Un nuovo strumento di pianificazione e gestione strategica e partecipata dei territori fluviali, e non solo, va sotto il nome generico di Contratti di fiume. La storia dei fiumi è la storia dei territori che attraversano. Il loro comportamento e il loro destino s’intrecciano, nel bene e nel male, con quelli delle comunità che quei territori abitano. Migliorare la gestione e la pianificazione all’interno dei bacini fluviali significa, innanzitutto, minimizzare i fattori di rischio.
La riduzione della sezione degli alvei fluviali e la canalizzazione dei fiumi rappresentano un fenomeno di artificializzazione che, a partire dai centri urbani, si estende progressivamente in campo aperto. L’accresciuta velocizzazione delle acque e la torrentizzazione del regime idrologico sono le più immediate conseguenze, senza contare quelle che possono causare determinati sistemi colturali (spandimenti e composti chimici), tecniche di coltivazione, modalità di arginatura e difesa dei campi dai corsi d’acqua, assieme ad un continuo disboscamento e occupazione di zone di aree demaniali e di pertinenza fluviale e/o lo sfruttamento intensivo e poco programmato del territorio, la presenza di aree produttive, di quelle interessate dall’estrazione di inerti in alveo, abusivismo… impermeabilizzazione dei terreni. Così per la riduzione delle zone umide, delle lanche fluviali e spostamento dei fiumi dalle aree golenali che proteggono i territori dalle inondazioni e/o il depauperamento dei boschi idrofili che un tempo contornavano ogni fiume e dissipavano parte dell’energia delle acque di piena. Aggressione ad habitat fluviali in cui vive il 60% dell’avifauna nazionale.
L’accordo, palesato attraverso un contratto di fiume, deve garantire un equilibrio tra i molteplici usi dei fiumi e il raggiungimento di obiettivi che appartengono a tutti, come la qualità ambientale e paesaggistica, il diritto alla salute e alla sicurezza. Il contratto di fiume è la sottoscrizione di un accordo che permette di “adottare un sistema di regole in cui i criteri di utilità pubblica, rendimento economico, valore sociale, sostenibilità ambientale intervengono in modo paritario nella ricerca di soluzioni efficaci per la riqualificazione di un bacino fluviale” (definizione del 2° World Water Forum, 2002). L’obiettivo di un contratto di fiume è di costruire, anche attraverso il coinvolgimento attivo delle comunità locali, il passaggio da politiche settoriali di mitigazione del rischio e inquinologico a politiche integrate di riqualificazione ecologica, fruitiva e paesistica del sistema fluviale, quali protezione e tutela degli ambienti naturali, tutela delle acque, difesa del suolo, protezione del rischio idraulico, tutela del paesaggio e delle bellezze naturali.
Il primo passaggio per capire come attuare un corretto approccio multiscalare ed integrato in ambito fluviale e lacustre si fonda sulle conoscenze e le interazioni tra direttive europee e leggi nazionali. Il caso dell’acqua rappresenta sicuramente uno dei settori prioritari per applicare processi di partecipazione. Nella gestione dell’acqua è, infatti, essenziale un coinvolgimento attivo e propositivo di tutti gli attori sociali al fine di promuovere soluzioni collettive ed evitare l’insorgere di conflitti.
I contratti di fiume si svilupparono in Belgio nella regione della Vallonia nel 1988. In Lombardia la L.R. 26/2003 prevede espressamente il Contratto di Fiume e il Contratto di Lago come strumenti di programmazione negoziata per la promozione della “concertazione e l’ integrazione delle politiche a livello di bacino e sottobacino idrografico, con la partecipazione di soggetti pubblici e privati, per la tutela e la valorizzazione delle risorse idriche e degli ambienti connessi e la salvaguardia del rischio idraulico. Per il Ministero dell’ Ambiente l’obiettivo è quello di giungere ad un riconoscimento dei CdF come strumento privilegiato per organizzare le politiche di bacino su cui allocare le risorse economiche necessarie a raggiungere il recupero e la riqualificazione degli ambienti fluviali. Al momento, nel collegato ambientale della Legge di Stabilità per il 2016, è inserito l’art. 24 bis che prevede ed inquadra i Contratti di Fiume nell’ambito della Pianificazione di distretto idrografico.
