Non posso dire che si parli poco di sesso nella società attuale. È l’argomento principale nei racconti dei ragazzi (ma anche degli uomini più adulti) che si sfidano a vicenda a colpi di “prede” conquistate, ognuno tentando di vincere la gara sul numero di pudori femminili violati. Anche i media, direttamente o indirettamente, parlano quotidianamente di sesso, nei film, talk-show, reality… L’idea che ci si fa nell’assorbirli è più o meno la stessa: l’uomo è tanto più forte, tanto più importante, quanto si dimostra in grado di conquistare belle donne, meglio se tante, meglio ancora se nei loro confronti mantenga un atteggiamento freddo e distaccato.
Ma della sessualità si parla sempre di più anche nelle istituzioni scolastiche, che nei corsi di educazione sessuale si concentrano prevalentemente sul tema della prevenzione, esaurendo l’intero discorso in una serie di fredde spiegazioni che hanno il sapore di un manuale di istruzioni per un elettrodomestico.
Non è difficile rintracciare l’elemento assente nei vari livelli in cui si porta la discussione: la sensazione, l’emozione. Sì, perché dietro alla parola sesso, si cela un mondo abitato da insicurezze, angosce, preoccupazioni, ed anche perversioni, o presunte tali. È un mondo che tutti conosciamo bene, ma tendiamo ad evitare di affrontarlo e soprattutto di parlarne. Spaventa e imbarazza anche perché si rischia di non assomigliare a quello stereotipo di cui parlavamo prima, perché, magari, si teme di non essere compresi fino in fondo, di mostrare le proprie fragilità e che queste possano apparire come le debolezze di uno “sfigato”.
E allora accade che si finisce per trascurare il bisogno della comprensione di se stessi, scivolando in un meccanismo impersonale scandito nelle fasi di desiderio, possesso, consumo e scarto che si ripete continuamente facendo accumulare esperienze che ricoprono la propria sfera affettiva, nascondendola e soffocandola.
La comunità in cui abito è mista, ovvero vi sono utenti di entrambi i sessi. Anche questo offre spunti per analizzare meglio e portare alla luce i comportamenti ed il modo di relazionarsi che ognuno di noi ha nei confronti dell’altro sesso. Sempre più frequentemente l’argomento della sessualità diviene oggetto di attività formative, riunioni di gruppo e colloqui individuali. La cosa più evidente è che tutti – chi più, chi meno – incontriamo le difficoltà maggiori nel parlare del proprio sentire, nel riconoscere le proprie emozioni. Traspare la nostra poca dimestichezza in questo e ciò dimostra che abbiamo avuto troppe poche occasioni per parlarne. Molto spesso, di fronte alle domande, persino quelle più elementari come «cosa provavi per quella ragazza?», non ho saputo andare oltre a un «mi attraeva», senza riuscire a chiarirmi se accanto ad un’attrazione fisica ci fosse o meno un coinvolgimento emotivo, ed eventualmente di che genere fosse.
Il numero delle mie esperienze sessuali non mi è servito ad aumentare il grado di consapevolezza delle mie emozioni. Direi, piuttosto, che queste siano passate progressivamente in secondo piano, mentre quelle andavano riempiendo dei vuoti interiori così come avevano fatto, seppur con modalità differenti, le sostanze stupefacenti.
Riportare in primo piano ciò che provo, ciò che sento è quello che mi aspetto da questa sorta di educazione al sentimento. Penso che comprendere ciò che sono mi aiuterà a scoprire ciò che desidero, e allora sarà più difficile distinguere nettamente il piacere sessuale da quello sentimentale, poiché coinvolti in un processo di fusione reciproca. Non ne faccio, tuttavia, una questione morale, nel senso che non ritengo deplorevole l’atto sessuale senza quel sentimento che chiamiamo amore, di cui oggi, peraltro, non saprei nemmeno chiarire a pieno il significato. Ancor prima di giudicare, ritengo fondamentale, adesso, riconoscere e conoscermi. ☺
coopilnoce@libero.it
Non posso dire che si parli poco di sesso nella società attuale. È l’argomento principale nei racconti dei ragazzi (ma anche degli uomini più adulti) che si sfidano a vicenda a colpi di “prede” conquistate, ognuno tentando di vincere la gara sul numero di pudori femminili violati. Anche i media, direttamente o indirettamente, parlano quotidianamente di sesso, nei film, talk-show, reality… L’idea che ci si fa nell’assorbirli è più o meno la stessa: l’uomo è tanto più forte, tanto più importante, quanto si dimostra in grado di conquistare belle donne, meglio se tante, meglio ancora se nei loro confronti mantenga un atteggiamento freddo e distaccato.
