Dopo il letargo
1 Marzo 2014 Share

Dopo il letargo

All’incontro di martedì 18 febbraio, convocato dai sindaci del cratere presso il villaggio dei terremotati di Bonefro, una cosa l’abbiamo capita: poche le idee in campo, ma tutte ugualmente confuse. I primi cittadini, qualcuno vecchio, altri nuovi, si sono accorti solo ora di essere in un pantano e nessuno ricorda che la elefantiaca e costosa struttura commissariale, trasformata in agenzia regionale al solo scopo di sistemare un po’ di amici, è stata concepita dal genio maligno di Michele Iorio e realizzata con il consenso informato di tutti loro. Erano tempi di vacche grasse allora e i soldi in parte si spendevano per la ricostruzione, in parte si sperperavano per fare altro. Erano tempi in cui per ricostruire una sola scuola, destinata a 99 bambini, si impiegavano fino a 13 milioni di euro, senza contare la spesa per la piscina; tempi in cui per inaugurarla, quella scuola, veniva il ministro della pubblica istruzione, accompagnato da Berlusconi in carne ed ossa e ricevuto dal sindaco che ora batte i piedi perché rivuole i tecnici di sua fiducia. Accecati da tanto splendore, i sindaci del cratere non si accorsero, in quell’occasione, che il loro Presidente del consiglio notificava loro, in via informale, l’impossibilità di procedere ad ulteriori finanziamenti a causa della devastante crisi economica, diceva lui. In verità, e questo lo diciamo noi, di soldi non ne sono più arrivati perché il Comitato per il rientro nell’ordinario – organismo di verifica e controllo della Protezione Civile nazionale- aveva contestato al nostro commissario ed al suo sub una serie di incongruità nella gestione della ricostruzione post terremoto, a cominciare dall’assenza di una corretta programmazione degli interventi.

Furono questi i motivi che imposero un consistente ridimensionamento della quantificazione dei danni prodotti dal sisma del 2002. Ma siccome l’oblio lenisce ogni dolore, quel pomeriggio i predetti amministratori, invece di interrogarsi sul perché mancano i soldi per ricostruire le case terremotate, invece di provare a mettere in campo un’azione politica intesa a trovare una via di uscita dal pantano causato da dieci anni di allegra gestione prodotta da Iorio e condivisa da loro, hanno disquisito di vertenze sindacali e di stabilizzazione del personale precario del’ARPC. I nostri amministratori sono indignati non perché i loro concittadini vivono nelle baracche, ma perché non sono stati invitati in prefettura a sottoscrivere un’intesa che è l’ennesima schifezza di questa storia, come se l’accordo sottoscritto dai precari della PC alla presenza del prefetto di Campobasso e controfirmato dal senatore Ruta, oltre che da altri passanti, avesse una qualche tutela giuridica: un accordo che ricorda tanto Totò e  la vendita della Fontana di Trevi.

signor governatore

È passato un anno da quando le carte del terremoto sono passate di mano e a tutt’oggi lo Stato non è in grado di dare risposte e neanche di fornire giustificazioni per quanto non è stato fatto. I terremotati sono ormai allo stremo e minacciano il peggio. Il presidente Frattura butta acqua sul fuoco e invita tutti alla moderazione suggerendo di mettere una pietra sul passato per guardare con fiducia al futuro. Caro presidente, condividiamo il  tono da lei usato, ma solo quello, perché lei, ha il dovere di dirci come stanno realmente le cose; vogliamo sapere perché stiamo ancora qui e di chi è la colpa. Apra le finestre della protezione civile e faccia entrare un po’ d’aria fresca. Non le chiediamo un libro nero della ricostruzione, non vogliamo opinioni, ci fornisca informazioni cristalline e ci convinceremo che una nuova primavera è iniziata; solo cosi avrà l’autorevolezza per accusare chi si è reso responsabile di questo fallimento. Durante la gestione commissariale è stato negato l’ accesso alle informazioni persino agli ispettori ministeriali. Preso atto che i soldi per lo sviluppo, gli oltre 600 milioni dell’art. 15, sono stati impiegati per finalità che nulla hanno a che vedere né col terremoto né con lo sviluppo, ci dica a quanto ammonta la valutazione dei danni prodotti dal sisma; quanti euro concretamente sono stati assegnati alla regione Molise per la ricostruzione post sisma, con quali provvedimenti sono stati assegnati e chi li ha firmati; come sono stati impiegati; quante abitazioni sono state risistemate e quante devono ancora essere recuperate senza omettere quelle classificate oltre alla classe A; quanti soldi ci deve ancora il governo centrale al netto della delibera CIPE; quanti debiti deve ancora saldare la protezione civile ai suoi creditori, evitando di ricorrere ai bizantinismi delle liquidazioni, anche perché la protezione civile sa perfettamente quanti lavori sono stati avviati col solo decreto firmato da Iorio, senza peraltro attendere l’approvazione degli accordi di programma da parte del governo centrale. Vorremmo sapere in definitiva, cosa si è fatto e cosa si deve ancora fare e soprattutto in quanto tempo.

Caro Presidente se ritiene che il costo della struttura sia insostenibile, rapidamente e senza farsi ammaliare dal richiamo delle sirene, recuperi il personale in esubero in carico alla regione e lo destini, per i prossimi due anni, alla protezione civile; chieda quindi alla delegazione parlamentare, tutta di maggioranza, di condividere insieme a lei una strategia comune che costringa il governo nazionale a sbloccare i fondi della delibera CIPE. Convochi gli imprenditori che hanno a che fare con la ricostruzione e insieme a loro elabori un programma di rateizzazione del debito, disponendo per questo l’attivazione di fondi regionali, operazione che consentirebbe l’immediato riavvio della ricostruzione. ☺

 

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