Economia del covid 19
15 Maggio 2020
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Economia del covid 19

A leggere l’articolo di Civiltà Cattolica “Per ripartire dopo l’emergenza Covid-19” sembrerebbe che la finanza, a fronte degli effetti sociali del virus, sia disponibile a correggere il tiro, ammansendo le sue voracità. A me pare, invece, che la finanza, gestita da singoli anacoreti celati dietro i loro display e impegnati a valutare numeri senza alcun rapporto con la realtà, non troverà di meglio che continuare il suo sporco lavoro di accumulazione. Produrre denaro con il denaro è l’attività che più orienta e determina il futuro della specie umana, ben al di sopra di ogni altra attività lavorativa. Il capitale scambiato e posseduto dalla finanza mondiale è ormai diverse decine di volte maggiore del capitale materiale dei popoli e delle nazioni. Non sarà certo un banale, virale incidente, seppure planetario, a modificare i fini della finanza. Da essa ci si può attendere al massimo l’incarognire delle metodologie.
Anche il Capitalismo dal volto cristiano, che pare trapelare dall’articolo, non sembra intenzionato ad abbandonare i suoi principi fondativi e le sue pratiche. La finanza fondata sul prestito e sulla rendita da accumulo prevede che, una volta soddisfatti bisogni e desideri, il surplus di capitale non solo debba restare nelle mani di chi lo detiene anche se non ne ha necessità, ma che, prestato più o meno a usura, produca plusvalenza. Con questa semplice regola si fa in modo che chi è ricco continui ad accrescere le sue ricchezze a scapito dell’immensa platea dei più poveri.
Il disastro planetario in corso, che ci coinvolge e che sta espandendosi ai paesi del terzo mondo, potrebbe costituire un punto di svolta.
Se alcuni supposti retroscena sull’origine del virus, sostenuti anche da premi Nobel non hanno fondamenta, è certo che la distruzione dell’ecosistema ha consentito e agevolato il passaggio del virus da animale a uomo. È il disequilibrio complessivo la prima causa della pandemia. Il filosofo Umberto Galimberti sostiene che già da tempo l’uomo non abita più la Terra. Viviamo in un ambiente artificiale totalmente progettato e costruito, sviluppato secondo tipologie ricorrenti, tutte modellate dall’esigenza basilare di accrescimento del capitale. Il dibattito recente de la fonte sulle modalità di attuazione del fotovoltaico ne è testimonianza esemplare.
Sarebbe, questa disgrazia, una grande opportunità di ripensare il modello economico e sociale planetario, ma le forze in campo sono totalmente squilibrate. Se anche chi è ispirato da un’idea cristiana e solidale tanto da definirsi “civiltà cattolica”, difende fra le righe lo status quo dell’economia di mercato, devo pensare che non siamo messi tanto bene in quanto a razionalità. Perché proprio di razionalità si tratta: stiamo facendo i conti con la realtà di un pianeta devastato e che potrebbe avere ben altre vie da seguire se ascoltassimo fra gli altri Papa Francesco. Peccato che chi ha potere non lo molla, aiutato dalle mosche cocchiere. Temo che quest’ avvenimento che ci tiene chiusi in casa a riflettere, non ci faccia poi riflettere abbastanza. Le fasi due e tre, e la quattro…, ci diranno come andrà a finire. I presupposti e i fremiti degli irrequieti timorosi proseliti della finanza e della crescita quantitativa, delle liberalizzazioni e della cancellazione delle regole, non riusciranno ad eliminare la burocrazia, in fondo da sempre dalla loro parte, ma riusciranno, in nome della ripartenza, ad accrescere e concentrare potere e ricchezza.
Noi altri, in balia di virus, dell’ambiente sempre meno vivibile, di risorse sempre meno accessibili, disponibili solo quel tanto da farci essere servili consumatori di merci effimere, e senza voce in capitolo, saremo sempre più precari, avventizi senza identità e prospettive. Molti ritengono che a sparigliare le carte possa essere la rete, la immediata diffusione delle notizie. Dove sono finite le Sardine? Forse a fare i pesci in barile. Se non ora, quando? In un sistema nel quale la storia è un semplice racconto del percorso che ci ha portati all’oggi radioso e il futuro un banale accrescimento del presente, è sempre “ora” e “ora” non lo è mai. ☺

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