il fiore dell'oltretomba di Gildo Giannotti | La Fonte TV
L’asfodelo (Asphòdelus ramosus L.) appartenente alla famiglia delle Liliacee è presente in quasi tutte le regioni italiane, dal mare fino a 1.200 m di altitudine. È una pianta perenne che predilige i luoghi erbosi e i pascoli delle zone temperate.
Secondo il celebre botanico Pignatti, il nome scientifico Asphòdelus deriverebbe dal greco a = non, spod(ós) = cenere e hélos = valle; e il suo significato sarebbe “valle di ciò che non è stato ridotto in cenere”. Infatti gli asfodeli ricoprono terreni calcarei e rocciosi ricchi di abbondanti specie vegetali spesso soggette ad incendi; questa specie di fiore, somigliante ad un giglio, è anzi tra le prime a rinascere dopo gli incendi, sopravvivendo al passaggio del fuoco grazie agli organi sotterranei (bulbo-tuberi) o colonizzando terreni poveri ed aridi.
Sono diverse le specie che appartengono a questo genere: ramosus, albus, aestivus, ecc.; nella maggior parte di esse i fiori sono bianchi con delle strisce scure ad eccezione della specie lutea che porta, invece, i fiori gialli. Per i suoi bei fiori, all’apice di uno scapo che può superare il metro di altezza, l’asfodelo viene anche coltivato a scopo ornamentale.
Fin dai poemi omerici, in particolare l'Odissea, l’asfodelo è considerato la pianta degli Inferi. Per questo i Greci usavano piantare questo fiore sulle tombe, immaginando il soggiorno dei morti come un prato di asfodeli.
Ma l'associazione di questa pianta con l'aldilà continua anche nella modernità: da L'etèra, uno dei Poemi conviviali di Giovanni Pascoli, al romanzo Il piacere di D'Annunzio; dal primo capitolo di Orlando della scrittrice inglese Virginia Woolf, al primo libro della saga di Harry Potter, dove l'asfodelo origina una pozione soporifera così potente che va sotto il nome di “distillato della morte vivente”.
In Corsica, il giorno di Ognissanti, i fiori dell'asfodelo vengono imbevuti nell'olio d'oliva e poi accesi come piccoli lumi sulle tombe dei propri cari.
In alcune località della Sardegna, invece, lo stelo dell’asfodelo viene impiegato per la creazione di pregiati cesti artigianali da tempo utilizzati per la panificazione. Questi cesti anticamente erano parte indispensabile del corredo della sposa prima del matrimonio. La lavorazione dei cesti ha radici antichissime e nei secoli ha contribuito a integrare i magri bilanci delle famiglie di pastori, massai e agricoltori.
Le radici di questa pianta sembra che abbiano costituito una fonte importante di cibo in età preistorica e, più di recente, nei periodi di carestia. L'antico scrittore e filosofo Epimenide di Creta, ritenuto da alcuni uno dei sette sapienti, usava l’asfodelo, insieme alla malva, per le sue capacità di scacciare la fame e la sete. La leggenda vuole che Epimenide, grazie all’uso di radici e erbe, non avesse bisogno di mangiare, e che visse 157 anni.
Il gambo dell’ asfodelo giallo, molto presente in Puglia (in particolare intorno al castello di Federico II di Svevia), rappresenta un cibo antico che gli anziani pugliesi raccolgono prima della fioritura e conservano sott’olio, dopo averlo scottato con acqua e aceto. In Sicilia i gambi raccolti, privati delle foglie esterne e tagliati a metà, vengono invece cucinati con un sugo o in frittate. Sempre in Puglia, le foglie vengono tuttora usate per confezionare un prodotto caseario tipico, la “burrata”.
L’asfodelo viene utilizzato infine per la produzione di un miele dal gusto delicato. ☺
giannotti.gildo@gmail.com
L’asfodelo (Asphòdelus ramosus L.) appartenente alla famiglia delle Liliacee è presente in quasi tutte le regioni italiane, dal mare fino a 1.200 m di altitudine. È una pianta perenne che predilige i luoghi erbosi e i pascoli delle zone temperate.
Secondo il celebre botanico Pignatti, il nome scientifico Asphòdelus deriverebbe dal greco a = non, spod(ós) = cenere e hélos = valle; e il suo significato sarebbe “valle di ciò che non è stato ridotto in cenere”. Infatti gli asfodeli ricoprono terreni calcarei e rocciosi ricchi di abbondanti specie vegetali spesso soggette ad incendi; questa specie di fiore, somigliante ad un giglio, è anzi tra le prime a rinascere dopo gli incendi, sopravvivendo al passaggio del fuoco grazie agli organi sotterranei (bulbo-tuberi) o colonizzando terreni poveri ed aridi.
Sono diverse le specie che appartengono a questo genere: ramosus, albus, aestivus, ecc.; nella maggior parte di esse i fiori sono bianchi con delle strisce scure ad eccezione della specie lutea che porta, invece, i fiori gialli. Per i suoi bei fiori, all’apice di uno scapo che può superare il metro di altezza, l’asfodelo viene anche coltivato a scopo ornamentale.
Fin dai poemi omerici, in particolare l'Odissea, l’asfodelo è considerato la pianta degli Inferi. Per questo i Greci usavano piantare questo fiore sulle tombe, immaginando il soggiorno dei morti come un prato di asfodeli.
Ma l'associazione di questa pianta con l'aldilà continua anche nella modernità: da L'etèra, uno dei Poemi conviviali di Giovanni Pascoli, al romanzo Il piacere di D'Annunzio; dal primo capitolo di Orlando della scrittrice inglese Virginia Woolf, al primo libro della saga di Harry Potter, dove l'asfodelo origina una pozione soporifera così potente che va sotto il nome di “distillato della morte vivente”.
