Fardelli pesanti
6 Dicembre 2021
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Fardelli pesanti

“Legano fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito” (Mt 23,4). È forse la frase più lapidaria ed eloquente che Gesù abbia usato per descrivere coloro che ai suoi tempi incarnavano la quintessenza dell’ipocrisia: gli scribi e i farisei. I primi sono paragonabili ai teologi, agli esperti delle Scritture di ogni tempo, al clero che insegna ciò che si deve e non si deve fare. I secondi sono invece accostabili ai laici intransigenti o i politici che anche in modo polemico vogliono imporre la loro visione del mondo a tutti, perché tutti dovrebbero, secondo loro, agire seguendo i loro dettami.

È questa la frase che più mi è tornata in mente guardando ciò che è accaduto nel Senato italiano ma anche fuori, nel tempestivo comunicato della chiesa italiana che ha benedetto l’esito del voto, senza però prendere le distanze dallo spettacolo indecente che ha degradato la dignità del Senato (se ancora ce ne fosse stato bisogno, visto certi personaggi che ne occupano gli scranni non per la convinta volontà del popolo, ma perché grazie a leggi elettorali porcate si sono semplicemente nominati da soli). Sto parlando ovviamente del giorno in cui è stato bocciato il disegno di legge Zan sulle discriminazioni di genere. Non entro nel merito del contenuto del ddl, che forse aveva troppi punti deboli e avrebbe creato forse più problemi di quanti ne voleva risolvere, ma parlo piuttosto della reazione esagitata e delirante di una parte dell’Aula del Senato, che, se fosse spinta da senso dello Stato, dovrebbe manifestare entusiasmo da bettola ogni volta che il loro voto vince su qualsiasi argomento. Invece mi è sembrato lo sfogo di chi si sente ancora libero di usare epiteti offensivi verso ogni persona che non risponde ai propri canoni di virilità o forza fisica, cosa che non sarebbe stata più possibile qualora il disegno di legge fosse stato approvato. Ma, come dice il proverbio, il diavolo fa le pentole ma non i coperchi, visto che proprio in questo periodo chi ha usato i social per diffondere il verbo violento di certa destra nei confronti di qualsiasi categoria non in linea con le proprie idee è stato scoperto appartenere proprio ad una di quelle categorie, ovviamente nel modo più insulso possibile, e cioè a pagamento.

E se guardiamo al mondo del clero dove si continua ad etichettare l’orientamento sessuale secondo o contro natura e si fanno grida di manzoniana memoria per decretare che per diventare preti bisogna essere uomini e maschi a tutto tondo mentre la realtà vera dice che il sistema chiesa si regge con percentuali alte su chi ha altri orientamenti, non posso non riconoscere l’estrema attualità della denuncia che Gesù faceva ai suoi contemporanei ipocriti e disumani e che immagino farebbe oggi proprio contro coloro che si dicono difensori del trinomio dio-patria-famiglia. Il capitolo 23 del vangelo di Matteo è un capolavoro dal punto di vista della retorica giudiziaria, un vero atto di accusa contro ogni sistema che si fonda sulla legittimazione del sopruso e della legge del più forte non curandosi di lasciare continuamente vittime innocenti sulla propria strada, pur di difendere le proprie ideologie che nulla hanno a che fare con la vita reale, visto che neppure coloro che le propagandano sono in grado di viverle, ma fingono semplicemente perché le chiacchiere ottengono più consenso dell’ impegno nascosto e concreto.

Nelle uscite televisive del capo della Lega ho sentito più volte citare il papa come sostenitore delle tesi leghiste sulla questione del disegno di legge: mi sarebbe piaciuto un comunicato in cui si fosse diffidato quel soggetto dal chiamare in causa il papa, forse perché a corto di propri argomenti razionali a sostegno della sua posizione e ritenendo quindi necessario appellarsi al mondo del divino. E mi sarebbe piaciuta una presa di posizione di condanna da parte della chiesa,  in quello stesso comunicato, contro lo spettacolo squallido di quelle urla che davano la sensazione di poter dire liberamente quegli epiteti che ipocritamente si condannano, un po’ come la strana voglia di sollevare il braccio teso ed urlare un “eia eia alalà”. Sarebbe interessante rileggere il discorso di Gesù sostituendo agli scribi e i farisei che ormai sono consegnati alla storia altre categorie: magari leggere “guai a voi preti e politici ipocriti che percorrete il mare e la terra per fare un solo proselito e quando lo è diventato lo rendete degno della Geenna (cioè dell’inferno) due volte più di voi” (Mt 23,15). Oppure, per riprendere la scena di un bel film canadese, Jesus of Montreal, “Non chiamate nessuno padre o maestro, o monsignore o eccellenza o eminenza sulla terra perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste e voi siete tutti fratelli” (cfr. 23,9).

Se si desse veramente ascolto al vangelo anziché brandirlo come arma impropria contro altre culture e religioni, potremmo comprendere che non c’è nessuna idea o ideologia o sacro dogma che può far sentire qualche essere umano meno degno di altri o meno amato da Dio o che possa essere contro natura, perché già per il fatto di esistere significa che è un dono prezioso della fantasia infinita della natura che è il riflesso dell’infinità di Dio.☺

 

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