I prigioni
27 Aprile 2016
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I prigioni

Ci sono statue di Michelangelo appena sbozzate in blocchi di marmo, esempi della pratica del non-finito, che fanno percepire un senso di sforzo, di tensione impresso nel corpo dei soggetti; questa lotta esprime una sorta di analogia simbolica tra la figura che tenta di uscire dal marmo e lo spirito che cerca di liberarsi dalla carne per anelare a Dio.

Ai Prigioni, suggestivi e potenti esemplari di incompiuto, ho pensato ascoltando, al festival di Sanremo, il musicista Ezio Bosso, malato di sla. Il corpo, a volte, pare non riuscire a contenere l’immensità dell’anima che rompe i confini, sfida i limiti della condizione umana, trascende ogni fisicità e vola libera dilatando all’infinito spazio e tempo e quando il volo inizia anche mani incerte, tremanti, o gesti disarmonici, riescono ad accarezzare, a sfiorare i tasti di un pianoforte in una danza elegante e senza peso, a intrecciare note e poesia, a fondere cielo e terra regalando emozioni intense, inaspettate.

Sulle struggenti note del brano “Following a bird”, il maestro ha saputo vestire di eternità l’attimo, ci ha insegnato a inseguire, a perderci senza paura, ci ha trascinato dentro le “stanze” dell’anima, le sue, le nostre, dove anche nel buio della notte più profonda, l’uomo può ricominciare, riscrivere la sua storia, riprendere in mano lo spartito della sua vita e fare persino del dolore una musica sublime.

“La musica è una vera e propria magia, infatti non a caso i direttori hanno la bacchetta…” Ma arriverà il momento in cui la musica imploderà nella sua mente e nella sua anima senza possibilità di tirarla fuori perché le sue mani e niente di lui si muoverà più. La sua bacchetta “magica” non servirà a salvarlo pur assicurandogli un’immortalità di certo inversamente proporzionale alla sua fatalmente tragica caducità.☺

 

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