Di fronte ad un modello di mercato mondiale neutro rispetto ai luoghi di produzione delle merci, è possibile realizzare beni rintracciabili solo in quel luogo del mondo, derivanti dall’incontro sapiente della società locale e il patrimonio identitario del luogo.☺
Un nuovo strumento di pianificazione e gestione strategica e partecipata dei territori fluviali, e non solo, va sotto il nome generico di Contratti di fiume. La storia dei fiumi è la storia dei territori che attraversano. Il loro comportamento e il loro destino s’intrecciano, nel bene e nel male, con quelli delle comunità che quei territori abitano. Migliorare la gestione e la pianificazione all’interno dei bacini fluviali significa, innanzitutto, minimizzare i fattori di rischio.
La riduzione della sezione degli alvei fluviali e la canalizzazione dei fiumi rappresentano un fenomeno di artificializzazione che, a partire dai centri urbani, si estende progressivamente in campo aperto. L’accresciuta velocizzazione delle acque e la torrentizzazione del regime idrologico sono le più immediate conseguenze, senza contare quelle che possono causare determinati sistemi colturali (spandimenti e composti chimici), tecniche di coltivazione, modalità di arginatura e difesa dei campi dai corsi d’acqua, assieme ad un continuo disboscamento e occupazione di zone di aree demaniali e di pertinenza fluviale e/o lo sfruttamento intensivo e poco programmato del territorio, la presenza di aree produttive, di quelle interessate dall’estrazione di inerti in alveo, abusivismo… impermeabilizzazione dei terreni. Così per la riduzione delle zone umide, delle lanche fluviali e spostamento dei fiumi dalle aree golenali che proteggono i territori dalle inondazioni e/o il depauperamento dei boschi idrofili che un tempo contornavano ogni fiume e dissipavano parte dell’energia delle acque di piena. Aggressione ad habitat fluviali in cui vive il 60% dell’avifauna nazionale.
L’accordo, palesato attraverso un contratto di fiume, deve garantire un equilibrio tra i molteplici usi dei fiumi e il raggiungimento di obiettivi che appartengono a tutti, come la qualità ambientale e paesaggistica, il diritto alla salute e alla sicurezza. Il contratto di fiume è la sottoscrizione di un accordo che permette di “adottare un sistema di regole in cui i criteri di utilità pubblica, rendimento economico, valore sociale, sostenibilità ambientale intervengono in modo paritario nella ricerca di soluzioni efficaci per la riqualificazione di un bacino fluviale” (definizione del 2° World Water Forum, 2002). L’obiettivo di un contratto di fiume è di costruire, anche attraverso il coinvolgimento attivo delle comunità locali, il passaggio da politiche settoriali di mitigazione del rischio e inquinologico a politiche integrate di riqualificazione ecologica, fruitiva e paesistica del sistema fluviale, quali protezione e tutela degli ambienti naturali, tutela delle acque, difesa del suolo, protezione del rischio idraulico, tutela del paesaggio e delle bellezze naturali.
Il primo passaggio per capire come attuare un corretto approccio multiscalare ed integrato in ambito fluviale e lacustre si fonda sulle conoscenze e le interazioni tra direttive europee e leggi nazionali. Il caso dell’acqua rappresenta sicuramente uno dei settori prioritari per applicare processi di partecipazione. Nella gestione dell’acqua è, infatti, essenziale un coinvolgimento attivo e propositivo di tutti gli attori sociali al fine di promuovere soluzioni collettive ed evitare l’insorgere di conflitti.
I contratti di fiume si svilupparono in Belgio nella regione della Vallonia nel 1988. In Lombardia la L.R. 26/2003 prevede espressamente il Contratto di Fiume e il Contratto di Lago come strumenti di programmazione negoziata per la promozione della “concertazione e l’ integrazione delle politiche a livello di bacino e sottobacino idrografico, con la partecipazione di soggetti pubblici e privati, per la tutela e la valorizzazione delle risorse idriche e degli ambienti connessi e la salvaguardia del rischio idraulico. Per il Ministero dell’ Ambiente l’obiettivo è quello di giungere ad un riconoscimento dei CdF come strumento privilegiato per organizzare le politiche di bacino su cui allocare le risorse economiche necessarie a raggiungere il recupero e la riqualificazione degli ambienti fluviali. Al momento, nel collegato ambientale della Legge di Stabilità per il 2016, è inserito l’art. 24 bis che prevede ed inquadra i Contratti di Fiume nell’ambito della Pianificazione di distretto idrografico.
