Articolo 4 – La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.
La storia
Nel progetto originario l’articolo faceva parte del Titolo sui Rapporti economici. In un secondo momento fu deciso di inserirlo fra i Principi fondamentali per sottolineare che il diritto al lavoro non rappresentava una norma giuridica, ma un principio programmatico e un invito al legislatore affinché si adoperasse per rendere possibile una politica volta alla riduzione della disoccupazione e a promuovere la piena occupazione (garantire un lavoro a ciascun cittadino).
Il secondo comma fu approvato dopo un acceso dibattito. In origine, infatti, l’art. 4 prevedeva un terzo comma che stabiliva una sanzione – la decadenza dall’esercizio dei diritti politici (per esempio, il diritto di voto e di eleggibilità) – per quei cittadini che non avessero adempiuto al dovere di lavorare. Il terzo comma fu soppresso dall’Assemblea con una votazione a scrutinio segreto (235 favorevoli, 120 contrari). Dopo la soppressione, il secondo comma assunse un significato di principio morale e, per questo, non si prevedeva più alcuna sanzione per la sua inadempienza.
Commento
L’art. 4 ha posto al legislatore notevoli problemi di interpretazione perché il lavoro non è semplicemente un’attività che concorre al progresso della società, ma costituisce la fonte di sostentamento dell’ individuo. Nel corso degli anni si sono scontrati due indirizzi: uno ha fatto coincidere il primo comma dell’art. 4 con il diritto ad avere un posto di lavoro e a conservarlo; l’altro ha identificato il diritto al lavoro in un principio volto a vincolare le istituzioni e la collettività all’obiettivo programmatico di assicurare a ogni individuo lo svolgimento di un’attività idonea a consentirgli una dignitosa qualità di vita.
La più importante applicazione dell’art. 4 si è avuta con la Legge 300/1970 nota come Statuto dei lavoratori: questo provvedimento ha stabilito fondamentali norme a tutela dei diritti personali e sindacali (favorendo l’attività dei sindacati nei luoghi di lavoro). Inoltre, lo Statuto ha posto dei precisi limiti ai poteri degli imprenditori e ha imposto il rispetto della libertà, della sicurezza e della dignità dei lavoratori subordinati.
La crisi con le visioni superficiali e bloccate che l’uso attuale veicola, è entrata, più o meno legittimamente, a far parte del nostro orizzonte di vita. La condizione culturale e psicologica e il progetto politico economico dell’Italia e di questo pezzo di mondo sembrano aver subito un’accelerazione improvvisa, irreversibile e ingovernabile. Un aumento senza precedenti della disoccupazione, della sottoccupazione e del lavoro informale a livello mondiale, aggrava ulteriormente i problemi già presenti nel mondo del lavoro (non nel “mercato del lavoro” perché questo non é un prodotto, ma un’attività umana facente parte dell’impresa che produce “prodotti da mercato”, insieme al capitale e all’imprenditore variamente definito). Siamo testimoni di un cammino schizoide (scisso) tra propositi formali di rilievo mondiale e locale in contrapposizione ad una incertezza, anzi sudditanza alle dinamiche che hanno, di fatto, distrutto il lavoro, il suo concetto umano, sociale ed economico, come se si potesse dare una produzione di prodotti di qualità per il mercato senza la rilevanza indispensabile e non marginale dei lavoratori o del lavoro necessario.
