il confronto con i cittadini   di Famiano Crucianelli
1 Dicembre 2013 Share

il confronto con i cittadini di Famiano Crucianelli

 Con più di un rammarico devo dare ragione al sindaco di Firenze. È vero, non è Renzi che distruggerà la sinistra, infatti è da almeno 20 anni che è iniziata una demolizione dei fondamenti politici, dell’orizzonte culturale e delle forme organizzate della sinistra. Il primo passo lo fece Occhetto e non mi riferisco all’abbandono della parola “comunista”, quanto all’idea che finita l’Unione Sovietica, si sarebbe aperta nel mondo una lunga fase di prosperità, di libertà e di pace e alla convinzione che il governo e solo il governo avrebbe dovuto essere la prospettiva politica della sinistra. Il passo successivo fu l’acquisizione di quel “pensiero unico” in virtù del quale la modernità, il mercato, le dinamiche spontanee del capitalismo, le alleanze militari, la privatizzazione dei beni pubblici sono stati assunti acriticamente. Infine l’espulsione persino dal linguaggio delle parole come conflitto di classe, lotta sociale, movimento di massa sino a negare non solo la funzione storica e fondamentale per la democrazia del nostro paese del Partito comunista, ma anche l’ingresso nel partito del socialismo europeo. Non solo, si dice che il sindaco di Firenze una volta segretario del Pd cancellerebbe il Partito, la sua struttura organizzata e la sua natura militante. È una evidente menzogna. Il partito come comunità politica, come soggetto politico radicato nella società e nel mondo del lavoro e come progetto di cambiamento della società è stato liquefatto, quando Renzi era ancora un boy-scout. Se abbiamo assistito allo squallido spettacolo della moltiplicazione delle tessere, se in alcune federazioni del Pd si sono picchiati come fabbri, se la magistratura ha aperto indagini su pratiche congressuali torbide, se i congressi sono stati ridotti a dei semplici votifici, se il dibattito politico-congressuale si è trasformato in un deprimente spettacolo personalistico, se gli affari sono penetrati in profondità nel corpo del partito, tutto ciò è stato possibile perché il partito è stato trasformato in una accozzaglia di comitati elettorali, perché il partito è diventato una prateria balcanizzata da interessi particolari e clientelari.
Per essere più chiaro e per guardare anche alle nostre vicende molisane, nelle passate settimane in Molise ci siamo trovati nel mezzo di un vergognoso tentativo di imporre, senza confronto con i cittadini molisani, un campo di concentramento dove ospitare le famose 12 mila manze della Granarolo. Operazione ideata e realizzata dai vertici del Partito democratico con il silenzio-assenso dei vertici del governo regionale. Il contenuto del progetto, la metodologia antidemocratica e la ragnatela degli affari personali ben rappresentano la sostanza, la forma e le degenerazioni del Partito Democratico molisano. Il problema grave è che in Molise si rappresentano in forma più estrema malattie e deviazioni che attraversano l’intero corpo politico del PD nazionale.
La questione non è, quindi, quella di un Renzi che vuole soffocare la sinistra e demolire il partito, la sostanza è ben diversa. Il problema vero è quello di una sinistra che deve essere ricostruita e di un’idea di partito che deve essere reinventata. Ora, al di là delle chiacchiere di queste ultime settimane congressuali, è il sindaco di Firenze l’uomo giusto per compiere questa impresa difficile e certamente non breve? Dubito, fortissimamente dubito. Non per le posizioni politiche che Renzi ha espresso in questi ultimi mesi che, anzi, sono ampiamente condivisibili. Giusta la critica a questo inutile e dannoso governo Letta, giusto chiedere le dimissioni del ministro Cancellieri, giusto criticare questa ultima marchetta europea delle privatizzazioni, giusto affermare che l’IMU è un dono natalizio alla destra, così come è giusto chiedere un rinnovamento dei vertici pluridecennali del Partito Democratico. Tutte posizioni giuste, il sospetto, però, è che sotto il vestito del futuro segretario del Pd non si veda nulla, anche perché il Renzi battagliero di oggi è lo stesso Renzi che solo un anno fa considerava Monti il miglior presidente del consiglio possibile e sceglieva come ispiratore della politica economica quel Pietro Ichino al cui confronto l’attuale presidente del consiglio Letta è quasi un estremista.
 Grande è la confusione sotto il cielo, ma la situazione non appare eccellente, pur tuttavia alcune note positive debbono essere sottolineate. La parabola berlusconiana volge al termine, le manze hanno ripreso l’autostrada per il Nord a testimonianza che battaglie si possono ancora vincere e, soprattutto, comincia ad essere maturo il tempo, perché le idee della sinistra riprendano a camminare, persino i banchieri hanno preso a discutere di Marx. Una sola avvertenza: il morto non afferri il vivo che deve ancora nascere. ☺
famiano.crucianelli@tiscali.it

 

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