I nodi e il pettine
4 Marzo 2015 Share

I nodi e il pettine

Lettera aperta a paolo gentiloni ministro degli esteri

Facciamo da anni la politica dello struzzo. Ci ostiniamo, di fronte ai problemi, anziché affrontarli, a mettere la testa sotto la sabbia e puntualmente rimaniamo col culo scoperto e ben in vista. Immigrazione, guerra ed economia sono profondamente intrecciate e interconnesse. È impossibile voler affrontare o risolvere l’una senza tener presente le altre due.

Continuamente sentiamo parlare attraverso i media di emergenza immigrazione, in verità più per intimidirci che per aiutarci a prenderne coscienza seriamente. Il 3 ottobre 2013 dinanzi alla tragica morte di 366 immigrati in prossimità di Lampedusa abbiamo finto commozione, perché abbiamo visto i corpi allineati in bare (che in buona parte attendono ancora sepoltura). Di fronte agli oltre trecento morti del 12 febbraio scorso, a causa dei barconi affondati, di cui hanno dato testimonianza i pochi profughi superstiti, non avendo visto i corpi, siamo rimasti più o meno indifferenti. Sapere che solo nel nuovo millennio sono oltre 23 mila le persone che hanno trovato la morte in mare nel tentativo di raggiungere l’Europa non ci ha fatto cambiare minimamente né politica né stile di vita. Come è possibile questa globalizzazione dell’indifferenza? Un ministro degli esteri, che per giunta fa professione sincera di fede cattolica, può non prendere di petto una tragedia quotidiana di simile portata? Se  sulle nostre strade, per quanto scarrupate, succedono incidenti si cerca in tutti i modi di renderle più sicure, non di impedire che siano transitate – addirittura nel Molise stiamo per costruire la metropolitana leggera tra Bojano e Matrice nella speranza che qualcuno la frequenti – e allora come è possibile che non si rendano sicure le rotte del Mediterraneo, in modo che si ponga fine alle stragi quotidiane? Il primo marzo, ogni anno, sta a ricordarci il diritto alla libera circolazione delle persone umane, perché la natura non ha frontiere, la certezza che tutte le persone sono uguali ed hanno gli stessi diritti e gli stessi doveri, la necessità che noi abbiamo di manodopera e che un giorno senza di loro si paralizzerebbe la nostra economia.

Perché questo esodo di massa, perché in tanti rischiano la vita mettendosi in mare su carrette che non resisterebbero all’urto delle onde neppure attraccate al porto? Per fuggire da morte certa a causa della violenza e della guerra nelle loro nazioni di origine. Noi fomentiamo i conflitti e contemporaneamente vorremmo impedire la fuga, siamo cioè per la mattanza ad oltranza nella loro terra! Come gli Stati Uniti vogliamo anche noi cominciare ad essere esportatori di democrazia. Con la differenza che loro fanno le guerre per farci i film, noi invece per lasciare scoperto il posteriore! Proprio come lo struzzo. In barba alla Costituzione. Questa meravigliosa carta, frutto della tragica esperienza fascista che ci aveva coinvolti nella seconda guerra mondiale, sintesi della cultura laica, socialista e cattolica, scritta col sangue dei partigiani e che una banda di avventurieri sta cercando da anni di saccheggiare, all’art.11 ci proibisce in modo tassativo il ricorso alla guerra come mezzo di soluzione delle controversie internazionali e così abbiamo inventato operazioni chirurgiche con tonnellate di bombe, missioni di pace in cui in tutta tranquillità si uccide e si viene uccisi, interventi preventivi per andare ad assassinare prima che venga in mente a loro di farlo. Ministro Gentiloni, di provata fede cattolica, quando ha ipotizzato di portare la guerra in Libia era per un confronto spassionato sul campo avversario tra Bibbia e Corano, per nostalgia delle crociate, o il tentativo di imitare Barack Obama, per avere anche lei il Nobel per la pace? Un fatto certo è che in Italia e in tutte le nazioni cosiddette civili la crisi ha toccato tutti i settori fuorché l’industria bellica e la spesa per le forze armate, che anzi è in costante aumento.

Che ci siamo andati a fare in Libia, in Iraq, in Afghanistan…? Veramente ci sta a cuore la democrazia di quelle nazioni o non invece i possibili profitti? Questo tipo di economia che i paesi occidentali si ostinano a difendere uccide; è tempo di dirlo con chiarezza. La non equità della distribuzione delle risorse, l’aver fatto sì che la politica viaggi a rimorchio della finanza e delle speculazioni porta sempre più a guerre fratricide e anzi fomentiamo le guerre dovunque intravvediamo risorse di cui ci possiamo impossessare perché nel caos è più semplice fare profitti, costi quel che costi. Oggi che anche il cosiddetto ceto medio è alla fame, finalmente dovremmo denunciare il fallimento più totale del capitalismo e porvi rimedio e invece ci ha resi così ciechi che facciamo finta di non vedere finché non ne rimarremo stritolati anche noi. On. Gentiloni, lei che mastica più fede che pane, le ha saltate a piè pari quelle pagine di vangelo in cui si dichiara l’incompatibilità radicale tra Dio e denaro o le hanno fornito qualche versione addomesticata?

I nodi sono giunti al pettine: o cambiamo economia in modo da non fare più guerre per cui le persone non sono più costrette ad esulare per cercare posti tranquilli oppure l’unica pace che abbraccerà tutti sarà quella del cimitero. ☺

 

 

eoc

eoc