Ma della sessualità si parla sempre di più anche nelle istituzioni scolastiche, che nei corsi di educazione sessuale si concentrano prevalentemente sul tema della prevenzione, esaurendo l’intero discorso in una serie di fredde spiegazioni che hanno il sapore di un manuale di istruzioni per un elettrodomestico.
Non è difficile rintracciare l’elemento assente nei vari livelli in cui si porta la discussione: la sensazione, l’emozione. Sì, perché dietro alla parola sesso, si cela un mondo abitato da insicurezze, angosce, preoccupazioni, ed anche perversioni, o presunte tali. È un mondo che tutti conosciamo bene, ma tendiamo ad evitare di affrontarlo e soprattutto di parlarne. Spaventa e imbarazza anche perché si rischia di non assomigliare a quello stereotipo di cui parlavamo prima, perché, magari, si teme di non essere compresi fino in fondo, di mostrare le proprie fragilità e che queste possano apparire come le debolezze di uno “sfigato”.
E allora accade che si finisce per trascurare il bisogno della comprensione di se stessi, scivolando in un meccanismo impersonale scandito nelle fasi di desiderio, possesso, consumo e scarto che si ripete continuamente facendo accumulare esperienze che ricoprono la propria sfera affettiva, nascondendola e soffocandola.
La comunità in cui abito è mista, ovvero vi sono utenti di entrambi i sessi. Anche questo offre spunti per analizzare meglio e portare alla luce i comportamenti ed il modo di relazionarsi che ognuno di noi ha nei confronti dell’altro sesso. Sempre più frequentemente l’argomento della sessualità diviene oggetto di attività formative, riunioni di gruppo e colloqui individuali. La cosa più evidente è che tutti – chi più, chi meno – incontriamo le difficoltà maggiori nel parlare del proprio sentire, nel riconoscere le proprie emozioni. Traspare la nostra poca dimestichezza in questo e ciò dimostra che abbiamo avuto troppe poche occasioni per parlarne. Molto spesso, di fronte alle domande, persino quelle più elementari come «cosa provavi per quella ragazza?», non ho saputo andare oltre a un «mi attraeva», senza riuscire a chiarirmi se accanto ad un’attrazione fisica ci fosse o meno un coinvolgimento emotivo, ed eventualmente di che genere fosse.
Il numero delle mie esperienze sessuali non mi è servito ad aumentare il grado di consapevolezza delle mie emozioni. Direi, piuttosto, che queste siano passate progressivamente in secondo piano, mentre quelle andavano riempiendo dei vuoti interiori così come avevano fatto, seppur con modalità differenti, le sostanze stupefacenti.
Riportare in primo piano ciò che provo, ciò che sento è quello che mi aspetto da questa sorta di educazione al sentimento. Penso che comprendere ciò che sono mi aiuterà a scoprire ciò che desidero, e allora sarà più difficile distinguere nettamente il piacere sessuale da quello sentimentale, poiché coinvolti in un processo di fusione reciproca. Non ne faccio, tuttavia, una questione morale, nel senso che non ritengo deplorevole l’atto sessuale senza quel sentimento che chiamiamo amore, di cui oggi, peraltro, non saprei nemmeno chiarire a pieno il significato. Ancor prima di giudicare, ritengo fondamentale, adesso, riconoscere e conoscermi. ☺
Non posso dire che si parli poco di sesso nella società attuale. È l’argomento principale nei racconti dei ragazzi (ma anche degli uomini più adulti) che si sfidano a vicenda a colpi di “prede” conquistate, ognuno tentando di vincere la gara sul numero di pudori femminili violati. Anche i media, direttamente o indirettamente, parlano quotidianamente di sesso, nei film, talk-show, reality… L’idea che ci si fa nell’assorbirli è più o meno la stessa: l’uomo è tanto più forte, tanto più importante, quanto si dimostra in grado di conquistare belle donne, meglio se tante, meglio ancora se nei loro confronti mantenga un atteggiamento freddo e distaccato.
