Do ut des
1 Aprile 2015 Share

Do ut des

La corruzione dilaga e pervade istituzioni e relazioni. Politici e amministratori sono in diverso modo spesso coinvolti e di conseguenza la legge contro la corruzione giace stancamente da anni in parlamento. Se ne riparla ad ogni nuovo scandalo eclatante e poi tutto viene riassorbito. Come la spuma dopo il passaggio di una imbarcazione. A voler fare un mero elenco di corrotti e fatti criminosi le pagine della rivista non basterebbero, se il giro di affari è calcolato intorno ai 600 miliardi di euro. Chi di noi, però, da vittima non diventerebbe complice del sistema perverso se per il ricovero ospedaliero urgente di un proprio caro – dati i tempi di attesa infinitamente lunghi, che in non pochi casi si rivelano fatali – gli venisse chiesto dal medico una bustarella con denaro contante? Ma possiamo rassegnarci ad un simile andazzo?

Bene fa papa Francesco a denunciare senza giri di parole una piaga che si annida anche nel cuore dei credenti e si ritorce sui più deboli; finalmente qualche timida, seppure ancora troppo isolata, voce si leva anche fra l’episcopato italiano, per decenni distratto se non connivente col potere politico in cambio di ritorni economici, quanto meno ai limiti della legalità. Se mi rivolgo ai cristiani cattolici è perché la corruzione che corrode ambiti centrali della nostra vita forse regola addirittura e trova fondamento nel nostro rapporto con la divinità. Smantellare una equivoca quanto infondata copertura teologica può essere utile per affrontare la lotta senza remore e con determinazione: “i tentativi da parte umana di indurre Dio e i santi con doni, preghiere, rituali o promesse, ad un intervento desiderato, per ottenere da essi protezione e aiuto, sono nel cristianesimo largamente diffusi anche oggi” (Norbert Reck). Do ut des (io ti do, affinché tu mi dia): offro un sacrificio aspettandomi qualcosa di reale, che sia una grazia spirituale o qualcosa di concreto; non è questa una forma evidente di tentativo di corruzione, che si ripete poi nel vivere civile? Eppure quanti la ritengono una cosa riprovevole? Eduardo De Filippo nella stupenda poesia Vincenzo De Pretore, diventata anche una brillante commedia, non poteva descrivere meglio quanto andiamo denunciando come piaga spirituale con ricadute sociali. Vincenzo, ladro per necessità, si era scelto san Giuseppe come protettore e dopo ogni furto onorava il santo con adeguati doni per garantirsi la giusta e doverosa protezione, anche per entrare in paradiso. Il tentativo di corrompere Dio è aberrazione, ma ne è esente la prassi del cattolicesimo popolare? Il protestantesimo nacque per combatterlo.

Nella Bibbia la possibilità di manipolare Dio con i sacrifici è respinta in modo fermo e deciso. Dio non obbedisce a nessun rito magico e non si lascia comprare. Gesù parlando del Padre suo e nostro afferma in modo perentorio: “Egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni e fa piovere per quelli che fanno il bene e per quelli che fanno il male” (Mt. 5,45). La forza sovversiva di questo versetto è meravigliosa perché respinge con decisione ogni tentativo di convincere Dio con offerte e sacrifici: non si può trasformare il Dio liberatore di schiavi in un dio da accaparrarsi con la propria abilità, da sedurre con atti devozionali. La fede è come l’amore: è vera nella misura in cui non serve a niente; come non si può comprare l’amore, se non si vuole ottenere disprezzo – Berlusconi insegna – allo stesso modo non si può comprare la benevolenza di Dio che è per tutti, a prescindere dalla risposta degli individui. Altro discorso è invece, ma ci porterebbe lontano, la certezza che Dio non è neutrale, ma di parte. Sta dalla parte delle vittime, dei perseguitati, di quelli che non possono farsi giustizia. Di questo devono solo prendere atto, non cercare ci convincerlo con le loro azioni.

Un Dio che libera non vuole nessuno soggiogato, perciò non si lascia corrompere: è il mondo capitalista che si basa su prestazioni date e ricevute in cambio. È inaccettabile un Dio che ti dona qualcosa in attesa del contraccambio. Dio è l’amico, non uno che deve essere corrotto perché si senta obbligato ad aiutare. Sono le mafie che offrono protezione in cambio di soggezione e purtroppo non poche volte questo sistema si è introdotto anche nel campo religioso o addirittura la perversione della fede ha ispirato il loro strutturarsi. E allora si “ordinano messe”, si accendono candele in chiesa, si fanno pellegrinaggi, si vivono privazioni per richiamare Dio o i santi sui propri problemi. Vincenzo De Pretore insegna! L’osmosi tra cristianesimo e impero ha finito per far sì che la chiesa anziché essere testimonianza profetica diventasse presenza istituzionale assorbendo l’istanza di dominio sulle coscienze per farne dei sudditi in una pratica di corruzione quotidiana.

Solo uscendo dalla logica dei bambini snervanti che a furia di piagnucolare piegano i genitori alla loro volontà si pone fine a una religione di umiliante sottomissione. Se si vive con Dio da persone libere, anche in situazioni difficili, si recupera dignità e forza di resistenza per opporsi con fermezza ad ogni tentativo di corruzione e sottomissione nella società. Non si può implorare come favore ciò che ci tocca per diritto. La libertà costa fatica, non ha prezzo e richiede il coraggio di andare contro corrente. Ma ne vale la pena.☺

 

eoc

eoc