Europa in frantumi
17 Maggio 2020
laFonteTV (3191 articles)
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Europa in frantumi

Con l’espressione physique du role si definisce solitamente l’aspetto fisico adatto alla parte che si interpreta o meglio l’aspetto esteriore adatto alla situazione, alla professione, al ruolo sociale. Accostiamo adesso a questa definizione due personaggi del mondo economico: Mario Draghi e Christine Lagarde. Entrambi hanno interpretato lo stesso ruolo, in quanto la seconda è succeduta al primo nel posto più importante dell’ EuroTower. Così vicini, così lontani, parafrasando Wim Wenders al contrario, in quanto, se entrambi durante il loro mandato si sono trovati a dover fronteggiare due nefaste crisi economiche e non solo, l’approccio utilizzato è a dir poco agli antipodi.
Il romano Mario Draghi, sapendo che a certi livelli la diplomazia è spesso più importante di ogni strategia, utilizzò il suo celeberrimo appeasement per fronteggiare l’esuberanza del duopolio franco-tedesco, nel momento della loro massima forza. Successivamente alla tattica, entrò in campo la pratica e con la pronuncia del celebre discorso “Whatever it takes”, ovvero “Tutto ciò che è necessario”, tornato in auge nelle ultime settimane, inaugurò la stagione dell’allentamento monetario pur di salvare il fragile Euro attraverso le cosiddette operazioni definitive, note anche con l’acronimo Omt (Outright monetary transactions). Si era verso la fine del 2011, giorni in cui la credibilità perduta del paese Italia ci faceva sprofondare in un abisso in cui il differenziale BTp-Bund arrivò a toccare i 575 punti ed i titoli pubblici biennali rendevano un tasso del 7,25%. Draghi, grazie al sostegno dei debiti di tutti gli stati membri, attraverso queste operazioni massicce di acquisto dei titoli, riuscì a raffreddare gli spread e permettere che lo scatafascio generale non divenisse realtà. Misure semplici, quasi ovvie, usando un minimo di buon senso.
Eppure, a quanto pare l’esperienza precedente sembra non aver insegnato nulla. Anzi. Oggi, nel momento in cui ci ritroviamo ad affrontare una crisi umanitaria, con l’avvento di un virus che ha mandato in frantumi le nostre certezze acquisite in secoli di progresso ed evoluzione della medicina, a vincere sono ancora i particolarismi ed il proprio egocentrismo. A rappresentare questi disvalori è l’algida Christine Lagarde, che è succeduta alla BCE al posto di Mario Draghi appunto. Lei, la politica francese, avvocatessa ex direttrice del Fondo monetario internazionale, subentrata a sua volta al discusso Strauss-Khan, sembra invece che quel vaccino chiamato Quantitative Easing, di cui abbiamo parlato poco prima, non l’abbia minimamente preso in considerazione, affermando anzi in maniera sprezzante “Non siamo qui per chiudere gli spread, ci sono altri strumenti e altri attori per gestire quelle questioni”, dichiarazione resa in un momento di gravità assoluta, e marcando una volta di più il carattere esemplare della sua inconsistenza.
Di fatto, è stata la dichiarazione che ha fatto esplodere lo spread, assestando un colpo gravissimo al nostro paese nel momento di maggiore difficoltà, quando eravamo già in ginocchio per la pandemia di coronavirus e per una crisi economica praticamente già in atto. In un frangente in cui i fratelli europei si sarebbero dovuti stringere per essere più uniti, per lottare e sconfiggere insieme questa pandemia più grande di noi, ancora una volta sono emerse profonde ed insanabili divisioni.
Economiche, come abbiamo visto. – Geografiche, con la chiusura delle frontiere al nostro paese, come se il contagio fosse una questione tutta italiana, essendo d’un tratto marchiati come gli untori manzoniani. – Umane: Francia e Germania hanno bloccato alle frontiere le forniture sanitarie destinate all’Italia e soltanto dopo forti pressioni del Commissario Ue al Mercato interno, il materiale medico richiesto, tra cui le famigerate mascherine protettive, è arrivato nel nostro paese. Berlino e Parigi volevano tenere per loro le attrezzature sanitarie, poi hanno dovuto cedere.
Non esiste, neppure nella sciagura, alcuna compenetrazione tra realtà che sulla carta dovrebbero essere una cosa sola. Eppure, per gli altri, nel momento del bisogno, gli italiani ci sono sempre stati. Quando tutto sarà passato, qualche domanda sul significato di Europa unita dovremo pur porcela, se abbiamo come vicini di casa paesi che hanno completamente smarrito la solidarietà in nome di se stessi, anche di fronte ad una situazione del genere.
Se tempo addietro ci stupivamo dei particolarismi nazionali oltre ogni logica rispetto all’interesse supremo europeo, se ci stupivamo delle divisioni sull’immigrazione, evidentemente non avevamo ancora visto nulla. Se Bruxelles, Roma, Madrid, Parigi e Vienna parlano lingue inconciliabili e non quell’esperanto che dovrebbe essere il segno distintivo del Vecchio Continente, allora l’Europa non solo ha smarrito la propria identità, ma ha smarrito soprattutto se stessa. E davanti ad una simile evidenza, anche il più inguaribile ottimista sarebbe roso da dubbi irrisolvibili.☺

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