Nel 2009, novantesimo della nascita dell’I.L.O. (1919) o, in italiano, O.I.L. (Orga- nizzazione Internazionale del Lavoro) la conferenza mondiale tripartita (ovvero governi, imprenditori e sindacati) in rappresentanza di 183 nazioni svoltasi a Ginevra (15-17 giugno) ha redatto e sottoscritto un patto dal titolo Superare la crisi: un patto globale per l’occupazione. Si dice nella premessa che “il patto guarda oltre l’immediata ripresa economica e si rivolge anche al futuro. Quattro sono le aree di rilievo: (1) un quadro di regolamentazione e vigilanza del settore finanziario, che deve essere al servizio dell’economia reale, delle imprese sostenibili e del lavoro dignitoso; (2) scambi e mercati efficienti e ben regolamentati a vantaggio di tutti, senza ricorrere a misure protezionistiche ma avendo particolare riguardo per i paesi più poveri; (3) il passaggio ad un’economia a bassa emissione di carbonio e rispettosa dell’ambiente; (4) un sentiero di sviluppo che aiuti tutti i paesi – incluse le economie in via di sviluppo – a porre l’occupazione e la protezione sociale al centro delle politiche economiche, sociali, e di riduzione della povertà, supportate a livello internazionale”. Nel messaggio per “la giornata mondiale per la giustizia sociale” (20 febbraio 2014) l’attuale Presidente dell’ILO, traccia brevemente questo bilancio: “Sei anni di ripresa economica lenta e risposte politiche incerte hanno lasciato indietro milioni di altre persone, senza un lavoro e con i prezzi degli alimenti e dei servizi che continuavano ad aumentare. Ci troviamo quindi di fronte ad una crisi sociale profonda, che è anche una crisi della giustizia sociale. Preoccupano profondamente le tensioni e i crescenti livelli di diseguaglianza nelle economie avanzate e in via di sviluppo. Attualmente, l’1% della popolazione globale ha nelle sue mani la stessa ricchezza di 3,5 miliardi di persone tra le più povere del pianeta. I responsabili politici sono pronti a rispondere?”. ☺
Articolo 4 – La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.
La storia
Nel progetto originario l’articolo faceva parte del Titolo sui Rapporti economici. In un secondo momento fu deciso di inserirlo fra i Principi fondamentali per sottolineare che il diritto al lavoro non rappresentava una norma giuridica, ma un principio programmatico e un invito al legislatore affinché si adoperasse per rendere possibile una politica volta alla riduzione della disoccupazione e a promuovere la piena occupazione (garantire un lavoro a ciascun cittadino).
Il secondo comma fu approvato dopo un acceso dibattito. In origine, infatti, l’art. 4 prevedeva un terzo comma che stabiliva una sanzione – la decadenza dall’esercizio dei diritti politici (per esempio, il diritto di voto e di eleggibilità) – per quei cittadini che non avessero adempiuto al dovere di lavorare. Il terzo comma fu soppresso dall’Assemblea con una votazione a scrutinio segreto (235 favorevoli, 120 contrari). Dopo la soppressione, il secondo comma assunse un significato di principio morale e, per questo, non si prevedeva più alcuna sanzione per la sua inadempienza.
Commento
L’art. 4 ha posto al legislatore notevoli problemi di interpretazione perché il lavoro non è semplicemente un’attività che concorre al progresso della società, ma costituisce la fonte di sostentamento dell’ individuo. Nel corso degli anni si sono scontrati due indirizzi: uno ha fatto coincidere il primo comma dell’art. 4 con il diritto ad avere un posto di lavoro e a conservarlo; l’altro ha identificato il diritto al lavoro in un principio volto a vincolare le istituzioni e la collettività all’obiettivo programmatico di assicurare a ogni individuo lo svolgimento di un’attività idonea a consentirgli una dignitosa qualità di vita.
La più importante applicazione dell’art. 4 si è avuta con la Legge 300/1970 nota come Statuto dei lavoratori: questo provvedimento ha stabilito fondamentali norme a tutela dei diritti personali e sindacali (favorendo l’attività dei sindacati nei luoghi di lavoro). Inoltre, lo Statuto ha posto dei precisi limiti ai poteri degli imprenditori e ha imposto il rispetto della libertà, della sicurezza e della dignità dei lavoratori subordinati.
