identità e apertura  di Dario Carlone
3 Settembre 2013 Share

identità e apertura di Dario Carlone

 

Nell’universo patinato dei media si sente sempre più spesso utilizzare il vocabolo inglese location [pronuncia: lochescion]. Trasposto dal linguaggio cinematografico, il termine sta ad indicare il luogo o i luoghi in cui ambientare le scene “all’esterno” di un film o di una pubblicità; ne hanno avuto di recente esperienza alcuni comuni molisani che sono stati scelti per le riprese di una pellicola di genere comico. I servizi fotografici poi, che arricchiscono le pagine di riviste specializzate, fanno ricorso ad originali location per ottenere effetti visivi ricercati ed accattivanti!

Location, che indica precisamente la posizione in cui qualcuno si trova, oppure qualcosa accade, – e non va traslato nell’italiano “locazione”, che ha tutt’altro significato! – è un termine di origine latina, derivante da locus, luogo.

Location, luogo, elemento essenziale dello spazio, dimensione imprescindibile di qualsiasi storia. Senza locus le persone non esistono, non fanno esperienze, non compiono azioni, non stabiliscono relazioni; e ancora, non possono conservare memoria!

I luoghi da cui proveniamo, quelli in cui abitualmente risiediamo, gli altri visitati perché costretti a spostarci, tutti rappresentano un’esperienza di vita, un legame che si rafforza soprattutto attraverso il ricordo e che difficilmente può essere spezzato. E locus è poi lo spazio del nostro impegno, ciò che dà senso ai nostri sforzi, ai nostri tentativi, che consente la realizzazione dei nostri progetti!

“La vista di una strada principale abbandonata comunica un senso di solitudine molto più intenso di quello associabile a una qualsiasi valle o collina, e rivela un’immobilità quasi sepolcrale” annotava lo scrittore tardo vittoriano Thomas Hardy nel 1887, in una Inghilterra ormai sovrastata dalla seconda rivoluzione industriale. La sua osservazione sembra rimandare – a distanza di più di un secolo – al nostro territorio, perché sensazioni simili alle sue credo ciascuno di noi le abbia provate.

La nostra regione è la location in cui ci troviamo a girare il film della nostra vita, ed è purtroppo un luogo reale, quello in cui quotidianamente ci confrontiamo con problemi ed urgenze che non possiamo ignorare o non considerare; sempre meno il luogo del rimpianto per un passato di cultura, tradizioni ed affetti!

Viene da chiedersi quale possa essere il significato di un locus circoscritto alle nostre piccole realtà, al nostro territorio spezzettato in tanti piccoli comuni, da alcuni decenni sempre meno abitati, con un tasso di emigrazione, spesso latente, molto elevato.

Qual è il senso di un locus ridotto oggi a poche centinaia di anime, a momenti fuggevoli di rievocazione del passato e ricorrenze tradizionali? Quali le prospettive di centri in cui le nuove generazioni divengono sempre più rare? Possono i comuni molisani continuare a considerare se stessi quali entità singole, ben delimitate ed autosufficienti, su tutti i fronti, rivendicando il proprio ruolo “identitario” in un mondo ormai globalizzato ed esteso?

“Oggi tutto è cambiato. La nostra interdipendenza è fin d’ora globale, mentre i nostri strumenti di espressione della volontà e di azione collettiva rimangono locali, e si oppongono caparbiamente ad ogni estensione, limitazione o interferenza”: nelle parole del sociologo Z. Bauman possiamo leggere un ammonimento, anche al nostro territorio, ad uscire dal cerchio ristretto dell’identità e dell’immobilismo per andare incontro ad una dimensione di apertura, cooperazione, solidarietà, superando steccati e campanili.☺

dario.carlone@tiscali.it

 

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