Il bel fiore malvagio
6 Ottobre 2015 Share

Il bel fiore malvagio

Un giorno Medea, la famosa maga che viveva nella Colchide, una regione a nord del Mar Nero, nel fabbricare una delle sue pozioni velenose, ne lasciò cadere una goccia: da questa nacque il colchico. Se a questo mito si può ricorrere per spiegare il nome del genere Colchicum, quello della specie, autumnale, si riferisce al periodo della fioritura, che è appunto l’autunno (donde forse anche il nome di Freddolina). Dalla fine di agosto sino a ottobre inoltrato, i delicati fiori di questa pianta caratterizzano i prati e le residue fasce dei tratturi con il loro colore rosa-lilla. Secondo un’altra leggenda, il colchico deriverebbe infatti da frammenti di una gemma preziosa contesa da due popoli di Geni dell’Alpe. La principessa, figlia di uno dei re che si scontravano, fece cadere in una valle la gemma, che si frantumò trasformandosi in fiori violacei, come il suo colore.

Assai insolito è inoltre il ciclo di vita di questa pianta perenne, appartenente alla famiglia delle Liliacee. Spunta da un bulbo e affonda molto profondamente nel terreno, dal quale, nel corso dell’estate, nascerà un breve fusto sotterraneo con gli abbozzi di cinque gemme fiorali. Solo una o tre di queste gemme origineranno poi i fiori che emergono di 5-15 cm al di sopra del suolo, all’apice di un tubo che rimane interrato per circa 10-30 cm. Il colchico infatti è uno dei più lunghi fiori conosciuti, arrivando a superare anche i 50 cm di profondità. I semi, una volta raggiunta la maturazione, sono provvisti di una escrescenza carnosa, che, con l’umidità, diventa gelatinosa, in modo da consentire ai semi stessi di appiccicarsi alle zampe degli animali, che ne faciliteranno la disseminazione.

Le proprietà e le qualità della pianta erano già note in tempi remoti, e nell’antica medicina greca il colchico veniva indicato per curare l’artrite. In particolare dava benefici in caso di gotta acuta. Ma la pianta è stata abbandonata come diuretico, analgesico e antinfiammatorio, e in ogni caso l’uso dovrebbe avvenire sotto stretto controllo medico, perché il dosaggio individuale è difficile da definire, l’azione è incerta, e fenomeni di accumulo possono provocare avvelenamenti anche molto gravi. Questa specie è infatti caratterizzata da elevata tossicità per via della colchicina, un alcaloide velenosissimo contenuto nei bulbi e nei semi. Questa sostanza, la colchicina, viene anche definita “arsenico vegetale”: se ingerita, causa bruciore alla bocca, nausee, coliche, delirio. A volte la sola manipolazione del fiore può causare danni alla pelle e basterebbero tre fiori per provocare la morte. In genere il bestiame evita il colchico; meno sensibili al veleno sono gli ovini e i caprini, ma è dimostrato che il veleno passa nel loro latte e mette in pericolo chi lo beve.

I rischi di avvelenamento sono spesso da ascrivere al fatto che i fiori vengono facilmente confusi con quelli del Crocus, di cui ci siamo occupati nel n. 10 de la fonte del mese di novembre 2014, e con cui presentano una notevole somiglianza. Importante fattore di distinzione tra il colchico e il Crocus è il periodo di fioritura, autunnale nel Colchicum e primaverile nel secondo; diverso è anche il numero degli stami che sono tre nel Crocus e sei nell’altro.

Tutte queste caratteristiche del colchico hanno ispirato alcuni tra i versi più belli del poemetto La signorina Felicita ovvero La Felicità di Guido Gozzano (VIII 383-390):

[…]

“La morte dell’estate era tranquilla

in quel mattino chiaro che salii

tra i vigneti già spogli, tra i pendii

già trapunti dei bei colchici lilla.

Forse vedendo il bel fiore malvagio

che i fiori uccide e semina le brume,

le rondini addestravano le piume

al primo volo, timido, randagio.

[…]

Con poche rapide pennellate, il poeta crepuscolare (1883-1916) ricorda del colchico la fioritura autunnale (“la morte dell’estate”; “i fiori uccide e semina le brume”, cioè rimpiazza gli altri fiori e sparge le nebbie, segnalando così il cambio di stagione; “le rondini addestravano le piume/ al primo volo”), la delicatezza del colore (“bei colchici lilla”) e l’elevata tossicità (“il bel fiore malvagio”).☺

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