La crisi con le visioni superficiali e bloccate che l’uso attuale veicola, è entrata, più o meno legittimamente, a far parte del nostro orizzonte di vita. La condizione culturale e psicologica e il progetto politico economico dell’Italia e di questo pezzo di mondo sembrano aver subito un’accelerazione improvvisa, irreversibile e ingovernabile. Un aumento senza precedenti della disoccupazione, della sottoccupazione e del lavoro informale a livello mondiale, aggrava ulteriormente i problemi già presenti nel mondo del lavoro (non nel “mercato del lavoro” perché questo non é un prodotto, ma un’attività umana facente parte dell’impresa che produce “prodotti da mercato”, insieme al capitale e all’imprenditore variamente definito). Siamo testimoni di un cammino schizoide (scisso) tra propositi formali di rilievo mondiale e locale in contrapposizione ad una incertezza, anzi sudditanza alle dinamiche che hanno, di fatto, distrutto il lavoro, il suo concetto umano, sociale ed economico, come se si potesse dare una produzione di prodotti di qualità per il mercato senza la rilevanza indispensabile e non marginale dei lavoratori o del lavoro necessario.
Nel 2009, novantesimo della nascita dell’I.L.O. (1919) o, in italiano, O.I.L. (Orga- nizzazione Internazionale del Lavoro) la conferenza mondiale tripartita (ovvero governi, imprenditori e sindacati) in rappresentanza di 183 nazioni svoltasi a Ginevra (15-17 giugno) ha redatto e sottoscritto un patto dal titolo Superare la crisi: un patto globale per l’occupazione. Si dice nella premessa che “il patto guarda oltre l’immediata ripresa economica e si rivolge anche al futuro. Quattro sono le aree di rilievo: (1) un quadro di regolamentazione e vigilanza del settore finanziario, che deve essere al servizio dell’economia reale, delle imprese sostenibili e del lavoro dignitoso; (2) scambi e mercati efficienti e ben regolamentati a vantaggio di tutti, senza ricorrere a misure protezionistiche ma avendo particolare riguardo per i paesi più poveri; (3) il passaggio ad un’economia a bassa emissione di carbonio e rispettosa dell’ambiente; (4) un sentiero di sviluppo che aiuti tutti i paesi – incluse le economie in via di sviluppo – a porre l’occupazione e la protezione sociale al centro delle politiche economiche, sociali, e di riduzione della povertà, supportate a livello internazionale”. Nel messaggio per “la giornata mondiale per la giustizia sociale” (20 febbraio 2014) l’attuale Presidente dell’ILO, traccia brevemente questo bilancio: “Sei anni di ripresa economica lenta e risposte politiche incerte hanno lasciato indietro milioni di altre persone, senza un lavoro e con i prezzi degli alimenti e dei servizi che continuavano ad aumentare. Ci troviamo quindi di fronte ad una crisi sociale profonda, che è anche una crisi della giustizia sociale. Preoccupano profondamente le tensioni e i crescenti livelli di diseguaglianza nelle economie avanzate e in via di sviluppo. Attualmente, l’1% della popolazione globale ha nelle sue mani la stessa ricchezza di 3,5 miliardi di persone tra le più povere del pianeta. I responsabili politici sono pronti a rispondere?”. ☺
Articolo 4 - La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Articolo 4 – La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.
La storia
Nel progetto originario l’articolo faceva parte del Titolo sui Rapporti economici. In un secondo momento fu deciso di inserirlo fra i Principi fondamentali per sottolineare che il diritto al lavoro non rappresentava una norma giuridica, ma un principio programmatico e un invito al legislatore affinché si adoperasse per rendere possibile una politica volta alla riduzione della disoccupazione e a promuovere la piena occupazione (garantire un lavoro a ciascun cittadino).
Il secondo comma fu approvato dopo un acceso dibattito. In origine, infatti, l’art. 4 prevedeva un terzo comma che stabiliva una sanzione – la decadenza dall’esercizio dei diritti politici (per esempio, il diritto di voto e di eleggibilità) – per quei cittadini che non avessero adempiuto al dovere di lavorare. Il terzo comma fu soppresso dall’Assemblea con una votazione a scrutinio segreto (235 favorevoli, 120 contrari). Dopo la soppressione, il secondo comma assunse un significato di principio morale e, per questo, non si prevedeva più alcuna sanzione per la sua inadempienza.
