il lievito dei referendum
3 Luglio 2011 Share

il lievito dei referendum

 

Quella della tornata referendaria (acqua, nucleare, giustizia) è stata una fatica enorme ricompensata da un risultato straordinario. Un’esperienza che mi ha consentito di incontrare persone in luoghi e situazioni non conosciute precedentemente. Ho parlato in piazze, nel corso di conferenze, in TV, dinanzi a molte o poche persone; ho viaggiato in altre regioni per partecipare ad incontri preparatori o invitato quale relatore a convegni insieme a Don Silvio Piccoli; ho avuto la possibilità di conoscere persone meravigliose!

 Ho visto un’Italia creativa che, anche se impoverita, ha voglia di non delegare più le scelte fondamentali che riguardano la propria vita, quella della terra e delle generazioni future, e di chi oggi non può scegliere.

I cristiani hanno portato il loro contributo: singoli vescovi, reti di diocesi, associazioni, movimenti, parrocchie, testate diocesane, la Federazione delle chiese evangeliche; indirettamente hanno sostenuto la campagna il Consiglio Pontificio Giustizia e Pace, l’Osservatore Romano, il segretario della Cei. Come cattolici, superate le contrapposizioni ideologiche, abbiamo abbattuto il muro di inimicizia che ci separava dal popolo che soffre e lotta per una vita piena per tutti. Siamo stati finalmente il lievito per la costruzione di un Regno di Giustizia. Abbiamo fatto pace con un istituto referendario che spesso ci ha visto soli da una parte o che deliberatamente abbiamo disertato. È questa la Chiesa che vorrei, non un blocco monolitico che difende, da sola, posizioni e principi, ma il buon lievito che fa fermentare la buona farina che è il popolo. Siamo parte e dalla parte degli ultimi, non separata o separabile, di questo mondo pur non appartenendo ad esso.

Questa volta non potevamo essere spettatori e così non è stato; abbiamo superato la logica se sia meglio il denaro oppure Dio ossia la giustizia, la vita per tutti. La maggioranza delle persone è esclusa, o a rischio di esclusione, e non crede più che il profitto di pochi possa risolvere i problemi di tanti. L’economia individualista e cieca che sottrae diritti e beni comuni, da una parte, e la politica che soffia fomentando la paura della gente è stata battuta. La gente ha capito che dividerci tra poveri è controproducente e che la Storia deve essere letta individuando gli oppressori e gli oppressi.

Il nostro Basso Molise per la prima volta ha votato come in Emilia Romagna ed in Trentino Alto Adige, segno che i seminatori sono stati tanti ed uniti da un unico obiettivo: non farsi portare via la speranza definitivamente. La lezione politica per la nostra classe dirigente è stata sonora, anche se la loro abilità nel ricollocarsi, anche a seguito di sconfitte o di vittorie di altri, è insuperabile.

Resta però la vita, quella ordinaria, che ci chiede di lottare per sopravvivere in una Italia povera, ma rianimata da una vittoria che ha visto un intero popolo lottare per una nuova libertà. ☺

adelellis@virgilio.it

 

Gloria a Dio e pace sulla terra: questo lo slogan della Convocazione ecumenica internazionale sulla pace svoltasi a Kingston (Giamaica) dal 17 al 25 maggio, promossa su iniziativa del Consiglio ecumenico delle chiese (CEC) e conclusasi con un messaggio finale.

La Convocazione ha rappresentato l’appuntamento conclusivo e cardine del Decennio per sconfiggere la violenza (DOV) lanciato dal CEC nel 2001 e ha coinvolto un migliaio di partecipanti provenienti da chiese, organismi ecumenici e associazioni per la nonviolenza di tutte le parti del mondo. Si è trattato del più grande raduno ecumenico sulla pace mai organizzato nel corso del quale i partecipanti hanno dibattuto e lavorato attivamente su quattro tematiche principali: pace nella società, pace con la terra, pace nell'economia e pace tra i popoli.

Numerose le sessioni di studio e i workshop che si sono svolti in un’atmosfera di profonda condivisione e comunione, creando così le condizioni necessarie affinché i partecipanti potessero porre le basi per un dialogo sincero e proficuo, affinché essi stessi potessero andare oltre i confini che chiudono la possibilità di un’evoluzione dello stile di vita e della condotta del genere umano (G. A.).

 

 

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