Diversamente felice
28 Aprile 2017
La Fonte (351 articles)
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Diversamente felice

“Invito fermamente tutti a non avere pietà di me. Io sono diversamente abile e sto cercando di essere diversamente felice. Non sono meno di voi, ma solo radicalmente diverso”.
È così che Federico De Rosa, 23 anni, cerca di dare picconate all’idea che l’autismo sia una prigione chiusa al mondo esterno, la condanna ad un isolamento senza possibilità di uscita e di comunicazione.
E visto che aprile è, come ben sa chi lavora nella scuola, mese dedicato alla scelta dei nuovi libri di testo per il futuro anno scolastico, mi piace lanciare qui, come proposta di lettura collettiva per i nostri ragazzi, in aula, “L’isola di Noi. Guida al paese dell’autismo” (San Paolo, euro 14,50, pagg. 144), il suo secondo libro, in cui immagina una vera e propria spedizione turistica in un mondo popolato da persone autistiche, con tanto di scuola, cinema, chiesa, ospedale, dove però tutto è strutturato in modo da assecondare un altro genere di approccio agli stimoli esterni, che si differenzia molto da quello caratteristico dei neurotipici, i quali in quel mondo si sentono… diversi. Un libro, come afferma lui stesso, indirizzato a quanti non conoscono bene l’autismo e possono così accostarvisi con più consapevolezza, ma soprattutto ai genitori di tanti figli autistici che soffrono perché non riescono a comprendere questi loro familiari: “Aiutandoli a comprendere come funziona la loro mente – dice Federico – credo di poter contribuire a riaccendere la speranza di un futuro più luminoso”. Un consiglio che sente di dare a quei genitori il cui “grido di dolore” lo fa soffrire, è di “non mollare mai”. Fare sempre ogni cosa pensando che il proprio figlio capisca tutto, ma soprattutto senta l’amore. “L’amore ha una forza risanatrice e non domanda nulla. Crescere insieme a chi cresce, come con ogni figlio, ma con più pazienza. Questo consiglio. Far emergere la persona in superficie, liberandola dagli stereotipi e i pregiudizi dietro i quali è rintanata”.
È solare, Federico. Ha le idee chiare e energia da vendere. Non riesce a parlare, ma si esprime con estrema fluidità scrivendo, ed interviene mediante il computer in numerose conferenze e dibattiti, grazie ad un metodo che punta alla sua graduale ma totale autonomia. “Sta ancora lavorando per riuscire a farsi una doccia – dice papà Oreste – ma ha una profonda capacità di analisi, fa ricorso all’ironia e i suoi punti di vista sanno essere spiazzanti”. È proprio il padre, insieme con la madre Paola e i fratelli Arianna e Leonardo, ad aver contribuito in maniera determinante allo sbocciare di Federico, certo grazie anche alla collaborazione di strutture ospedaliere di eccellenza e grazie ad una diagnosi precoce e precisa che ha permesso un lungo progetto di emancipazione e autonomia personale, tarata sulla sua forma di autismo.
Già, perché Federico stesso non parla di autismo ma di autismi. Non ci sono due soli autistici uguali tra loro, così come accade tra i cosiddetti neurotipici: meglio ancora, dice, è “parlare di spettro autistico, ossia di una griglia di configurazioni mentali diverse tra loro che conservano però una matrice comune nella difficoltà di relazione con la realtà e con le persone”.
Sarebbe bello, per i nostri ragazzi, confrontarsi con la diversità, presunta o reale che sia: quanto Federico sarà più diverso, ai nostri occhi, da quei compagni di classe che non ci piacciono e basta e teniamo lontani? E non saremo noi ad essere, agli occhi di un Federico, radicalmente “diversi”? Come succede all’alieno della “Sentinella” di Frederic Brown? Da leggere, magari come premessa a questo testo e ad un percorso qualsiasi sull’accoglienza dell’altro.
Quanto la scuola può aiutarci ad andare in palestra? Sì, in palestra. La palestra dell’educazione alla diversità, suo compito primario ed imprescindibile.
Proviamo a rifletterci sfogliando insieme ai nostri alunni questo testo. Federico è ottimista, ci incoraggia tutti: “Voglio essere uno strumento per far comprendere che forse per ognuno c’è una strada, un’avventura bellissima”. Meglio di così!
Buona scelta.

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