Ma della sessualità si parla sempre di più anche nelle istituzioni scolastiche, che nei corsi di educazione sessuale si concentrano prevalentemente sul tema della prevenzione, esaurendo l’intero discorso in una serie di fredde spiegazioni che hanno il sapore di un manuale di istruzioni per un elettrodomestico.
Non è difficile rintracciare l’elemento assente nei vari livelli in cui si porta la discussione: la sensazione, l’emozione. Sì, perché dietro alla parola sesso, si cela un mondo abitato da insicurezze, angosce, preoccupazioni, ed anche perversioni, o presunte tali. È un mondo che tutti conosciamo bene, ma tendiamo ad evitare di affrontarlo e soprattutto di parlarne. Spaventa e imbarazza anche perché si rischia di non assomigliare a quello stereotipo di cui parlavamo prima, perché, magari, si teme di non essere compresi fino in fondo, di mostrare le proprie fragilità e che queste possano apparire come le debolezze di uno “sfigato”.
E allora accade che si finisce per trascurare il bisogno della comprensione di se stessi, scivolando in un meccanismo impersonale scandito nelle fasi di desiderio, possesso, consumo e scarto che si ripete continuamente facendo accumulare esperienze che ricoprono la propria sfera affettiva, nascondendola e soffocandola.
La comunità in cui abito è mista, ovvero vi sono utenti di entrambi i sessi. Anche questo offre spunti per analizzare meglio e portare alla luce i comportamenti ed il modo di relazionarsi che ognuno di noi ha nei confronti dell’altro sesso. Sempre più frequentemente l’argomento della sessualità diviene oggetto di attività formative, riunioni di gruppo e colloqui individuali. La cosa più evidente è che tutti – chi più, chi meno – incontriamo le difficoltà maggiori nel parlare del proprio sentire, nel riconoscere le proprie emozioni. Traspare la nostra poca dimestichezza in questo e ciò dimostra che abbiamo avuto troppe poche occasioni per parlarne. Molto spesso, di fronte alle domande, persino quelle più elementari come «cosa provavi per quella ragazza?», non ho saputo andare oltre a un «mi attraeva», senza riuscire a chiarirmi se accanto ad un’attrazione fisica ci fosse o meno un coinvolgimento emotivo, ed eventualmente di che genere fosse.
Il numero delle mie esperienze sessuali non mi è servito ad aumentare il grado di consapevolezza delle mie emozioni. Direi, piuttosto, che queste siano passate progressivamente in secondo piano, mentre quelle andavano riempiendo dei vuoti interiori così come avevano fatto, seppur con modalità differenti, le sostanze stupefacenti.
Riportare in primo piano ciò che provo, ciò che sento è quello che mi aspetto da questa sorta di educazione al sentimento. Penso che comprendere ciò che sono mi aiuterà a scoprire ciò che desidero, e allora sarà più difficile distinguere nettamente il piacere sessuale da quello sentimentale, poiché coinvolti in un processo di fusione reciproca. Non ne faccio, tuttavia, una questione morale, nel senso che non ritengo deplorevole l’atto sessuale senza quel sentimento che chiamiamo amore, di cui oggi, peraltro, non saprei nemmeno chiarire a pieno il significato. Ancor prima di giudicare, ritengo fondamentale, adesso, riconoscere e conoscermi. ☺
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