Due donne meravigliose
18 Luglio 2021
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Due donne meravigliose

seconda parte

In quello stesso periodo, nel 1929, anche Gerta comincia a interessarsi più intensamente della situazione politica in Germania e capisce che, come ebrea, la sua vita è minacciata direttamente, a causa della crescita del partito nazionalsocialista. Diventa membro di un’associazione d’orientamento socialista. Nel 1932 capisce, come scrive Irme Schaber, autrice di una biografia di Gerta Taro, “che il suo intento di scappare dal mondo ebraico vituperato è stato vano e che il razzismo e l’antisemitismo le hanno appieno rivelato la sua origine ebraica”.

Nel frattempo, in Messico, Tina è divenuta segretaria dell’organizzazione Soccorso Rosso Internazionale e lì conosce il terrore scatenato dai latifondisti contro i contadini, i peones. Il partito comunista, al quale appartiene, è messo fuori legge. Tina lavora nell’illegalità, e nel 1930 è arrestata e poi deportata assieme a tantissimi comunisti messicani ed emigrati politici di altri paesi sudamericani. Sulla nave olandese Edam arriva a Rotterdam e poi a Berlino, dove, come cittadina italiana, può rimanere per sei mesi senza l’obbligo di chiedere un visto.

A Berlino contatta l’Unione dei fotografi operai e ne diventa socia, ma per varie ra- gioni non riesce a continuare a fare la fotografa. Si conoscono solo tre o quattro fotografie sue scattate a Berlino. Vittorio Vidali, il suo compatriota e compagno di partito in Messico, si trova a Mosca, e Tina, forse con il suo aiuto, chiede di essere inviata in Italia per lavorare nella clandestinità antifascista. Ma la sua richiesta è respinta, perché per lei, che da tanti anni ha vissuto all’estero, sarebbe quasi impossibile realizzare questo tipo di attività. Così, nei primi giorni di ottobre va a Mosca, dove l’aspetta non solo Vittorio Vidali, ma anche un posto di lavoro nella direzione del Soccorso Rosso Internazionale. Come responsabile dei paesi latinoamericani, riceve i rifugiati politici scappati dalla persecuzione nei loro paesi, organizza campagne di solidarietà con le vittime della repressione e fa due viaggi con passaporto falso, uno in Polonia ed uno in Spagna. Alla fine del 1934 segue Vittorio Vidali al suo nuovo posto di lavoro: la direzione del Soccorso Rosso spagnolo. Organizza campagne di solidarietà con Luis Carlos Prestes, del Brasile, con Ernst Thälmann, della Germania, e con gli spagnoli incarcerati in seguito ad una rivolta nelle Asturias. Vive la gioia di vedere, il 16 febbraio del 1936, il trionfo del Fronte Popolare nelle elezioni, e vive anche, quattro mesi più tardi, l’inizio della guerra civile.

Tina non si chiama più Tina, ma Maria, non fa più la fotografa, ma pubblica il giornale del Soccorso Rosso e anche un libro di poesie di Miguel Hernandez, Vientos del Pueblo (Venti del popolo). Organizza l’aiuto ai soldati sul fronte e alle loro famiglie, organizza ospedali d’emergenza e l’esodo di migliaia di abitanti della città di Malaga, bombardata dell’aviazione italiana, organizza l’evacuazione di bambini che sono inviati nell’Unione Sovietica e nel Messico.

E cosi arriviamo all’estate del 1937, al Congresso Internazionale in difesa della cultura.  Mentre Tina, come rappresentante del Soccorso Rosso, rimane a Valencia fino al termine del congresso, Gerta Taro, il 19 luglio, si reca al fronte di Brunete. Il 25, i fascisti riconquistano Brunete. Il 26, Gerta decide di ritornare a Parigi. Esce da Brunete sul predellino di un camion che trasporta i feriti verso El Escorial. Quando gli aerei della “Legion Condor” tedesca ed i bombardieri italiani bombardano questa parte del fronte, un carro armato repubblicano sbanda e sbatte contro il muso del camion. Gerta cade dal predellino e le gambe sino al basso ventre vengono schiacciate dal carro. Gerta muore quello stesso 26 luglio. Il primo agosto – sarebbe stato il suo 27° anniversario – viene sepolta a Parigi, nel cimitero Père Lachaise.

Tina ha vissuto ancora cinque anni, con il cuore malato, ed muore nella notte tra il 5 e il 6 gennaio 1942, a Città del Messico. Non ha mai ricominciato a fotografare.

Fra Tina e Gerta c’era una differenza d’età di 14 anni, entrambe hanno cercato di difendere la loro personalità in una professione dominata dagli uomini. In Spagna rappresentavano gruppi politici diversi, ma li univa la lotta contra il fascismo, e non solo in Spagna, ma anche in Italia e in Germania. Ognuna di loro sapeva che nel caso di una vittoria fascista, nessuna sarebbe potuta ritornare nella propria patria. Migliaia di donne e di bambini in Spagna devono la vita a Tina Modotti, a “Maria”. Gerta Taro, nata Pohorylle, ci ha lasciato immagini sconvolgenti di una guerra, il finale della quale doveva essere decisivo per l’ulteriore corso della storia mondiale. Due donne, due vite, due scelte molto personali fra documentare e agire. Non abbiamo il diritto di giudicare quale di queste scelte sia stata la più giusta, la più utile o la più preziosa.

EPILOGO triste.

Mentre Tina e Gerta si incontrano a Valencia, in un congresso, vicino Mosca, in un orfanotrofio, una ragazza di sette anni riceve la notizia che suo padre è morto, da eroe, in Spagna. La ragazza, di madre russa e di padre italiano, è morta, all’età di 90 anni, lo scorso 10 giugno. La prossima volta vi racconterò la sua storia, perché anche lei è stata una donna da ricordare.

 

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