Eravamo tre anime
29 Aprile 2017
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Eravamo tre anime

Avevo una super mamma. Sì, ancora mi riesce difficile capire che ora non c’è più e che io debba usare il passato per poter parlare di lei. Anche se uso spesso il presente perché la sento ovunque…
Lei ha illuminato la vita di molte persone, a partire da quella di noi tre: del mio babbo,  di mia sorella Iole e la mia. L’ha resa migliore questa vita, così precaria e appesa a un filo come è, con il suo amore per tutto ciò che arde, con la sua energia che si rinnovava sempre.
Lei era come una Fenice. Riusciva sempre a rinascere dalle ceneri. E, ogni volta, risultava essere sempre più bella, sempre più forte, sempre più iridescente. Lei, che ha combattuto una vita intera per i diritti delle donne e che mi ha insegnato che “una donna per essere felice non ha bisogno delle mura di casa”.
Lei che mi ha amata così infinitamente tanto da guardarmi dormire, anche da adulta, solo per spiare il mio respiro e per dirmi appena sveglia, quanto io fossi bella mentre dormivo, mentre respiravo.
Ha attraversato la bellezza della fragilità della vita, la mia mamma, fino a bucarla. La nostra vita è fragile, può esserlo sempre in ogni momento e lei, la mia mamma, mi ha insegnato che tutto sta nelle nostre mani. Siamo solo noi che decidiamo della nostra sorte, gran parte delle volte. Solo noi siamo il freno di noi stessi. Siamo noi che “sciogliamo il nodo”.
Quando ti ho salutato, mamma era l’8 Agosto 2015. Antonello mi aveva fatto una sorpresa. Mi aveva comprato il biglietto dei Momix per farmi sognare una sera e farmi librare come una farfalla sulle note dei loro muscoli.
Io ero appena stata “silurata” da una nota casa di moda Italiana perché mi sarei dovuta sposare due mesi dopo, ad ottobre e avevo chiesto un permesso. Ma ero in prova quindi, nessun problema, lo hanno potuto fare senza domande né spiegazioni né perché né scuse. Lo hanno fatto e basta. E tu eri così dispiaciuta da questo episodio, che durante una delle tue splendide letture, hai ricordato quanto noi giovani vivessimo una vita precaria e come il lavoro, per noi, non sia più un diritto.
Eri disperata, me lo ricordo. Ma io ti consolavo. Dovevamo preparare il matrimonio, avevamo da pensare alle cose frivole, alla bellezza degli addobbi e di tutto il bello che solo tu ed io riuscivamo a creare insieme.
Quella sera, mamma mi hai chiamato e poi io non ho fatto in tempo a richiamarti. Così ci siamo scritte quei bei messaggi che eravamo solite scambiarci, prima della mezzanotte, pieni di fantasia e di belle foto. La sera, tornati dal concerto con Antonello ero stanca, anzi mi ricordo che mi sentivo stranamente devastata e non capivo il motivo. Avevo un forte mal di testa, così forte che nemmeno due moment bastarono.  Probabilmente già avvertivo che il filo che ti legava alla vita piano piano si stesse assottigliando.
E tu, inesorabilmente, venivi ingoiata dal tuo destino, che io non ho mai chiamato sventura. Il destino è ben diverso dalla sventura e tu me lo hai sempre insegnato, mamma: il destino è quello che è già segnato, scritto da qualche parte, lo stesso che  noi dobbiamo percorrere. Possiamo cambiare dei pezzi, a volte le loro combinazioni, ma non la loro disposizione. Così, mentre leggevi le tue Stanze Della Luna, così preziose, si è spenta la lucina che ti legava cosciente a noi e a te stessa. Ti avrei voluto dire ancora tante cose, mamma, avrei voluto mangiare tante patatine fritte sulla pizza con te, chiacchierando sotto la luce della luna di agosto. Oppure in riva al mare di Termoli, aspettando il tenero Abbas che arrivasse con le sue meraviglie e le sue pietre preziose; o ancora, aspettando il caro Amico Kalu, degno sostituto.
