Ebbrezza
5 Maggio 2015 Share

Ebbrezza

Sul tavolo campeggia un mazzo di girasoli; così, controtempo, sembrano venuti a consolare la primavera ancora ferita dal gelo e a colorare la mia malinconia. Li ho disposti in un vaso di coccio: un orcio antico, sbreccato e senza collo che, da un buio angolo della soffitta, ora risplende con i suoi piccoli soli arruffati di un giallo tanto intenso da distoglierne lo sguardo. Evocano un dipinto di Van Gogh: Vaso con i girasoli, il più bello tra la serie di quadri aventi lo stesso soggetto: questo fiore di campo che come lui rincorre il sole, bisognoso del suo calore per vivere. Per associazione penso alla poesia di Montale: “Portami il girasole ch’io lo trapianti/ nel mio terreno bruciato dal salino… / portami il girasole impazzito di luce”.

Nella mia percezione emotiva sento il girasole come un filo continuo che lega la mia tristezza all’amaro disincanto di Montale, alla follia di Van Gogh, eppure questo fiore che si slancia verso l’alto col suo gambo poderoso e la corolla in fiamme, diventa per loro, per me, il simbolo di un’ebbrezza quasi mistica che rischiara la visione delle cose: attimo di felicità, tensione verso il cielo, estrema ricerca di luce di fronte alla quale non si può fare altro che impazzire.

Pittura, poesia…! intanto la luce mi dilaga dentro e spezza i miei confini facendomi riscoprire pulita, innocente, vibrante: un soffio di vento che è un respiro di anime lontane. Anime che si sono consumate nel tentativo di spiegare a loro stesse e a noi che cosa sono la bellezza e la vita – anche tragica – quando camminano fianco a fianco.☺

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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