disarmare i mercati   di Antonella Di Crescenzo
30 Maggio 2012 Share

disarmare i mercati di Antonella Di Crescenzo

 

“Occorre disarmare i mercati per poter parlare di futuro. La crisi morde, attanaglia, non dà respiro, investe l’economia e la società, l’ambiente e le condizioni di vita, la democrazia e le relazioni sociali”, Marco Bersani di Attac Italia ha analizzato in questo modo la situazione mondiale di oggi indicando alcune possibili vie di uscita.

L’intervento “Uscire dalla crisi: la nuova narrazione dei beni comuni e della democrazia partecipativa” ha sbugiardato quaranta anni di modello neoliberista durante l’assemblea nazionale di Pax Christi,  a Termoli il 28 e 29 aprile scorsi, dal titolo “Pace è bene comune”.

L’enorme espansione dei mercati finanziari ha prodotto esiti da incubo e Bersani ha citato dati che esprimono la portata dei movimenti di capitale fittizio: “gli scambi di valute all’interno del sistema finanziario hanno oggi superato i 3.000 miliardi di dollari al giorno a fronte di un commercio transfrontaliero di beni di 10.000 miliardi di dollari l’anno; i prodotti finanziari derivati, negoziati sui mercati non regolamentati “over the counter” hanno raggiunto una cifra pari a 12/15 volte l’intero Pil del pianeta”.

Bersani ha poi sottolineato la necessità da parte del modello capitalistico di mettere a “valorizzazione finanziaria” la vita delle persone che si sono viste via via smantellare tutta una serie di diritti che riguardano il lavoro e lo stato sociale mentre i capitali finanziari hanno preso d’assalto la natura, i beni comuni e i servizi pubblici locali.

È stato il movimento per l’acqua e la straordinaria vittoria referendaria del giugno 2011 che ha spezzato quella catena culturale che per decenni aveva legato le persone all’idea della indiscutibilità del pensiero unico del mercato e ha fatto irrompere nell’ immaginario collettivo la categoria dei beni comuni e, accanto a questa novità, si è fatta sempre più determinata l’esigenza di nuove forme di partecipazione democratica.

Un'altra questione affrontata da Bersani riguarda lo shock del debito che è la risposta costruita su misura per contrastare questa nuova insorgenza democratica: il debito pubblico direttamente provocato dalle politiche liberiste attraverso la riduzione delle imposte sui redditi da capitale, la spinta all’elusione e all’evasione fiscale e la corruzione generalizzata nella gestione della cosa pubblica viene spiegato come una sorta di colpa collettiva la cui espiazione rende inevitabili anni di rigore, austerità e sacrifici da accettare con “mesta rassegnazione”. È evidente come l’etimologia della parola crisis, che significa scelta – ha puntualizzato l’esponente di Attac Italia – ponga ai movimenti sociali la necessità di una nuova consapevolezza sull’insostenibilità strutturale di tale modello e di un salto di qualità nell’azione collettiva.

È crisi della democrazia strozzata dall’at- tacco delle politiche liberiste e monetariste della BCE e dei poteri forti verso i diritti collettivi e lo stato sociale di ogni singolo paese e nello stesso tempo è crisi nella relazione tra movimenti e politica, tra democrazia diretta e democrazia rappresentativa.

Spazio è stato poi riservato alla riflessione sul ruolo dei partiti, organizzazioni di massa che, fino agli anni ’70, davano rappresentanza politica e collegavano in piena osmosi l’espressione dei bisogni da parte della società anche attraverso le grandi organizzazioni sindacali e associative: “Oggi i partiti sono quasi sempre luoghi autoreferenziali che leggono la realtà come proiezione delle proprie analisi sempre più inadeguate, o sedi di interessi particolaristici di piccola bottega o di vero clan.”

Insufficiente – spiega ancora Bersani – l’elaborazione da parte dei movimenti sociali in merito alla complessità del tema che spesso si risolve con l’antipolitica oppure attraverso incursioni nella politica “con gli inevitabili corollari di delega, leadership carismatica e contrattazione nel mercato della rappresentanza”.

È necessario, pertanto, aprire una vasta mobilitazione per la riappropriazione sociale dei beni comuni, della finanza e della democrazia: “Occorre sottrarre al mantra della redditività finanziaria i beni comuni naturali e sociali che sono essenziali alla vita e alla dignità della stessa; occorrono politiche di controllo democratico dei capitali finanziari e di risocializzazione del credito, a partire dall’enorme patrimonio collettivo raccolto dalla Cassa Depositi e Prestiti; occorre una lotta contro le politiche monetariste europee e l’attuale patto di stabilità per sottrarvi tutte le risorse destinate agli investimenti per i beni comuni e il welfare collettivo, occorre prendere di petto l’artificio del debito, rimettendone in discussione i presupposti e i pagamenti”.

Diventa fondamentale, dunque, la costruzione di una grande coalizione sociale in cui forze sindacali, politiche, associative e culturali facciano fronte comune per cingere d’assedio quei luoghi oggi impermeabili della decisionalità politica, per realizzare una democrazia partecipativa per un nuovo modello economico e sociale. ☺

 

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