Un frutto esplosivo
12 Settembre 2017
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Un frutto esplosivo

Alla scoperta del cocomero asinino: le caratteristiche, le proprietà e il principio attivo… tossico!

Nella memoria dei giochi che facevamo in campagna, nella calura estiva, riaffiora la scoperta del cocomero asinino. In questo periodo dell’anno, in assenza di giocattoli, grande era l’attrazione esercitata su noi ragazzi da questa pianta ‘esplosiva’ e grande il divertimento nel captare il rumore caratteristico provocato dai suoi spruzzi. L’inconveniente era che l’esplosione dei suoi frutti lanciava in aria anche un succo particolarmente irritante, dall’odore disgustoso e dal sapore amarissimo, che ci costringeva a sciacquarci mani, viso e bocca.

Una cucurbitacea non commestibile

Si tratta di una pianta appartenente alla famiglia delle Cucurbitacee, la stessa dell’anguria, delle tante varietà di meloni, dei cetrioli, della zucca e delle zucchine, ma dai frutti molto velenosi. Apparentemente modesto, il cocomero asinino è un’erbacea perenne, alta fino a 50 centimetri, con fusto prostrato ispido e verrucoso, con fiori piccoli, di colore giallo o bianco, presenti da aprile a settembre, e con frutti (bacche ovoidali) verdi e ruvidamente pelosi, a forma di cetriolo, lunghi circa 5 centimetri e contenenti numerosi piccoli semi bruni. Cresce spontaneamente sui bordi delle strade di campagna o in prossimità delle discariche e dei terreni incolti, non calpestati, aridi e sassosi, nelle zone costiere come le dune lungo le spiagge, ma non è raro incontrarla anche in città.

Nomi dialettali e nome scientifico del cocomero asinino

Per il cattivo odore che emana, il cocomero asinino è noto anche col nome dialettale di ’u cachepuzze. Il suo nome scientifico, Ecballium elaterium, deriva dai termini greci ectós = “al di fuori”, bállo = “lanciare” ed elatér = “scagliatore”, e fa invece riferimento alla particolarità per cui all’interno dei frutti, che hanno la forma di un piccolo cocomero spinoso, si sviluppa una pressione idraulica notevole, superiore a quella di uno pneumatico d’auto, che serve a ‘sparare’ i semi il più lontano possibile. Quando il frutto è maturo, infatti, al minimo tocco ‘spara’ violentemente i semi ad una velocità che può raggiungere una distanza di alcuni metri. La dispersione dei semi risponde all’esigenza del cocomero, che vive in un habitat arido e incolto, di far crescere le piantine che nasceranno dai suoi semi il più lontano possibile dalla pianta madre – fenomeno conosciuto in botanica come autodisseminazione. Un ulteriore nome con cui è chiamata la pianta di cui ci stiamo occupando è ’i m’lune d’i serpe. Un espediente ricorrente per impedire che i bambini si avvicinino alle piante tossiche è infatti quello di associarle ai serpenti. Analogamente, per non far toccare loro i frutti del gigaro e d’u dàf’ne, li si chiama rispettivamente Pan di serpe (vd. la fonte n. 106 del Maggio 2014) e ’i c’rescélle d’i serpe (vd. la fonte n. 29 del Maggio 2007).

Le sue proprietà, nonostante il principio attivo tossico

Il principio attivo di quest’erba è costituito dalla elaterina, una sostanza molto tossica: il solo contatto può causare fastidiose infiammazioni alle mucose sia all’interno della bocca che agli occhi e l’ingerimento può provocare gravi disturbi gastrointestinali.

Ma agli antichi Greci e Romani il cocomero asinino era noto per le sue proprietà purgative. Viene citato anche nei testi di Ippocrate e di Dioscoride. La radice era inoltre usata, un tempo, per i reumatismi e per combattere la scabbia delle pecore.☺

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