In Corsica, il giorno di Ognissanti, i fiori dell'asfodelo vengono imbevuti nell'olio d'oliva e poi accesi come piccoli lumi sulle tombe dei propri cari.
In alcune località della Sardegna, invece, lo stelo dell’asfodelo viene impiegato per la creazione di pregiati cesti artigianali da tempo utilizzati per la panificazione. Questi cesti anticamente erano parte indispensabile del corredo della sposa prima del matrimonio. La lavorazione dei cesti ha radici antichissime e nei secoli ha contribuito a integrare i magri bilanci delle famiglie di pastori, massai e agricoltori.
Le radici di questa pianta sembra che abbiano costituito una fonte importante di cibo in età preistorica e, più di recente, nei periodi di carestia. L'antico scrittore e filosofo Epimenide di Creta, ritenuto da alcuni uno dei sette sapienti, usava l’asfodelo, insieme alla malva, per le sue capacità di scacciare la fame e la sete. La leggenda vuole che Epimenide, grazie all’uso di radici e erbe, non avesse bisogno di mangiare, e che visse 157 anni.
Il gambo dell’ asfodelo giallo, molto presente in Puglia (in particolare intorno al castello di Federico II di Svevia), rappresenta un cibo antico che gli anziani pugliesi raccolgono prima della fioritura e conservano sott’olio, dopo averlo scottato con acqua e aceto. In Sicilia i gambi raccolti, privati delle foglie esterne e tagliati a metà, vengono invece cucinati con un sugo o in frittate. Sempre in Puglia, le foglie vengono tuttora usate per confezionare un prodotto caseario tipico, la “burrata”.
L’asfodelo viene utilizzato infine per la produzione di un miele dal gusto delicato. ☺
L’asfodelo (Asphòdelus ramosus L.) appartenente alla famiglia delle Liliacee è presente in quasi tutte le regioni italiane, dal mare fino a 1.200 m di altitudine. È una pianta perenne che predilige i luoghi erbosi e i pascoli delle zone temperate.
Secondo il celebre botanico Pignatti, il nome scientifico Asphòdelus deriverebbe dal greco a = non, spod(ós) = cenere e hélos = valle; e il suo significato sarebbe “valle di ciò che non è stato ridotto in cenere”. Infatti gli asfodeli ricoprono terreni calcarei e rocciosi ricchi di abbondanti specie vegetali spesso soggette ad incendi; questa specie di fiore, somigliante ad un giglio, è anzi tra le prime a rinascere dopo gli incendi, sopravvivendo al passaggio del fuoco grazie agli organi sotterranei (bulbo-tuberi) o colonizzando terreni poveri ed aridi.
Sono diverse le specie che appartengono a questo genere: ramosus, albus, aestivus, ecc.; nella maggior parte di esse i fiori sono bianchi con delle strisce scure ad eccezione della specie lutea che porta, invece, i fiori gialli. Per i suoi bei fiori, all’apice di uno scapo che può superare il metro di altezza, l’asfodelo viene anche coltivato a scopo ornamentale.
Fin dai poemi omerici, in particolare l'Odissea, l’asfodelo è considerato la pianta degli Inferi. Per questo i Greci usavano piantare questo fiore sulle tombe, immaginando il soggiorno dei morti come un prato di asfodeli.
Ma l'associazione di questa pianta con l'aldilà continua anche nella modernità: da L'etèra, uno dei Poemi conviviali di Giovanni Pascoli, al romanzo Il piacere di D'Annunzio; dal primo capitolo di Orlando della scrittrice inglese Virginia Woolf, al primo libro della saga di Harry Potter, dove l'asfodelo origina una pozione soporifera così potente che va sotto il nome di “distillato della morte vivente”.
In Corsica, il giorno di Ognissanti, i fiori dell'asfodelo vengono imbevuti nell'olio d'oliva e poi accesi come piccoli lumi sulle tombe dei propri cari.
In alcune località della Sardegna, invece, lo stelo dell’asfodelo viene impiegato per la creazione di pregiati cesti artigianali da tempo utilizzati per la panificazione. Questi cesti anticamente erano parte indispensabile del corredo della sposa prima del matrimonio. La lavorazione dei cesti ha radici antichissime e nei secoli ha contribuito a integrare i magri bilanci delle famiglie di pastori, massai e agricoltori.
Le radici di questa pianta sembra che abbiano costituito una fonte importante di cibo in età preistorica e, più di recente, nei periodi di carestia. L'antico scrittore e filosofo Epimenide di Creta, ritenuto da alcuni uno dei sette sapienti, usava l’asfodelo, insieme alla malva, per le sue capacità di scacciare la fame e la sete. La leggenda vuole che Epimenide, grazie all’uso di radici e erbe, non avesse bisogno di mangiare, e che visse 157 anni.
Il gambo dell’ asfodelo giallo, molto presente in Puglia (in particolare intorno al castello di Federico II di Svevia), rappresenta un cibo antico che gli anziani pugliesi raccolgono prima della fioritura e conservano sott’olio, dopo averlo scottato con acqua e aceto. In Sicilia i gambi raccolti, privati delle foglie esterne e tagliati a metà, vengono invece cucinati con un sugo o in frittate. Sempre in Puglia, le foglie vengono tuttora usate per confezionare un prodotto caseario tipico, la “burrata”.
L’asfodelo viene utilizzato infine per la produzione di un miele dal gusto delicato. ☺
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