Commento
L’art. 4 ha posto al legislatore notevoli problemi di interpretazione perché il lavoro non è semplicemente un’attività che concorre al progresso della società, ma costituisce la fonte di sostentamento dell’ individuo. Nel corso degli anni si sono scontrati due indirizzi: uno ha fatto coincidere il primo comma dell’art. 4 con il diritto ad avere un posto di lavoro e a conservarlo; l’altro ha identificato il diritto al lavoro in un principio volto a vincolare le istituzioni e la collettività all’obiettivo programmatico di assicurare a ogni individuo lo svolgimento di un’attività idonea a consentirgli una dignitosa qualità di vita.
La più importante applicazione dell’art. 4 si è avuta con la Legge 300/1970 nota come Statuto dei lavoratori: questo provvedimento ha stabilito fondamentali norme a tutela dei diritti personali e sindacali (favorendo l’attività dei sindacati nei luoghi di lavoro). Inoltre, lo Statuto ha posto dei precisi limiti ai poteri degli imprenditori e ha imposto il rispetto della libertà, della sicurezza e della dignità dei lavoratori subordinati.
La crisi con le visioni superficiali e bloccate che l’uso attuale veicola, è entrata, più o meno legittimamente, a far parte del nostro orizzonte di vita. La condizione culturale e psicologica e il progetto politico economico dell’Italia e di questo pezzo di mondo sembrano aver subito un’accelerazione improvvisa, irreversibile e ingovernabile. Un aumento senza precedenti della disoccupazione, della sottoccupazione e del lavoro informale a livello mondiale, aggrava ulteriormente i problemi già presenti nel mondo del lavoro (non nel “mercato del lavoro” perché questo non é un prodotto, ma un’attività umana facente parte dell’impresa che produce “prodotti da mercato”, insieme al capitale e all’imprenditore variamente definito). Siamo testimoni di un cammino schizoide (scisso) tra propositi formali di rilievo mondiale e locale in contrapposizione ad una incertezza, anzi sudditanza alle dinamiche che hanno, di fatto, distrutto il lavoro, il suo concetto umano, sociale ed economico, come se si potesse dare una produzione di prodotti di qualità per il mercato senza la rilevanza indispensabile e non marginale dei lavoratori o del lavoro necessario.
Nel 2009, novantesimo della nascita dell’I.L.O. (1919) o, in italiano, O.I.L. (Orga- nizzazione Internazionale del Lavoro) la conferenza mondiale tripartita (ovvero governi, imprenditori e sindacati) in rappresentanza di 183 nazioni svoltasi a Ginevra (15-17 giugno) ha redatto e sottoscritto un patto dal titolo Superare la crisi: un patto globale per l’occupazione. Si dice nella premessa che “il patto guarda oltre l’immediata ripresa economica e si rivolge anche al futuro. Quattro sono le aree di rilievo: (1) un quadro di regolamentazione e vigilanza del settore finanziario, che deve essere al servizio dell’economia reale, delle imprese sostenibili e del lavoro dignitoso; (2) scambi e mercati efficienti e ben regolamentati a vantaggio di tutti, senza ricorrere a misure protezionistiche ma avendo particolare riguardo per i paesi più poveri; (3) il passaggio ad un’economia a bassa emissione di carbonio e rispettosa dell’ambiente; (4) un sentiero di sviluppo che aiuti tutti i paesi – incluse le economie in via di sviluppo – a porre l’occupazione e la protezione sociale al centro delle politiche economiche, sociali, e di riduzione della povertà, supportate a livello internazionale”. Nel messaggio per “la giornata mondiale per la giustizia sociale” (20 febbraio 2014) l’attuale Presidente dell’ILO, traccia brevemente questo bilancio: “Sei anni di ripresa economica lenta e risposte politiche incerte hanno lasciato indietro milioni di altre persone, senza un lavoro e con i prezzi degli alimenti e dei servizi che continuavano ad aumentare. Ci troviamo quindi di fronte ad una crisi sociale profonda, che è anche una crisi della giustizia sociale. Preoccupano profondamente le tensioni e i crescenti livelli di diseguaglianza nelle economie avanzate e in via di sviluppo. Attualmente, l’1% della popolazione globale ha nelle sue mani la stessa ricchezza di 3,5 miliardi di persone tra le più povere del pianeta. I responsabili politici sono pronti a rispondere?”. ☺
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