Ti abbiamo coccolata ed amata ancora di più nei mesi che sono venuti, circondati dal silenzio più assordante dopo il triste episodio. E tu, sicuramente lo hai avvertito. Hai avvertito il nostro infinito amore. Da piccole cose e piccoli segni tuoi, noi ce ne siamo accorti. In alcuni momenti ci hai stretti ancor di più a te: babbo col suo cuore tenero e Iole, la tua piccola bambina,  che di te custodisce e possiede tanto.
Infine io, che ancora non mi capacito di questo strappo. E a chi mi ha chiamato sfortunata diverse volte, ahimè, vorrei dire solo questo e cioè che la sfortuna è di chi mi ha detto queste cose, di chi mi ha chiamato in quel modo ed ha pensato questo: perché crede che gli episodi della vita siano sempre legati alla sventura, quando invece fa tutto parte purtroppo della nostra esistenza. Senza il distacco non può esserci una rinascita. Sono poveri, povere anime. Ed io non le condanno affatto, ma le piango.
Gli ultimi giorni con te non li dimenticherò mai. Ho capito come è bello poter respirare finché si ha fiato, stretti mano nella mano di chi ti ama. Non è forse questa l’unica ragione che ci resta alla fine? Andarcene circondati da chi ci ama.  Solo ora capisco bene una cosa: quando le persone parlano dell’anima e quando tu mi dicevi “l’anima resta, è l’unica cosa che vive, che continuerà ad aleggiarci intorno”, beh ora capisco cosa intendessi  davvero. Il tuo sarà sempre un soffio lieve, che ci ha portato in braccio da quella mattina in poi. Che ha fatto decidere ad Antonello e a me di sposarci, nonostante la perdita enorme ed ineguagliabile.
Voglio ricordarti così, sempre combattente e combattiva. Pronta a vedere il bicchiere mezzo pieno. Sempre con una parola buona per tutti. Sempre con le mani piene di belle cose da regalare. Amante della vita. Della cultura. Dell’amore. Dei piccoli cocci che piacciono un casino anche a  me. E delle grandi opere d’arte. Continuo a pensare che tu mi darai la forza per continuare sulla giusta strada. Sarà sempre difficile concretizzare il dolore di una perdita. Specialmente quando come te è una pietra preziosa, vivida, lucida e rara. Specialmente quando penso che tu sia stata e sei eterna. Come l’amore che lega due persone da una vita, come la poesia, come il legame speciale tra una mamma e sua figlia. Soprattutto quando il vuoto che hai lasciato è come un cratere di un vulcano appena esploso e la tua voce non echeggia tra le colline verdi, profonda e grave da tanto tempo, ormai. Ma poi penso e mi dico a quanto ci hai lasciato, in termini di profondità di leggerezza di passione e di bellezza.
E così, mi impongo di non essere più triste, di continuare a scrivere cose belle pensandoti in ogni istante del giorno. Di continuare con il mio blog dopo questa lunga parentesi dolorosa. Perché tu eri la mia sostenitrice numero uno.
Saremo sicuramente più soli ora senza di te, ma sono certa che vivrai in ogni arto del mio corpo, in ogni pensiero lieve che uscirà dalla mia testa, nella passione che metterò in ogni cosa che farò. Perché come l’alba dalle dita rosa che hai tanto amato, tu sorgerai ogni mattina e sarai la stella luminosa del nostro cammino.
Ti dedico ogni nostalgia, ogni nota leggera, ogni ricordo insieme. Nulla potrà mai scalfire la forza e la potenza dei ricordi che ci ha legati. “Eravamo acquatici corpi flessibili. Zuppi di sogni e di malinconia”.
Tu, solo Tu, Mamma.
La tua Momi

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