Fatti per l’amore
15 Maggio 2021
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Fatti per l’amore

Il terzo passo che papa Francesco ci fa compiere in Fratelli tutti è quello di tracciare il cammino verso un nuovo sogno di fraternità e di amicizia sociale che non si limiti alle parole. Il terzo capitolo dal titolo “Pensare e generare un mondo nuovo” si concentra sulla forza generativa dell’amore, la sola capace di costruire società aperte che integrino tutti. Una forza tanto lontana da quella vaga idea di “amore universale” che riduce il bene comune alla realizzazione di un “mondo di soci” accaparratori delle risorse, in conflitto tra loro; forza altrettanto estranea ad un ideale solo mondano di libertà, uguaglianza e fraternità che non promuove né tutela la dignità di ogni singola persona umana in quanto tale e non accoglie l’affermazione del bene morale in ogni situazione.

“Pensare” e “generare” sono i verbi tipici della creatività culturale e della generatività esistenziale dentro la visione di fondo che dirige i processi deliberativi della libertà di ognuno. Il binomio pensiero-creatività mosso dall’amore “crea legami e allarga l’esistenza, quando fa uscire la persona da se stesso verso l’altro. Siamo fatti per l’amore e c’é in ognuno di noi una specie di legge di estasi: uscire da se stessi per trovare negli altri un accrescimento di essere” (n.88). “La nostra relazione, se é sana e autentica, ci apre agli altri che ci fanno crescere e ci arricchiscono” (89). Mentre “i gruppi chiusi e le coppie autoreferenziali, che si costituiscono in un noi contrapposto al mondo intero sono forme idealizzate di egoismo e di mera autoprotezione” (89).

La testimonianza storica delle piccole popolazioni sopravissute in zone desertiche ne è esempio, come anche la regola monastica di san Benedetto esigeva che “i poveri e i pellegrini fossero trattati con tutto il riguardo e la premura possibile” (90). Siamo al cuore della visione cristiana della vita e della relazione comunitaria fondata sull’amore reciproco. Tanto che “la statura spirituale di un’esistenza umana é definita dall’amore.., criterio definitivo sul valore o il disvalore di una vita umana” (92). E grazie alle crescenti interconnessioni “pur nelle diversità delle etnie, delle società e delle culture, vediamo seminata la vocazione a formare una comunità composta da fratelli che si accolgono reciprocamente, prendendosi cura gli uni degli altri” (96). Ne deriva un progetto di società aperte che integrano tutti.

Papa Francesco ci regala ancora una espressione antropologica scovata nelle “periferie che si trovano vicino a noi”, un aspetto dell’apertura universale dell’amore che non é geografico ma esistenziale: “la capacità quotidiana di allargare la mia cerchia, di arrivare a quelli che spontaneamente non sento parte del mio mondo di interessi… ogni fratello o sorella sofferente, abbandonato o ignorato dalla mia società è un forestiero esistenziale”. (97). A questi si aggiungono gli esiliati occulti trattati come corpi estranei della società… tante persone con disabilità “sentono di esistere senza appartenere e senza partecipare… persone anziane sentite a volte come un peso” (98): comprensioni inadeguate di un amore universale che richiede il coraggio di “andare oltre un mondo di soci”.

“Quale reazione suscita la narrazione della parabola del samaritano nel nostro mondo dove compaiono continuamente e crescono gruppi sociali che si aggrappano ad una identità che li separano dagli altri?” (102). In questo schema rimane esclusa la possibilità di farsi prossimo, acquista senso solo la parola “socio” per determinati interessi. La fraternità si eclissa dentro la trilogia portante della modernità politica e sociale: libertà, uguaglianza e fraternità. Eppure proprio la fraternità ha molto da dare alle altre due altrimenti la libertà si restringe ad una condizione di solitudine o di pura autonomia e l’uguaglianza è asfissiata nei mondi chiusi abitati dai soci. Il virus più difficile da sconfiggere è l’individualismo: una concezione della persona umana staccata da ogni contesto sociale ed antropologico quasi come una “monade” sempre più insensibile.

Riscoprire il valore autentico della solidarietà esige di riproporre la funzione sociale della proprietà, la tutela e la promozione di diritti senza frontiere e dei diritti dei popoli. Un amore vero è attento alla concretezza delle situazioni, impegnandosi per la piena realizzazione umana dei più deboli e sfruttati, delle donne non riconosciute nella loro dignità personale, di quanti sono portatori di disabilità, degli anziani, dei più vulnerabili e meno dotati di possibilità, specialmente fra i giovani e meno abbienti. Respiro universale e concretezza degli atti in cui viene ad esprimersi sono caratteristiche inscindibili del vero amore.

E conclude: “Se non ci si sforza di entrare in questa logica, le mie parole suoneranno come fantasie. Ma se si accetta il grande principio dei diritti che promanano dal solo fatto di possedere l’inalienabile dignità umana, è possibile accettare la sfida di sognare e pensare ad un’altra umanità. È possibile desiderare un pianeta che assicuri terra, casa e lavoro a tutti. Questa è la vera via della pace, e non la strategia stolta e miope di seminare timore e diffidenza nei confronti di minacce esterne. Perché la pace reale e duratura è possibile solo a partire da un’etica globale di solidarietà e cooperazione al servizio di un futuro modellato dall’interdipendenza e dalla corresponsabilità nell’intera famiglia umana” (n.127).☺

 

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