Felci e leggende di giugno
2 Giugno 2021
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Felci e leggende di giugno

Le felci, piante spontanee antichissime, sono apparse sulla terra circa 400 milioni di anni fa, molto prima di tutte le piante che portano fiori. Esse infatti, pur avendo un vero cormo dove si distinguono nettamente radici, fusti e foglie, sono prive di apparati fiorali e la loro riproduzione è affidata alle spore, presenti nella pagina inferiore delle foglie da luglio a settembre. Ma l’eleganza delle fronde le rende molto interessanti dal punto di vista ornamentale. Pertanto non è raro trovarle negli angoli dei giardini poco esposti al sole, dove poche altre piante sarebbero in grado di sopravvivere e dove esse ingentiliscono e vivificano l’ambiente con il loro tenue colore verde.

Le felci sono piante perenni con un particolare fusto sotterraneo, detto rizoma, che ogni anno emette nuove radici e fusti avventizi. È carattere comune a tutte le varietà l’accartocciamento dell’apice delle foglie dovuto alla maniera non uniforme con la quale avviene lo sviluppo delle varie parti. Da giovani, le foglie sono arrotolate a pastorale, poi assumono la classica forma pennata, che può superare anche il metro di altezza.

L’habitat preferito dalle piante nate spontaneamente è quello dei boschi ombrosi di castagno e quercia, ma si trovano anche nelle sterpaglie, negli incolti e nei pascoli. Si tratta di specie invadenti, spesso con fitti ed estesi raggruppamenti che sconsigliamo di bruciare ai fini di un loro controllo, perché il fuoco ne favorisce la diffusione. Queste piante preferiscono suoli a reazione acida (convivono spesso con castagni e betulle) fino a 2.000 metri di altitudine. Coltivate in vaso riempiono una stanza con l’ampio raggio del loro fogliame. Molto belle esteticamente vanno assolutamente tenute in casa: donate in vaso o recise e accompagnate con alcuni fiori, si riveleranno un ottimo portafortuna.

Le specie più comuni sono:

– la felce maschio (Dryopteris filix-mas), dal greco drŷs, “quercia” e pterís, “felce”. Gli antichi Greci designavano con questo nome una felce che cresceva alla base delle querce;

– la felce femmina (Athyrium filix-foemina), di etimologia incerta;

– la felce aquilina (Pteridium aquilinum) dal greco pterís, “felce”, oppure, secondo altri, ptern, “ala”, probabilmente per l’aspetto delle foglie. L’aggettivo aquilinum si riferisce alla disposizione dei fasci vascolari delle foglie, tali da formare, sezionando il picciolo, il disegno stilizzato di un’aquila a due teste.

Oggi nel mondo si contano circa 10.000 specie di felci, alcune delle quali crescono spontaneamente soprattutto nelle regioni in cui l’elevato tasso di umidità garantisce un clima ideale per il loro sviluppo. Verso la fine dell’Ottocento una delle mode più seguite dagli amanti di giardinaggio era quella di raccogliere le varie forme di foglie di questa pianta fino a collezionarne oltre 2.000 varietà. Durante il periodo delle due guerre l’interesse andò scemando per poi risvegliarsi negli ultimi anni.

Le grandi fronde sono usate come lettiere e qualche volta come foraggio. Quelle giovani, arrotolate, possono essere bollite come gli ortaggi; durante i periodi di carestia, in Norvegia, venivano aggiunte al pane e usate per produrre la birra. Il rizoma, specie quello della felce maschio, contiene acido filicilico, un’essenza complessa tra i migliori vermifughi, particolarmente attiva nei confronti di tenie e ascaridi. Di questa proprietà parlano anche Teofrasto, Dioscoride e Plinio. L’azione benefica è massima quando il rizoma è fresco, ma l’estratto che se ne può ricavare è da usare con cautela per la sua elevata tossicità, che può causare gravi disturbi all’apparato digerente, al sistema nervoso e al sistema circolatorio. Recenti ricerche hanno isolato nelle felci sostanze sicuramente cancerogene. In Giappone, dove vengono frequentemente mangiate cotte come verdura, è stata confermata una stretta relazione tra il loro consumo e forme tumorali dell’esofago e dello stomaco.

In mitologia la felce era la pianta consacrata al dio Pan, il dio pastore della campagna, dei pascoli e delle selve.

Nel linguaggio dei fiori e delle piante, probabilmente per le sue antichissime origini e per l’uso ‘profetico’ che per secoli ne è stato fatto, la felce simboleggia il mistero e l’ignoto. Secondo una leggenda, allo scoccare della mezzanotte tra il 23 e il 24 giugno devono essere poste alcune foglie di felce, appena raccolte, a contatto con gli oggetti preziosi della propria abitazione affinché all’interno prosperi sempre l’abbondanza. E secondo un’altra tradizione popolare, raccogliere delle foglie di felce all’alba del 24 giugno, farle essiccare e portarle con sé garantirebbe la massima fortuna nel lavoro.☺

 

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