Il muro e la tana
14 Luglio 2021
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Il muro e la tana

L’occasione di tornare sull’argomento del muro, delle frontiere che continuamente costruiamo per difenderci dai fantasmi – i migranti e gli ultimi – che l’attuale concezione dello sviluppo neocapitalistico impone, ce la fornisce il summit UE a Bruxelles dei giorni scorsi, dove i governi dei paesi membri hanno trovato l’accordo sul Recovery Plan, ossia su come spendere i miliardi di euro per la ripresa dell’economia europea post Covid 19, ma dove nello stesso momento sono riapparsi tutti i contrasti sul tema delle migrazioni. Il soccorso dei migranti e l’aiuto umanitario secondo le norme del diritto internazionale marittimo vengono ancora una volta delegati ai Paesi che si affacciano sul Mar Mediterraneo: Italia, Grecia, Spagna ed in forma più modesta Francia. Dunque, sul tema di una differente ipotesi di soluzione delle tematiche afferenti alle migrazioni dai paesi poveri la UE torna a dividersi, come è sua abitudine da anni, evidenziando una profonda avversione, una forma di “avarizia ed egoismo nazionalistico”, su cui sarebbe urgente intervenire, come da anni suggeriscono le Ong che in questo settore, tra una miriade di ostacoli normativi, operano sostituendo gli Stati nazionali. L’Europa ancora una volta erge una barriera che sa tanto di ostracismo, se non di razzismo.

Dunque, è partendo da tali presupposti che siamo sollecitati a prendere in seria considerazione ancora una volta parole quali muro, fortezza, bastione, confine, che alimentano il concetto di immunità. Questa parola, oltre a introdurre il significato dell’estraneità di un morbo epidemico dal nostro organismo, implica anche il concetto del segregarsi, del costruire bastioni, pur di difendere ad ogni costo la nostra salute da patologie legate alle epidemie, oppure dalla frequentazione di indesiderati, di potenziali diffusori di agenti patogeni, e, quindi, di contagio. Non solo il morbo pandemico è l’avversario terribile, dannoso, funesto, ma lo sono anche le persone in carne ed ossa come i migranti, gli straccioni che, purtroppo, sono costretti a stazionare per strada, sotto i ponti, e molto spesso a dormire anche dentro le stazioni ferroviarie.

Di qui, lo straniero, che “pretende” di insediarsi da noi, ci appare come un essere impudente, che verrebbe a contaminare la nostra vita, la nostra identità, turbando la nostra quotidianità e mettendola a repentaglio. Infatti, comunemente si dice che, a causa della presenza dei migranti, il nostro Welfare sarebbe reso meno solido, sicuramente transitorio in ragione di finanziamenti ridotti, perché la gran parte di questi sarebbe dirottata verso le politiche socio/sanitarie a vantaggio dei migranti. Ma questa è una pura assurdità, è una fallacia ideologica, una autentica menzogna! E le fonti INPS confermano tale convincimento. Ma sono proprio i poteri forti che alimentano tali falsità, che, a loro volta, finiscono con l’alimentare le politiche segregazioniste e razziste insieme. Per queste ragioni dobbiamo sollecitare processi di vera ed autentica alfabetizzazione su queste tematiche, diffondendo la piena ed esauriente conoscenza dei problemi e ricordando quello di cui, tra l’altro, era fortemente convinto don Lorenzo Milani, che cioè  “il sapere serve solo per darlo”.

Allora appare fondamentale e indifferibile il nostro impegno ai fini di una utilizzazione sociale e collettiva della cultura e delle conoscenze. Serve questo rinnovato impegno nella società civile per la semplice ragione che l’ ideologia neocapitalistica – quella relativa alle dottrine finanziarie neoliberiste e all’uso puramente meccanicistico della politica – ha imposto nuovi modelli comportamentali e differenti visioni dell’esistenza. Pensiamo alla definizione baumaniana della liquidità della vita, intesa come assenza di ogni radice, politica o culturale, che ci può dare una mano a capire l’andamento della Storia odierna; inoltre, soffermiamoci sugli inciuci parlamentari relativi all’abolizione di quasi tutti i diritti conquistati con le lotte sindacali e con il conflitto sociale, spesso acre, fino agli anni Ottanta del secolo scorso. E questo processo configura con chiarezza quale sia la strada che il Moloch neoliberista ha intrapreso e cioè quello di ridurre pesantemente i princìpi delle libertà essenziali sull’altare della sicurezza, ma soprattutto quello che configura la salvaguardia della salute, intesa più come assenza di patologie avvilenti che come fondamentale e imprescindibile prevenzione delle malattie. E proprio oggi, in tempo di pandemia da Covid 19, verifichiamo che tutta la nostra vita, l’intera e complessiva tessitura del nostro vivere quotidiano si fondano sulla difesa da rischi, che, patogeni esiziali o persone, come i migranti, potrebbero disarticolare le nostre sicurezze e inficiare il nostro stato di salute e di benessere. Di qui, la spinta kafkiana a rinchiuderci, a costruire la tana, ossia la immunità, che ci consente di stare lontani dagli altri, portatori di malattie, di insicurezze, di perdita dei diritti previsti dalla Carta Costituzionale, di cui godiamo, ma che la voracità ingorda del neocapitalismo rapace, dinanzi al quale noi siamo maschere, personae nella lingua latina, cioè oggetti semplicemente da manovrare e da sfruttare fino all’esaurimento, intende sopprimere del tutto.  ☺

 

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