Essere acqua per gli altri
29 Aprile 2017
La Fonte (351 articles)
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Essere acqua per gli altri

«Dal loro grido, come da una piccola fonte, sorse un grande fiume con acque abbondanti. Apparvero la luce e il sole: gli umili furono esaltati e divorarono i superbi» (Est 1,1i-1k).
Anche il Libro di Ester, come quello di Giuditta, parla della liberazione della nazione grazie all’intervento di una donna, il cui cuore è mosso a compassione per le sorti del proprio popolo nei confronti del quale esercita una speciale maternità di natura spirituale.
Del libro abbiamo due versioni: quella ebraica (TM o Testo Masoretico), che non nomina mai il nome di Dio, non menziona le istituzioni religiose di Israele (come il Tempio), dove i Giudei della diaspora non manifestano l’intento di tornare nella terra dei Padri e vivono una buona integrazione nello stato persiano al quale manifestano fedeltà; e quella greca (la LXX o Settanta, che è un esempio di riscrittura, di reinterpretazione biblica) che aggiunge una dimensione marcatamente religiosa. Questa versione ci presenta Ester come una pia giudea del periodo ellenistico che rigetta le nozze con un non giudeo, mangia solo cibo kosher (puro) e non beve il vino che è usato per le libagioni agli dei pagani.
Il popolo di Dio rilegge la sua storia e coglie linee nuove, perché infinite sono le possibilità interpretative della Scrittura. La Parola di Dio è dimora dell’Eterno e quindi immette l’uomo in questa dimensione di eternità che rifugge da ciò che è stantio, stagnante.
Lo sfondo del libro è certamente storico, ma gli eventi raccontati non sono reali. Il libro di Ester è un libro caratterizzato dall’elemento dell’esagerazione. Si tratta di un racconto fittizio dal sapore sapienziale e ricco di humor che apre al sorriso perché prende in giro l’impero persiano e la sua corte (un dominio che in realtà nella storia si è manifestato benevolo con i Giudei, permettendo loro di tornare in patria e di ricostruire città, tempio e identità collettiva). I persiani sono l’espediente per ridicolizzare il potere umano che tende a prevaricare e a schiacciare. Un potere che vuole farsi passare per onnipotente, ma si rivela debole e impotente. Il potere infatti non appartiene all’uomo. Anche se Aman, sovrintendente del re Artaserse, desidera sterminare gli ebrei, c’è un disegno superiore che guida la storia del popolo dell’alleanza e la conduce oltre la tracotanza umana che viene svergognata e ridicolizzata da una donna giudea, Ester (che significa “stella”). Divenuta regina e guidata dallo zio Mardocheo, giudeo odiato da Aman per il fatto di rifiutarsi ripetutamente di inchinarsi dinanzi a lui, Ester rovescia la situazione e il decreto di sterminio si volge contro il nemico.
Compare nel libro il racconto di una vicenda salvifica in forma di giudizio, nel quale il colpevole (Aman) viene condannato e l’innocente (Mardocheo che è figura del popolo giudeo) viene assolto ed esaltato. Il giudice invisibile è Dio che non abbandona il suo popolo e nei momenti di angoscia accorre sempre in suo aiuto.
Alla vicenda narrata nel libro di Ester è connessa l’istituzione della festa dei Purim (simile al nostro carnevale), festa annuale in cui si fa memoria del sorprendente mutarsi del destino dei Giudei. Una festa trasgressiva in cui i ruoli sono rovesciati, per poter dire – riferendosi al decreto di sterminio degli Ebrei – che nulla è irrevocabile. La festa prevede un banchetto, la lettura del rotolo di Ester, lo scambio di doni e i regali fatti ai poveri.
Ciò che emerge della figura di Ester è il suo coraggio di affrontare il malvagio e la sua fede nella forza della preghiera. La regina approfitta del suo status per far leva sul cuore del re e smaschera il tranello di Aman che trama morte e distruzione. Ester è la donna che s’investe a favore degli altri, mettendo a repentaglio la propria vita e ravvivando la fede del suo popolo. È la donna che sa portare acqua nel deserto e dare refrigerio a un popolo paralizzato dalla paura.
La preghiera fatta con fede e il coinvolgimento di sé nella trama della storia è il getto che fa scaturire una sorgente di acque impetuose che irrigano anche la terra più arida. Da sempre infatti il motto ora et labora è il segreto della fecondità e della felicità nella vita di ogni credente.

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