gocce mediatiche
31 Dicembre 2010 Share

gocce mediatiche

 

Prima di congedarsi l’anno 2010 ci ha regalato una delle più clamorose “bolle mediatiche” degli ultimi anni.

Annunciati, pubblicizzati, spasmodicamente attesi, i segreti carpiti dal sito Wikileaks [pronuncia: uichilics] hanno convulsamente animato la discussione di qualche serata lasciando – come suol dirsi – il tempo che hanno trovato! Molto rumore per nulla, commenterebbe Shakespeare.

Del fenomeno possono essere fornite valutazioni differenti: lo si può collocare nella scia delle manifestazioni che tendono a far parlare di sé, a stupire lettori e spettatori, a catalizzare l’attenzione dell’intero pianeta nell’era della globalizzazione. Al contrario esso può invece timidamente rappresentare la voglia di trasparenza circa eventi, persone, notizie; il desiderio di conoscere e di leggere i fatti sotto una luce nuova, più aderente alla loro realtà.

Come valutare il fenomeno?

Partiamo dall’etimologia del nome attribuito al sito Internet: Wikileaks. Il vocabolo è composto dal prefisso Wiki che denomina alcuni siti della rete e che deriverebbe da una parola tratta dalla lingua delle isole Hawai che significa “veloce” – anche se potrebbe sintetizzare in sigla la frase What I Know is [pronuncia: uod ai no is] “Ciò che so è”. La seconda parola è leak(s), “far trapelare”, verbo che tradurrei anche “gocciolare”, poiché semanticamente attiene allo scorrere, alla fuoriuscita di un liquido – e l’idea è ben rappresentata nel logo del supercontestato sito!

L’uso sempre più diffuso della rete Internet rappresenta certamente una delle principali ragioni per cui Wikileaks ha avviato la discussa operazione. Tramite la rete, infatti, numerosissime sono le informazioni che viaggiano e che possono raggiungere persone nei luoghi più disparati e distanti.

A cosa servirebbe un sito se non ci fossero utenti disposti a visionarlo?

L’idea di catturare l’attenzione di un pubblico vastissimo, proponendo tra le informazioni quelle cosiddette “riservate”, “segrete”, che solamente perché accompagnate da tale qualifica di conseguenza suscitano interesse ed invitano ad usufruire del sevizio offerto, risulta vincente in una società che, com’è noto, commercializza e pone in vendita tutto. Anche le notizie, allora, diventano prodotto da scambiare per ricavarne profitto!

Ma cosa ha poi rivelato Wikileaks?

Per quanto gli utenti medi – quali noi siamo – hanno potuto comprendere, il “prodotto” offerto non è risultato affatto sconvolgente, nulla che non potesse essere previsto, dedotto, intuito da chi non si accontenta di farsi raccontare la realtà ma ha voglia di guardarsi intorno e capire!

Una lettura quindi piuttosto piatta e monotona del mondo, ingigantita dalla campagna pubblicitaria che ha posto in evidenza, nel tentativo di attirare l’attenzione, l’elevato grado di riservatezza che copriva dette informazioni provenienti dagli archivi inespugnabili dei palazzi che contano!

Al di là dell’aspetto puramente “commerciale” del- l’operazione Wikileaks, fa riflettere invece l’oggetto cui il sito sembra aver riservato grande importanza: notizie, informazioni, retroscena, insomma eventi accaduti non ancora completamente raccontati. Oppure sottratti al pericolo di essere ingiustamente dimenticati.

Quante cose passano rapidamente nell’oblìo! E quanto labile si mostra la capacità della società contemporanea di ricordare!

Abbiamo tuttora bisogno di “giornate della memoria”, di fermarci per celebrare anniversari, di lanciare il nostro sguardo non soltanto oltre l’ostacolo ma volgerlo indietro, contemplando il percorso compiuto, ripensando alle difficoltà superate, rispettando il dolore sofferto.

La narrazione di storie coincide con la conservazione della memoria.

Forse tale ambizioso obiettivo non era contemplato tra quelli cui si sono ispirati i creatori di Wikileaks; forse non li ha nemmeno sfiorati l’intuizione che raccontare qualcosa è come liberare “gocce di memoria”.☺

dario.carlone@tiscali.it

 

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