fare società  di Leo Leone
30 Ottobre 2011 Share

fare società di Leo Leone

 

In un clima diffuso di crisi dilagante non è facile recuperare segnali di ripresa. In molte dimensioni della vita individuale e sociale. Potrebbe portarci tutti a rassegnarci all’esistente. Lo abbiamo respirato in Molise in questa fase elettorale. Ma pervade l’intera Italia e non solo.

La crisi di rappresentanza, il perdurare di collateralismo, individualismo, clientelismo… e quant’altro, nel logoro patrimonio lessicale della politica più recente, ha infestato la mente e il cuore di gruppi e persone che fanno fatica a riprendere un cammino di speranza e di cittadinanza attiva. Sull’ individualismo imperante è intervenuta a più riprese negli ultimi tempi la Chiesa italiana suscitando risentimenti ma anche voglia di andare oltre. Ad essa si sono affiancati analisi e allarmi giunti a noi da voci e testimonianze di provenienze culturali e professionali le più diverse.

Perché non rifarsi ad un etimo antico della parola crisi? Perché assegnare a tale fenomeno sempre e solo il senso della “rottura”, del “tramonto” di speranze, della decrescita e della disfatta a carico dei più deboli?  Oggi siamo presi da un contagio di stampo apocalittico che mai, forse, nella storia degli ultimi decenni (o secoli?…) aveva pervaso l’intero universo. La crisi come… diluvio universale. Non a caso, salvo poche nazioni rimaste immuni (fino ad oggi) e con la constatazione palese che a pagarne il prezzo sono per primi i popoli e gli stati che si erano nel tempo conquistati gli avamposti nella gerarchia dei poteri e della finanza: USA, Europa, Giappone…

Aggiungi che il fenomeno della globalizzazione ha causato la dispersione del senso di identità di etnie, popoli e nazioni, con ricadute micidiali nel campo dell’economia della piccola e media impresa, dei piccoli centri che si alimentavano nella accorta e attiva coltura dell’agroalimentare, dell’artigianato e nel culto della famiglia e dei valori ad essa connessi. A pagarne i prezzi sono le piccole e medie aziende, come pure le piccole comunità a partire dalla famiglia, per poi estendersi ai borghi, paesini ed etnie ristrette di qualsiasi provenienza geografica. Così come assistiamo sempre più all’iper- mercato che invade, che si dà regole solo centrate sull’accumulo di capitale finanziario per i più potenti. Del “capitale umano” si fanno scorrere solo ciance in sedi di circoli culturali e nei glossari in uso nei rituali siti e sui volti della politica.

Ma la parola “crisi”, antica come l’uomo, ha un suo significato primordiale di “passaggio” che va ben oltre, potrebbe azzerare quel significato esclusivamente negativo che in questi tempi lo ha contraddistinto. Forse è l’ora di recuperarlo e di tradurlo in processo di vita, in strategia di cambiamento, in proposte concrete, operative, volte al riscatto di tutti, a partire dai più deboli.

Da tempo abbiamo, anche su queste pagine, accennato all’avvio di un progetto mirato alla creazione di una Fondazione di Comunità in Molise. Sono trascorsi due anni di dissodamento di terreno e di accorta azione di semina volta ad aggirare il rischio di fare utopia, che finisce col confermare la sfiducia nel cambiamento e dar man forte a chi gestisce la congiuntura di crisi permanente. Spesso sono i furbi, quelli ai quali il cambiamento fa paura, perché sottrae il potere a chi lo possiede. Molise Comunità è approdato dall’ottobre dello scorso anno a costituire un gruppo promotore sottoscritto dai quattro vescovi delle diocesi molisane; dal rappresentante del Forum di Terzo Settore del Molise, che racchiude associazioni di volontariato, gruppi cooperativi e di promozione sociale; da due titolari di imprese di rilievo in regione, Enrico Colavita e Vincenzo Ferro. Di recente si è aggiunto un affermato manager dell’industria e del lavoro, Nicola Baranello.

Ora siamo al punto clou della vicenda. Si tratta di estendere all’intera cittadinanza molisana la sfida/proposta con la quale si tratterebbe di delineare orizzonti di cambiamento nella cultura, nel welfare state. Insomma, per dirla con un linguaggio che è divenuto da tempo linea di azione per molti promotori di un mondo nuovo, si tratta di “fare società” promuovendo attori che siano in grado di connettere territorio e universo, andando oltre l’isolamento dei piccoli; risanare il rapporto tra mercato e società; ricomporre il tessuto tra l’individuo e la collettività, creare reti e infrastrutturazione sociale sul territorio.

Il cammino è stato già avviato. Il 3 settembre a Capracotta, il comune-vedetta del Molise, si è effettuata la prima tappa di un itinerario che percorrerà l’intera regione per lanciare l’idea-progetto e con essa diffondere la campagna per la raccolta fondi, già avviata dal gruppo promotore con offerte di rilievo dei singoli aderenti, da destinare al raggiungimento della quota prevista per il riconoscimento della fondazione. Obiettivi: la realizzazione di progetti per lo sviluppo di interventi innovativi rivolti alle categorie sociali deboli; la valorizzazione dei beni e delle attività di interesse artistico, storico e culturale di questa nostra terra; l’attenzione da prestare alle nuove generazioni che pagano il prezzo più esoso in questo stato di crisi. Creare reti e infrastrutturazione sociale sul territorio.

La prossima tappa dell’itinerario di Molise Comunità è programmata per l’11 novembre a Campobasso. Sarà ospite il presidente nazionale della Fondazione con il Sud, Carlo Borgomeo, personalità di grande rilievo in campo nazionale che ha accettato con palese entusiasmo di partecipare e dar risalto all’evento che può fornire un chiaro segnale di cambiamento. Interverranno inoltre all’incontro, aperto all’intera cittadinanza, il presidente del Consiglio Direttivo e mons. GianCarlo Bregantini arcivescovo di Campobasso.☺

le.leone@tiscali.it

 

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