Ex cattedra
5 Maggio 2017
La Fonte (351 articles)
Share

Ex cattedra

22 settembre 1985. Primo giorno di scuola. Si inizia già con l’orario completo. Ma con classi e docenti provvisori. E le supplenze, si sa, sono un martirio. Per chi le fa e per chi le riceve.

Riparte la giostra scolastica, nel libro di Domenico Starnone Ex Cattedra e altre storie di scuola, così come è appena ripartita da noi (beh, da noi ancora più pasticciata del solito grazie allo sconsiderato sistema inaugurato dalla renziana “Buona Scuola”, ma lasciamo perdere).

Parte, nel libro, così: con i soliti alunni pronti a beccare il docente in fallo, gli estenuanti collegi dei docenti, le fantomatiche commissioni su improbabili aspetti della vita scolastica, qualche agitazione, il corpo docente diviso e alle prese con improbabili progetti, le assemblee sindacali, qualche giovane e avvenente collega pronta ad accettare la corte di qualche latin lover. Il registro da aggiornare e tenere in ordine, i consigli di classe utili solo allo sfogo collettivo della frustrazione dei docenti, le interrogazioni così vuote di contenuti da sembrare inutili, i compiti da correggere che si ammassano sulla scrivania in attesa di una benevola e solerte matita rossoblu.

Il preside, poi, che sollecita – come una litania – la necessità di essere pratici e dispensa i suoi “non facciamo poesia” di fronte ad ogni proposta. Come se la poesia, la cultura, il pensiero critico, fossero qualcosa di disdicevole e, soprattutto, di necessariamente altro rispetto alla vita reale.

Logica contro poesia, adempimenti contro educazione, efficientismo contro passione. Questa è la scuola che ci racconta Starnone, attraverso questa raccolta di articoli pubblicati su Il Manifesto tra il 1985 e il 1986, e la cui prima raccolta in volume, dall’aspetto di un romanzo-saggio, risale al 1989 ma è ancora, tristemente, attualissima, per cui la consiglio oggi di vero cuore.

Una fotografia realistica ma desolante, senza sconti per nessuno. Un mondo nel quale tutti sono un po’ vittime: gli studenti degli insegnanti, gli insegnanti del preside, il preside del sistema (e della sua ignoranza). Cronache scolastiche raccontate con ironia da chi nella scuola ci ha vissuto e lavorato davvero, scuola che avvia, inesorabilmente, un processo di decadenza che sembra non essersi invertito. Un processo nel quale il docente è sconfitto, sfiduciato. E la tentazione di abbandonare il campo è davvero forte. Dov’è finita quella passione per la scuola pubblica, per l’insegnamento alla don Milani? Del ’68 resta solo la nostalgia. Che non basta, anzi, spesso intralcia e toglie sostanza alle cose.

Starnone descrive, tendendo sempre ad un garbato sorriso, colleghi ideologizzati e demotivati, velleitari e disimpegnati; e poi studenti superficiali e svogliati, secchioni ingenuamente sedotti dalla politica, sbandati e maleducati; infine presidi manager ignoranti e arroganti e riunioni pomeridiane interminabili e inutili, alle prese con una burocrazia vacua e ottusa. E sullo sfondo il conflitto tra gli USA e la Libia, le manifestazioni contro il razzismo e l’apartheid, di cui gli studenti sapevano poco ma si riempivano la bocca, l’eco delle contrapposizioni politiche, il mito americano, il nucleare. Temi appassionanti ma che non riescono a coinvolgere, nel profondo, la scuola.

Ne viene fuori un quadro che, pur facendo spesso sorridere, è molto sconfortante.

Nei racconti di Starnone si ritrovano ef- fettivamente quegli anni ‘80 cantati da Raf, così come quei professori di sinistra, eredi del ’68 (attivisti di una politica che per i ragazzi restava il più delle volte lontana e incomprensibile) che, secondo la prospettiva del libro, hanno rovinato tanti studenti, perché li hanno privati di una buona preparazione di tipo tradizionale e non hanno saputo sostituirla con nulla. Ben pochi, in quella classe docente, (Starnone non lo dice apertamente ma tutto il libro porta questo messaggio) hanno saputo spiegare e mostrare ai loro allievi che studiare significa acquistare conoscenza e consapevolezza, capacità di riflessione e senso critico, desiderio di mettersi in gioco in prove sempre più impegnative.

Il titolo Ex cattedra allude in effetti, con un arguto gioco di parole, al fallimento di un personaggio un tempo autorevole, il docente, costretto a scendere “ex cathedra”, visto che la cattedra non esiste più. È una ex-cattedra, appunto.

Il volumetto si legge tutto d’un fiato, e vi si ritrova non solo il passato ma anche il presente (per certi versi non è cambiato molto in questi venti e più anni); si ride pure, ma più spesso si prova amarezza. E fastidio.

Perché Ex cattedra è, a conti fatti, il diario di una rinuncia. Di una rinuncia colpevole e perfino vergognosa. Il personaggio di Starnone, e più ancora quello del collega Vivaldi, nonostante l’impegno politico e sindacale, dimostrano la perdita della fiducia in se stessi e nella propria concreta possibilità di cambiare il mondo. O almeno di provarci.

I docenti di Starnone sono uomini e donne in realtà stanchi, che si perdono dietro parole vuote (o dietro le gonne di una studentessa, nel caso di Vivaldi), che cercano pateticamente di negare a se stessi il proprio tramonto.

È vero. È cominciato così il declino della scuola italiana. Ma, se consiglio questa lettura “vecchiotta” a chi non l’ha ancora avuta fra le mani, e lo faccio proprio al principio di un nuovo anno scolastico, non è per cedere allo sconforto, tutt’altro. È proprio per non finire disillusi e sfiduciati come l’autore, che – pur nella grandezza e lucidità di un’ analisi impeccabile della scuola italiana alla deriva – la dipinge senza possibilità di riscatto.

No. Chi nella scuola lavora e si confronta quotidianamente con certe enormi difficoltà, sa che ridare senso al proprio ruolo è di vitale importanza, sa che non si può gettare la spugna. È solo facendo con coscienza, amore e un’enorme pazienza questo mestiere, nel proprio angolo di mondo, si può contribuire a migliorare il sistema: partendo dal piccolo, dal poco, da quello che io faccio nel quotidiano, a dispetto di tutto quello che non funziona.

È questo l’augurio che faccio ai miei colleghi, in una fase delicatissima della scuola italiana, che si trova in balìa della sciagurata incompetenza e arroganza di chi ci governa. Essere consapevoli dei mali del sistema (sempre con una strizzatina d’occhio alla risata e all’autoironia, che Starnone ci regala in ogni pagina con simpatia per stemperare l’amarezza) sia solo uno stimolo per ripartire con la giusta carica e per far sentire ai nostri alunni che ci siamo, orgogliosi di quello che siamo.

Si può fare.

Buon anno scolastico. ☺

 

La Fonte

La Fonte