum per dare al popolo la possibilità di esprimere la sua volontà. Io ero membro di quel partito, ed ero abituata ad accettare l’opinione del mio partito, perché da piccola avevo sentito la canzone “Il partito sempre ha ragione”. Dal giorno che il mio paese è stato annesso dall’altra Germania, non ho smesso di riflettere sulle ragioni che hanno condotto alla sua sparizione, a quella del “grande partito” e tutto il resto. È stato molto doloroso capire finalmente che era stato proprio il nostro atteggiamento di membri del partito che aveva contribuito alla morte lenta del paese.

Forse per voi, cari lettori di queste righe, è difficile capire perché persone adulte, più o meno intelligenti, abbiano potuto spegnere il proprio cervello, lasciando a un partito il compito di decidere cosa fosse giusto e cosa sbagliato. Ma è stato proprio così, lo devo confessare, e nel confessarlo sento ancora oggi vergogna.

Tre giorni prima del referendum sulle trivellazioni, in pullman verso Termoli, ho conosciuto un signore anziano, residente in uno dei piccoli paesi vicino Bonefro. Non so come, ma dopo un po’, la nostra conversazione ha avuto per oggetto la bellezza del mare, del Molise, del paesaggio, fino alla freschezza dell’acqua, al verde dei boschi, a tutto quello che la piccola regione offre ai suoi abitanti e a tutto quello che il Molise potrebbe offrire a turisti di altri paesi. Ed è stato naturale che alla fine abbiamo parlato del referendum. Prima che io potessi chiedere al signore la sua opinione in merito, lui mi ha detto, orgoglioso, che aveva deciso di astenersi dal voto. E subito, con lo stesso orgoglio, che lo faceva perché il capo del suo partito aveva detto che era meglio astenersi.

Stavamo entrando al terminal dei pullman di Termoli, e non c’era più il tempo di fargli le domande che mi venivano alla mente. Per un attimo ho pensato di invitarlo a prendere un caffè per continuare la conversazione, ma ho lasciato perdere, perché immediatamente mi sono riconosciuta in lui. Ho visto nel suo orgoglio di “buon militante di partito” il mio orgoglio di trenta anni fa, quando ancora non avevo capito che “un buon membro di partito” deve, prima di tutto e più di altra cosa, pensare sempre con la propria testa.

Quando ho visto, nella notte tra il 17 e il 18 aprile, i risultati del referendum, ho avuto, come un lampo, il ricordo di quell’ uomo che, a Termoli, si era allontanato dal terminal in mezzo a un gruppo di persone, tutte adulte, tutte in età per votare. Penso che il signore del pullman avrà parlato anche con loro del referendum, e forse ha cercato, o è riuscito, a convincerli a non andare al voto. Anche adesso, quando scrivo, rivedo nella mia mente la sua figura, e mi invade una grande tristezza.

So che non avrei dovuto lasciar perdere, so che avrei dovuto dire a quell’ uomo: “Avete una democrazia, proteggetela, non lasciatela ferire dalla indifferenza e dalla comodità; per vostra fortuna, per difendere la democrazia, dovete fare delle scelte pensate, non dovete prendere in mano un fucile, solo dovete prendere, come ha detto Borsellino, una matita!!!”.

 

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