il capitale e la sinistra   di Cristina Muccilli
1 Dicembre 2011 Share

il capitale e la sinistra di Cristina Muccilli

 

Ci sono, in atto, due crisi e due attenzioni diverse per ognuna. La prima, conclamata e trattata da tutti i media e dall'intera classe politica italiana, la seconda sottaciuta. La prima è quella della finanza, quella del capitale che specula, perde, e intende rivalersi sui soldi pubblici; quella del capitale che specula, vince, si accorge che nessuno più può pagare e intende fare altrettanto. Fior di economisti stanno trattando l'argomento, uno sta tentando addirittura di risollevare le sorti dell'Italia formando un nuovo governo. Tutti i TG, tutta la stampa, i rotocalchi televisivi e quelli di carta, i segretari di tutti i partiti non hanno altro tema se non la finanza, lo spettro del default.

E tutti non stanno facendo altro che difendere la propria visione del mondo che fino ad ora hanno imposto, propagandato e diffuso. Della seconda crisi, quella che ha reso sempre più poveri un sempre maggior numero di cittadini, che li ha privati del lavoro, che taglieggia centinaia di migliaia di persone, che ogni giorno rende loro più difficile la vita, di quella ne parlano in pochi, qualche testata sovversiva e il sindacato (con un sussulto di ritrovata consapevolezza).

Nel 2002 Eduardo Galeano scriveva così “Tempi della paura. Il mondo vive in uno stato di terrore, e il terrore si traveste: dice di essere opera di Saddam Hussein, un attore già stanco del tanto lavorare come nemico, o di Osama Bin Laden, professionista della minaccia. Ma il vero autore del panico planetario si chiama Mercato. Questo signore non ha nulla a che vedere con l'indimenticabile luogo del quartiere dove si va in cerca di frutta e verdura. È un onnipotente terrorista senza volto, che sta in ogni luogo, come Dio, e crede di essere, come Dio, eterno. I suoi numerosi interpreti annunciano: “Il Mercato è nervoso”, e avvertono: “Non bisogna irritarlo”. Il suo frondoso manuale criminale lo rende temibile. Ha trascorso la vita rubando il cibo, assassinando lavori, sequestrando paesi e fabbricando guerre. Per vendere le sue guerre, il Mercato semina paura. E la paura crea il clima”.

Fino a qualche tempo fa i crimini più atroci di questo soggetto avvenivano lontano dall'opulento e arrogante Nord del mondo (dall'occidente?), anzi erano commessi proprio per arricchire maggiormente quei paesi. Poi il Mercato-Finanza-Capitale (lo si chiami come si vuole) ha scalzato, sostituendola ovunque nei suoi precipui ruoli, la politica; da quel momento in poi non ha avuto nessuna regola, nessun argine, di conseguenza, più nessuna tutela geografica da rispettare. Tutto questo si chiama neoliberismo. Un esempio di ieri può essere la guerra nella ex Iugoslavia, nel cuore dell'Europa, per l'oggi la recessione mondiale che colpisce anche il paese più potente del mondo, gli Stati Uniti, oppure uno tra i paesi più industrializzati, l'Italia – e nessuno può scartare l'ipotesi di caduta della Francia o della stessa Germania -. Ma questa crisi non ci appartiene, non è stata determinata da nostri comportamenti, da nostre scelte. O forse sì, e nella misura in cui siamo rimasti muti, obbedienti ad una delega senza controllo, a fronte di politiche che ci obbligano a buttare arance, uva, pesche in nome di una produttività (che non esiste) più allargata, che ci vogliono consenzienti per lo sperpero di denaro pubblico a favore (guarda caso) di enti finanziari o di grandi opere (inutili) come la TAV; che scaricano sulle classi che meno sono in grado di sopportarli i costi elevatissimi dell'evasione e della corruzione; che continuano a ingenerare povertà e morte con le guerre.

Però tutto questo, se per la destra non esiste, per la sinistra è solo un pallido fantasma da sventolare all'occorrenza contro gli avversari – mi chiedo, ora che Berlusconi non c'è più, su cosa, la sinistra, baserà la propria linea politica -. E tutti continuano a riempirsi la bocca di tassi, spread, BCE, trovando, su questi temi, una coesione inusitata, tutto l'arco parlamentare insieme appassionatamente in nome – e per conto – della finanza.

Una delle cose che mi ha maggiormente colpito negli ultimi giorni è stata la denuncia di G. Ferrara (in segno di solidarietà al suo padrone) del potere assoluto che la finanza mondiale ha ormai sulla sovranità nazionale dei paesi. Possibile che tutti i politici di sinistra soffrano di un tale grado di cecità da lasciare che una questione di così innegabile gravità venga esposta e usata a sostegno di chi, così efficacemente, ci ha condotti dove siamo? Possibile che tutti i politici di sinistra possano accettare così supinamente norme come quelle definite “six – pack” che riguardano l'approvazione preventiva dei bilanci nazionali da parte della Commissione Europea e che non abbiano promosso la diffusione di tali notizie, né serrate battaglie politiche per temi vitali per la nostra autonomia; possibile che non circoli più nessun alito di ossigeno in quelle stanze?

Ma allora che facciamo?

Credo che non abbiamo più vie di scampo, né scuse, né tempo, o percorriamo tutti quel sentiero appena, lievemente, tracciato, ma visibile dell'organizzazione e della lotta sociale, dell'aggregazione intorno a bisogni e beni da tutelare o soccomberemo.

Tartarino di Tarascona apostrofava così i piccoli lustrascarpe che lo dileggiavano con canzoncine irriverenti “Colpi di sciabola signori… e non colpi di spillo!”.☺

cristina.muccilli@gmail.com

 

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