Di fronte ad un modello di mercato mondiale neutro rispetto ai luoghi di produzione delle merci, è possibile realizzare beni rintracciabili solo in quel luogo del mondo, derivanti dall’incontro sapiente della società locale e il patrimonio identitario del luogo.☺
Un nuovo strumento di pianificazione e gestione strategica e partecipata dei territori fluviali, e non solo, va sotto il nome generico di Contratti di fiume. La storia dei fiumi è la storia dei territori che attraversano. Il loro comportamento e il loro destino s’intrecciano, nel bene e nel male, con quelli delle comunità che quei territori abitano. Migliorare la gestione e la pianificazione all’interno dei bacini fluviali significa, innanzitutto, minimizzare i fattori di rischio.
La riduzione della sezione degli alvei fluviali e la canalizzazione dei fiumi rappresentano un fenomeno di artificializzazione che, a partire dai centri urbani, si estende progressivamente in campo aperto. L’accresciuta velocizzazione delle acque e la torrentizzazione del regime idrologico sono le più immediate conseguenze, senza contare quelle che possono causare determinati sistemi colturali (spandimenti e composti chimici), tecniche di coltivazione, modalità di arginatura e difesa dei campi dai corsi d’acqua, assieme ad un continuo disboscamento e occupazione di zone di aree demaniali e di pertinenza fluviale e/o lo sfruttamento intensivo e poco programmato del territorio, la presenza di aree produttive, di quelle interessate dall’estrazione di inerti in alveo, abusivismo… impermeabilizzazione dei terreni. Così per la riduzione delle zone umide, delle lanche fluviali e spostamento dei fiumi dalle aree golenali che proteggono i territori dalle inondazioni e/o il depauperamento dei boschi idrofili che un tempo contornavano ogni fiume e dissipavano parte dell’energia delle acque di piena. Aggressione ad habitat fluviali in cui vive il 60% dell’avifauna nazionale.
L’accordo, palesato attraverso un contratto di fiume, deve garantire un equilibrio tra i molteplici usi dei fiumi e il raggiungimento di obiettivi che appartengono a tutti, come la qualità ambientale e paesaggistica, il diritto alla salute e alla sicurezza. Il contratto di fiume è la sottoscrizione di un accordo che permette di “adottare un sistema di regole in cui i criteri di utilità pubblica, rendimento economico, valore sociale, sostenibilità ambientale intervengono in modo paritario nella ricerca di soluzioni efficaci per la riqualificazione di un bacino fluviale” (definizione del 2° World Water Forum, 2002). L’obiettivo di un contratto di fiume è di costruire, anche attraverso il coinvolgimento attivo delle comunità locali, il passaggio da politiche settoriali di mitigazione del rischio e inquinologico a politiche integrate di riqualificazione ecologica, fruitiva e paesistica del sistema fluviale, quali protezione e tutela degli ambienti naturali, tutela delle acque, difesa del suolo, protezione del rischio idraulico, tutela del paesaggio e delle bellezze naturali.
Il primo passaggio per capire come attuare un corretto approccio multiscalare ed integrato in ambito fluviale e lacustre si fonda sulle conoscenze e le interazioni tra direttive europee e leggi nazionali. Il caso dell’acqua rappresenta sicuramente uno dei settori prioritari per applicare processi di partecipazione. Nella gestione dell’acqua è, infatti, essenziale un coinvolgimento attivo e propositivo di tutti gli attori sociali al fine di promuovere soluzioni collettive ed evitare l’insorgere di conflitti.
I contratti di fiume si svilupparono in Belgio nella regione della Vallonia nel 1988. In Lombardia la L.R. 26/2003 prevede espressamente il Contratto di Fiume e il Contratto di Lago come strumenti di programmazione negoziata per la promozione della “concertazione e l’ integrazione delle politiche a livello di bacino e sottobacino idrografico, con la partecipazione di soggetti pubblici e privati, per la tutela e la valorizzazione delle risorse idriche e degli ambienti connessi e la salvaguardia del rischio idraulico. Per il Ministero dell’ Ambiente l’obiettivo è quello di giungere ad un riconoscimento dei CdF come strumento privilegiato per organizzare le politiche di bacino su cui allocare le risorse economiche necessarie a raggiungere il recupero e la riqualificazione degli ambienti fluviali. Al momento, nel collegato ambientale della Legge di Stabilità per il 2016, è inserito l’art. 24 bis che prevede ed inquadra i Contratti di Fiume nell’ambito della Pianificazione di distretto idrografico.
Di fronte ad un modello di mercato mondiale neutro rispetto ai luoghi di produzione delle merci, è possibile realizzare beni rintracciabili solo in quel luogo del mondo, derivanti dall’incontro sapiente della società locale e il patrimonio identitario del luogo.☺
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