Dopo greta: negare, aggirare, raggirare
5 Novembre 2019
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Dopo greta: negare, aggirare, raggirare

Non si può comprendere l’ andamento del mondo nell’ultimo mezzo secolo se non si pone al centro dell’analisi la negazione dei cambiamenti climatici causati dalle attività umane.

La globalizzazione è stata l’ultima fase delle politiche di conquista e degli imperi coloniali: sottratte le terre, imposto il modello economico-politico, occorreva conquistare anche i mercati.

Se i “Paesi (sempre) in via di sviluppo” si sono resi conto che il modello teorico di crescita si è infranto contro la realtà di un pianeta finito e dalle risorse non illimitate, anche i Paesi ricchi hanno avuto occasioni – come durante la conferenza sul clima di Parigi del 2015 – Cop 21 – di comprendere senza equivoci che, perseguendo i rispettivi obiettivi di crescita, nell’insieme già da tempo non avevano un pianeta compatibile con i loro progetti. Ce ne sarebbero voluti molti di pianeti, mentre ce n’è uno solo. L’enormità della constatazione e la difficoltà di accettare la prospettiva del disastro proprio ora che stava per realizzarsi il Bengodi per tutti, ha prodotto due (in)comprensibili reazioni. Da un lato la speranza diffusa, sostenuta dalla disinformazione, che certamente non è vero, le cose non possono essere così come ce la raccontano i catastrofisti e che, senza far nulla, alla fine tutto si aggiusterà. Dall’altro la scelta consapevole della negazione contro ogni evidenza, per godere ancora un po’ e ritardare l’impatto e, nel frattempo, impegnarsi in qualche attività green di facciata.

La negazione, sia scientifica sia politica, della devastazione ambientale indotta dalle attività umane ha ricevuto e riceve finanziamenti ben maggiori di quelli elargiti a piene mani a sostegno del tabacco e della sua salubrità o al nucleare e ai suoi non quantificabili benefici.

I primi responsabili del peggioramento dell’ecosfera sono, a causa dei loro consumi smodati e delle politiche predatorie delle risorse, i nordamericani, seguiti dagli europei, il più grande ipermercato del mondo, e dalla Cina, la grande fabbrica del ciarpame planetario. Gli americani consumano ognuno mediamente quanto tre europei. Ma già nel 1992 a Rio, Bush padre aveva affermato che “Il nostro stile di vita non è negoziabile”.

Se il nostro spazio ci abbandona e apre i porti alla migrazione del clima, dell’ erosione, dell’inquinamento, dell’esaurimento delle risorse, si tratta non tanto di difendere l’ambiente come se fosse un’entità separata, quanto nel modificare il nostro agire sull’ecosfera di cui siamo parte. Quello che sta accadendo è che ci sta letteralmente mancando la Terra sotto i piedi. Non la terra, ma la Terra. Anche noi saremmo desiderosi di migrare ma non abbiamo né terre vergini né nuovi territori da conquistare, non sappiamo dove andare perché non abbiamo nessun’altra terra dove trasferirci.

Se una ragazzina svedese di sedici anni, – e 27 anni prima di lei un’altra dimenticata ragazzina, canadese, Seven Suzuki, di dodici anni – hanno detto ai Grandi della Terra verità fondamentali sulla crisi ambientale, subito lodate dal potere politico e dai media e subito dopo negate nei fatti, è credibile che alle stesse verità non siano giunti i centro studi delle grandi finanziarie internazionali come la JP Morgan o la Goldman Sachs, che hanno a disposizione una mole di dati infinitamente maggiore e sono in grado di produrre scenari a lungo termine con migliore precisione? I centri di potere sanno meglio di Greta e di Seven cosa ci attende.

Ciò a cui assistiamo in questi giorni è il processo di aggiramento e di raggiro delle aspettative e delle sacrosante richieste dei giovani, tramite il benaltrismo, la minimizzazione, la negazione, la parola agli “esperti” prezzolati. Se si plaude ai giovani elettori sedicenni mentre si nega la realtà e si posticipano al lontano futuro gli effetti, è perché il punto di non ritorno è già stato superato. Allora quelli che hanno sostenuto la Globalizzazione e la Crescita felice per tutti erigono muri, smontano accordi, praticano brexit senza via d’uscita, impongono dazi, cercano in un passato mai esistito la rievocazione folcloristica, nel contempo annunciando futuri radiosi, mentendo per non guardare in faccia la realtà. Nella scelta fra sommersi e salvati, il capitale finanziario e i centri di potere planetari sanno bene chi salvare e chi sommergere. La caduta dell’impero è sempre colpa dei barbari o sono le crisi interne a generarlo? In ogni caso la barbarie continua a progredire.

I numerosi Cicciobomba Cannonieri che possiedono il mondo sono già pronti: basta poco per generare catastrofi per le quali disponiamo di attrezzi magnifici e assoluti. Nel frattempo l’attenzione alle cosiddette bombe d’acqua e ai ghiacciai che svaniscono mentre le foreste bruciano (qual è il confine fra natura e azione umana, se mai ce ne fosse uno?) garantiscono l’acquiescenza delle popolazioni tramite le previsioni del tempo atmosferico domani, mentre la finanza e i capitali fanno il loro sporco corso.☺

 

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